RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 18 MAGGIO 2023

Nel 1933 i nazisti bruciavano i libri degli autori ebrei o decadenti. Oggi gli Occidentali bruciano le tracce storiche della collaborazione tra nazionalisti integralisti ucraini e nazisti.

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 18 MAGGIO 2023

 

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Uno diceva che la memoria somiglia a una biblioteca in disordine alfabetico, in cui non esiste l’opera omnia di nessuno.

JOSIF BRODSKIJ, Fuga da Bisanzio, Adelpi, 1976

 

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SOMMARIO

I FALSI MITI DEL “ROMANZO ITALIA”
Piano vaccini: arriva lo Stato (bio)etico
Estremismo ecologico, New York bandisce i fornelli a gas
I loschi partner commerciali di Hunter Biden chiamati a testimoniare nel suo caso di mantenimento dei figli in Arkansas
Bulli amanti della censura e della guerra altrui
Come l’America ha eliminato l’oleodotto Nord StreamHow America Took Out The Nord Stream Pipeline
È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra
Come i piloti russi hanno spaventato l’equipaggio di un aereo “di confine” e perché i polacchi tacciono
Il papà di Jim Morrison: “Mio figlio non era un grande cantante”
Un grande piano di esclusione sociale
La polizia di Nashville blocca il rilascio del manifesto del tiratore transgender
LE MANUTENZIONI MANCATE 
Crimini dei mercenari francesi in Ucraina
Mariupol caduta, “come addestravano gli ucraini”.
PROFETI, OLIGARCHI E SPIE
“Scrivere a mano accende il nostro cervello
Il “controllo” dei servizi britannici sulla guerra in Ucraina
Scandali anche italiani …. dal Russiagate ad oggi
Arma di guerra : la cancellazione della Storia
RICONOSCIMENTO FACCIALE E VOCALE INCROCIATI CON I SOCIAL NETWORK
Accoglienza migranti, anche il Pd adesso punta i piedi
“Bomba” migranti su Biden: in migliaia pronti a varcare il confine col Messico
Sempre dalla parte del potere, Cassese è il vero garante del governo
Imran Khan e l’indipendenza del Pakistan
ZELENSKY SI INVENTA LA FESTA DELLA VITTORIA
“È pseudoscienza”: la lezione del Nobel alle follie degli ambientalisti
Le compagnie farmaceutiche stanno coniando miliardi su trattamenti non provati con la scorciatoia della FDA
MULTINAZIONALI INFORMATICHE E “FAKE NEWS”: I ROBOT SONO PRONTI A CONTROLLARE E CENSURARE GLI UMANI
NAZISTI RECUPERATI DAGLI USA

 

 

 

EDITORIALE

I FALSI MITI DEL “ROMANZO ITALIA”

di Manlio Lo Presti (scrittore esperto di sistemi finanziari)

L’Italia è un Paese complicato. Come disse l’economista Giorgio Ruffolo è “un Paese troppo lungo”. Sono ancora ferite aperte le ricerche del senatore Stefano Jacini, che costituirono il fondamento dell’inchiesta parlamentare del Regno d’Italia condotta dal 1877 al 1886 per esaminare le condizioni dell’agricoltura nel Paese. L’iniziativa ne certificava la dualità economica e sociale. Una doppia velocità che sussiste ancora oggi, perché nessuno ha mai voluto seriamente risolverla. Un Paese diviso è più controllabile e sottomesso. Grande lucidità ebbe Antonio Gramsci sulla Questione Meridionale, una riflessione che fu la migliore anche rispetto alle indagini successive che non portarono ad una seria equiparazione delle condizioni di un Paese disunito. Emerge sempre più la considerazione che, l’Italia sarebbe stata la risultante di una aggregazione forzosa di storie e di civiltà locali troppo diverse fra loro, con la mira di demolire il regno borbonico di cui furono saccheggiate le colossali riserve auree a copertura dei debiti contratti dalle sanguinose guerre di indipendenza. Non si è compiuto un processo aggregativo con consenso popolare e con una rifondazione condivisa. Si realizzava un’unificazione imposta con le armi da un esercito estraneo, e antipopolare a trazione anglofrancese, che provocava devastazioni e centinaia di migliaia di morti fra i civili inermi del Sud. Una brutale operazione terroristica, poi coperta e giustificata da una ampia e pubblicizzata vulgata risorgimentale. Una retorica che ha sacralizzato immeritatamente molte figure militari e politiche, che ancor oggi danno il nome a numerose piazze e strade. Tutto questo copione fu definito Risorgimento. Un mito che finalmente si sta sbriciolando, alla luce di ricerche storiche ed economiche e geopolitiche successive e ancora in corso. Un Paese geologicamente e politicamente frastagliato e disorganico, a cui veniva imposto il governo di una dinastia che ha costruito le proprie glorie con vittoriose azioni mercenarie, per le quali ricevette in cambio la Savoia ex francese. Una casata che non ha mai imparato la lingua italiana continuando a parlare francese, fino all’ultimo erede che parla un italiano stentato quando viene invitato ad eventi televisivi. Insomma, possiamo affermare che il nostro martoriato Paese fu una creazione di laboratorio che, quarantacinque anni dopo, veniva utilizzata come carne da cannone per logorare gli eserciti degli imperi centrali durante la Prima guerra mondiale. L’esperienza mussoliniana tentò di scalfire e minimizzare questo dualismo malato, ma senza apprezzabili esiti anche e soprattutto a causa di gravissimi errori: 1) di entrare in guerra, 2) di colpire la Russia con risultati catastrofici per duecentomila ragazzi italiani, 3) di gettarsi nell’avventura coloniale distraendo risorse necessarie allo sviluppo del Sud, 4) di avviare la persecuzione contro gli ebrei che in ampia parte erano favorevoli al regime, 5) di colpire associazioni che, presenti ai massimi vertici del Pnf, si dimostrarono in grado di sfiduciare la Buonanima.
La costruzione del “romanzo Italia” è presente nelle costanti che si aggiungono alla Questione meridionale. Parliamo di una struttura economica caratterizzata da sacche di arretratezza drammatica, presenti nel Sud, e di realtà produttive avanzate prevalentemente nel Nord, che ha altresì il vantaggio di posizionarsi al centro dell’Europa, con evidente risparmio in termini di costi di distribuzione dei prodotti offerti. Aggiungiamo il razzismo e il conflitto sociale, causati dalle immigrazioni interne con la industrializzazione metalmeccanica di aziende di proprietà di una dinastia con fortissimi legami (anche parentali) con la Francia, intramontata regista delle linee geopolitiche nazionali. Lo spostamento di manodopera malpagata e minacciata da sindacati “gialli”, creati e incoraggiati dall’alta dirigenza delle fabbriche per soffocare sacche di ribellione represse anche da alcuni settori delle forze dell’ordine. Una “guerra ibrida”, attuata per incrementare gli elementi di conflitto, piuttosto che creare condizioni di condivisione. Il “divide et impera” applicato con determinazione cinica e scientifica. La tenuta produttiva del Paese veniva affidata alle minacce e al lavoro sottopagato, che poi veniva contrabbandato dalla storiografia ufficiale e dal giornalismo, tempo per tempo operante, come un “miracolo economico”. Un evento che rendeva ancora più gravi le condizioni del Sud, dissanguato da ampie fasce di popolazione destinata alla produzione schiavistica nel Nord, alla emigrazione in tutto il mondo e all’abbandono delle campagne ridotte ad un deserto in mano alle mafie, utilizzate per il riciclaggio di immense somme di danaro verso paradisi fiscali d’oltremare. Le condizioni erano così gravi che De Gasperi, in occasione di una sua visita a Matera, manifestava il suo disperato stupore nel vedere le condizioni disumane di vita degli italiani convivere con gli animali sotto lo stesso tetto, nella stessa abitazione. Oltre un secolo di storia non era servito a niente!
Quanto appena accennato costituisce il terreno di coltura di miti successivi, che si stanno disintegrando alla luce delle inefficienze “ambientali” della ex-italia. Mi riferisco alla superbia con la quale si sono narrate e magnificate per decenni le esperienze positive delle amministrazioni locali di sinistra, allocate in particolare nel nord e nel centro della penisola. Un mito ben coltivato da precise fonti di informazione. Un mito che si sta sgretolando alla luce delle alluvioni che stanno devastando l’intero territorio italico. Disastri causati dalla pluriennale ed assoluta mancanza di una pianificazione territoriale, perché le priorità sono sempre altre e quelle che alimentano il consenso politico immediato. Fino ad oggi si sono visti disastri prevalentemente nel Sud del Paese, che hanno provocato commenti durissimi nel segno di un razzismo che continua ad esistere, grazie alle tensioni generate da certe forze politiche che hanno ritenuto di trarre beneficio elettorale da un conflitto Nord-Sud che si è trasformato in una guerra fra poveri. Ne è un’altra traccia il tentativo di introdurre la cosiddetta “autonomia differenziata”, che sortirà l’effetto immediato di creare elementi di conflitto sistemico. Lo scopo è quello di disgregare la debole unità dello Stato italiano, con un processo operativo simile ai tentativi autonomistici della Catalogna in Spagna, alle spinte secessioniste della Scozia, ai frazionamenti territoriali creatisi nei Balcani, in est Europa, ecc. È la risposta del sinedrio Ue nei confronti di Paesi non troppo “allineati” e troppo grossi. Ridurre in pezzi più piccoli e più facilmente governabili nazioni poco malleabili è una strategia ancora in corso e che pochi denunciano. All’autonomia, si affiancano periodicamente tentativi di modificare la costituzione, i poteri del presidente della repubblica e quelli del capo del governo, mentre il Paese ha oltre dodici milioni di disoccupati e quelli impiegati sono precarizzati con paghe ferme a dieci anni fa, mentre il Paese è stato lanciato in un conflitto che non gli appartiene se non per ordini degli Alti Comandi che ostacolano gravemente lo sviluppo democratico del nostro Paese fin dal 1945.
Nel frattempo i disastri ambientali, con inondazioni del centro nord del Paese, certificano il crollo del mito efficentista di certi presunti efficienti modelli gestionali ecologisti, attribuiti a precise aree del Paese, che invece mostrano le stesse pecche del resto della ex-italia: deforestazione selvaggia, speculazioni edilizie, mancato efficientamento delle reti idriche con la creazione di bacini utili a ricevere l’acqua in eccesso da utilizzare per le irrigazioni. Insomma, la caduta ipocrita del mito amministrativo “perfetto”, giusto, condivisibile, ecologico, inclusivo ha fatto acqua da tutte le parti nel vero senso della parola. Costoro sono quelli, impuniti, che magnificavano il sistema speculativo definito con la fortunata espressione “falce e carrello” che faceva prevalere le scelte di finanza speculativa rispetto alla storica vocazione aziendale di distribuzione di beni e servizi.
I paladini ecologici della “sostenibilità” sono diventati insostenibili, e questa volta non c’è manipolazione informativa retorica di copertura che tenga. I disastri sono sotto gli occhi di tutti e non possono essere nascosti né minimizzati da narrazioni “ad usum Delphini”. L’informazione di sistema si limita a raccontare asetticamente fatti e disastri che non ha la possibilità di ignorare. Nessuno, volutamente, si domanda perché si continui ad accadere tutto questo, perché non ci siano arresti con manette dei responsabili ben rintracciabili dalla documentazione esistente. Scavare sulle responsabilità significa rivelare una verità scomoda che, ancora una volta, sarà letteralmente sommersa da una enorme melassa retorica.
Basta con le mitologie retoriche e manipolatorie. Andiamo oltre la propaganda e cerchiamo di eliminare seriamente i problemi secolari che affliggono il nostro belpaese.

FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/05/18/i-falsi-miti-del-romanzo-italia/

 

 

 

IN EVIDENZA

Piano vaccini: arriva lo Stato (bio)etico

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31-03-2023

Nel Piano Vaccini emanato dal Governo, il Comitato di Bioetica assume un ruolo di grande peso, che fa temere una inquietante evoluzione verso lo “Stato etico”. Non c’è alcuna considerazione sui rapporti rischi/benefici di tali prodotti farmaceutici, nemmeno alla luce delle evidenze emerse sugli eventi avversi della campagna vaccinale per il Covid. Tali eventi semplicemente non esistono.

Sta facendo discutere il testo elaborato dal Governo Meloni “Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2023-25”. Si tratta delle linee guida e programmatiche in materia di vaccini, una sorta di piano triennale fino a tutto il 2025. Documenti come questo non sono una novità: da anni vengono prodotti periodicamente dai vari Ministri della Salute. Fanno parte di più generali piani organizzativi per la prevenzione. Solitamente nel corso del tempo questi documenti riprendevano e aggiornavano i precedenti, definendo quali vaccinazioni proporre alla popolazione, i vari calendari, le modalità d’azione, gli obiettivi.

Il Piano Vaccini del Governo Meloni introduce invece delle novità importanti. In primo luogo, c’è un marcato riferimento alle direttive dell’OMS, alle cui direttive il Governo dichiara di attenersi indefettibilmente, in secondo luogo il documento fa un riferimento diretto e impegnativo alle indicazioni emanate, in campo vaccinale, dal Comitato Nazionale di Bioetica, un organismo consultivo presieduto – su nomina meloniana – dal professor Angelo Vescovi.

Un organismo che esprime la quintessenza della visione bioetica laicista, anche se di questo Comitato fanno parte anche alcuni esponenti di “area cattolica”, come la biologa Assuntina Morresi. Già in passato il Comitato aveva preso decisioni su questioni eticamente rilevanti, come l’uso di trattamenti farmacologici per arrestare lo sviluppo sessuale nell’infanzia e nell’adolescenza, finalizzati poi ad un passaggio transgender, decisamente discutibili.

Ora, nel Piano Vaccini, il Comitato di Bioetica assume un ruolo di grande peso, che fa temere una inquietante evoluzione verso lo “Stato etico”, che come noto è quella forma istituzionale, teorizzata dai filosofi Hobbes ed Hegel, in cui è l’istituzione statale il fine ultimo a cui devono tendere le azioni dei singoli individui. La dottrina hegeliana affermava che lo Stato è fonte di libertà e norma etica per il singolo. La condotta dello Stato, quindi, non può essere oggetto di valutazioni morali da parte dell’individuo: lo Stato si pone fine supremo e arbitro assoluto del bene e del male. Nel corso del ‘900 la teoria dello “Stato etico” fu poi ripresa, in antitesi con la teoria liberale dello Stato di diritto, dal Comunismo sovietico e dal Regime di Mussolini. Forse gli esponenti dell’antifascismo permanente e militante dovrebbero farci una riflessione.

Prima delle valutazioni del Comitato Bioetico, il Piano Vaccini Nazionale (che evidentemente di “nazionale” non ha nulla) fa esplicito riferimento a documenti internazionali, che viene detto che rappresentano un punto di riferimento nell’ambito delle politiche vaccinali: il Piano d’azione Europeo per le vaccinazioni 2015-2020, l’Agenda dell’OMS sull’immunizzazione 2030, l’Agenda Europea dell’OMS sull’immunizzazione 2030. Come avrebbe detto Draghi, ce lo chiede l’Europa. Anzi: l’OMS che è un organismo internazionale. Questi documenti prevedono che tutti i paesi riconoscano le vaccinazioni come una priorità e che ogni singolo individuo comprenda il valore dei servizi di immunizzazione e dei vaccini e richieda attivamente le vaccinazioni. Il Piano “nazionale” italiano non fa che assicurare di garantire strategie mirate a questo.

L’agenda dell’OMS sull’immunizzazione 2030 si propone di incrementare l’uso dei vaccini, esistenti e di nuova generazione, durante tutto il corso della vita. Anche in Italia, dunque, si vuole offrire servizi vaccinali efficaci, efficienti e resilienti (non poteva mancare questo termine) che contribuiscano al raggiungimento della copertura sanitaria universale. La promozione delle vaccinazioni durante tutto il corso della vita è promossa “anche rafforzando le collaborazioni con attori non sanitari”, senza specificare quali.

Fatte queste premesse sulla necessità di adeguare i programmi vaccinali alle direttive globaliste, il documento governativo introduce le indicazioni provenienti dal think tank bioetico: a partire dalla necessità di “consolidare l’attenzione alla centralità della persona” (e qui si sente un po’ la mano cattolica del Comitato) si afferma con forza “il valore etico e sociale delle vaccinazioni”. Viene sottolineato che “alla luce dei benefici della vaccinazione, (…), i vaccini assumono un grande valore dal punto di vista umano, etico e sociale”. Non c’è alcuna considerazione sui rapporti rischi/benefici di tali prodotti farmaceutici, nemmeno alla luce delle evidenze emerse sugli eventi avversi della campagna vaccinale per il Covid. Tali eventi semplicemente non esistono.

Il Comitato Nazionale di Bioetica passa poi alle indicazioni pratiche, operative: ritiene urgente richiamare l’attenzione della società italiana sul valore di un’assunzione di responsabilità personale e sociale e invita il Governo, le Regioni e le Istituzioni competenti, a moltiplicare gli sforzi perché le vaccinazioni, sia obbligatorie sia raccomandate, raggiungano una copertura appropriata. In particolare, dice il Comitato, “è necessario mobilitare i medici e le strutture sanitarie del territorio e promuovere efficaci campagne d’informazione, comunicazione ed educazione finalizzate a illustrare l’importanza delle vaccinazioni a livello individuale e collettivo e a richiamare i cittadini a scelte consapevoli e fondate su evidenze scientifiche nel proprio stesso interesse. A tale proposito, non si può non stigmatizzare il diffondersi di informazioni false e pregiudizi, come ad esempio l’esistenza di una presunta correlazione tra vaccinazioni e l’insorgenza di alcune patologie, ipotesi ampiamente smentite da innumerevoli studi scientifici”.

A tal fine il CNB raccomanda di operare una vera e propria “alfabetizzazione” sanitaria, con una comunicazione il più possibile incisiva su media, social e siti Internet e un’accurata informazione a livello individuale, (in che modo?) scritta e verbale. Ma ciò potrebbe essere non sufficiente, e allora i bioeticisti di Stato giocano la carta dell’obbligo: “L’osservanza dell’obbligo a un’adeguata profilassi vaccinale da parte degli operatori sanitari e del personale impegnato nelle scuole di ogni ordine e grado e in generale nei luoghi maggiormente frequentati dai bambini in funzione della loro specifica attività. Il monitoraggio continuo dell’omessa vaccinazione (per dimenticanza o per ragioni mediche, ideologiche, religiose, psicologiche) sia complessivamente sull’intero territorio, sia a livello del singolo Comune, allo scopo di identificare coloro che necessitano di essere incoraggiati verso un percorso vaccinale”.

La parola d’ordine dello Stato etico è: monitorare, identificare, procedere a “incoraggiare” alla vaccinazione. Vedremo se lo Stato si limiterà a proporre, o anche ad imporre. Qui sicuramente si giocherà una partita molto importante. Al netto dell’importanza – che non si vuol negare – dell’informazione, documentata, fondata e possibilmente non sponsorizzata sui temi della salute, lo Stato di Diritto non può essere soppiantato dallo Stato (bio)etico.

FONTE: https://lanuovabq.it/it/piano-vaccini-arriva-lo-stato-bioetico

 

 

Estremismo ecologico, New York bandisce i fornelli a gas

ROMA, 03 MAG – New York ha ufficialmente vietato i fornelli a gas, una vittoria per i movimenti ambientalisti che potrebbe scatenare la reazione furiosa delle grandi aziende. Lo riporta la Cnn. Si tratta del primo Stato americano a prendere questa decisione. La misura bandisce stufe, fornelli e riscaldamento a gas e concede fino al 2026 a case e condomini per adeguarsi alle nuove regole. (ANSA).

► Il Nobel Rubbia smonta la bufala dei cambiamenti climatici
► Dossier sulla frode genocida del ”Green New Deal”
► L’astrofisico Corbyn: il clima cambia da sempre e l’uomo non c’entra
► Documentario – La Grande Truffa del Riscaldamento Globale
► Riscaldamento globale: anatomia di una TRUFFA
► Finanziamenti per combattere i cambiamenti climatici transitano attraverso ”paradisi fiscali” facendo poi perdere ogni traccia
clima truffa

FONTE: https://www.imolaoggi.it/2023/05/03/estremismo-ecologico-new-york-bandisce-i-fornelli-a-gas/

 

I loschi partner commerciali di Hunter Biden chiamati a testimoniare nel suo caso di mantenimento dei figli in Arkansas

L’elenco dei testimoni include il truffatore condannato Devin Archer, che sedeva nel consiglio di amministrazione di Burisma con Hunter

Cacciatore Biden

Hunter Biden/Getty Images

17 maggio 2023
La madre della figlia di quattro anni di Hunter Biden ha in programma di chiamare i suoi loschi soci in affari e il commerciante d’arte che ha venduto i suoi quadri per testimoniare nella disputa sul mantenimento dei figli di Biden in Arkansas se andrà in giudizio, secondo i documenti del tribunale depositati mercoledì.

Diversi soci in affari di Biden compaiono nell’elenco dei testimoni che Lunden Alexis Roberts intende far comparire in tribunale, incluso il truffatore condannato Devon Archer, che ha prestato servizio con Hunter Biden nel consiglio della compagnia energetica ucraina Burisma. Sulla lista dei testimoni ci sono anche lo stretto confidente Eric Schwerin, il consulente finanziario Edward Prewitt e il gallerista di New York City Georges Bergès.

Il deposito in tribunale indica che il team legale di Roberts ha gli occhi puntati sui controversi affari di Biden. Se il caso andrà in tribunale, la testimonianza pubblica dei soci di Biden potrebbe gettare nuova luce sulle sue attività finanziarie, che sono attivamente indagate dai legislatori repubblicani. L’elenco dei testimoni include diverse persone che il Comitato di supervisione della Camera ha cercato di interrogare nell’ambito della sua indagine sul potenziale spaccio di influenza da parte della famiglia Biden.

Biden sta chiedendo al tribunale di ridurre i pagamenti per il mantenimento dei figli, dicendo che non può più permettersi l’accordo di $ 20.000 al mese che ha accettato poco dopo che suo padre ha annunciato la sua corsa presidenziale nel 2020. Il caso potrebbe essere processato questa estate se il le parti non possono raggiungere un accordo.

Mercoledì gli avvocati di Biden hanno rivelato l’elenco dei potenziali testimoni come parte di un deposito giudiziario non redatto . Roberts ha inizialmente presentato l’elenco al team legale di Biden il mese scorso.

L’elenco dei testimoni include anche l’ex socio in affari di Biden, Jeff Cooper; John Robinson “Rob” Walker, che ha lavorato con Biden in una joint venture legata al gruppo energetico cinese CEFC; e la moglie di Devon Archer, Krista Archer.

Devon Archer, che è stato condannato l’anno scorso per aver frodato una tribù di nativi americani su milioni, era un socio in affari di lunga data di Biden che ha servito con lui nel consiglio di amministrazione della compagnia energetica ucraina Burisma. Schwerin, che Biden una volta descrisse come uno “stretto confidente e consulente”, ha aiutato a gestire Rosemont Seneca Partners, una società di consulenza per gli investimenti cofondata da Biden. Secondo quanto riferito , Schwerin ha collaborato con gli investigatori del Comitato di supervisione della Camera.

Prewitt era un consulente finanziario per diverse società di Biden e ha anche affrontato le domande del presidente del comitato di supervisione della Camera James Comer (R., Ky.). Bergès, un commerciante d’arte che una volta è stato condannato al carcere per minacce terroristiche, si occupa delle vendite dei costosi dipinti di Biden ad acquirenti sconosciuti.

Nella lista c’è anche l’agente di Hollywood Gabrielle “Gaby” Morgerman, moglie del famoso avvocato di Biden e amico Kevin Morris, che secondo quanto riferito ha fornito sostegno finanziario e un’auto a Biden.

Il team legale di Roberts ha messo in dubbio le affermazioni di Biden sulle lotte finanziarie, sostenendo che il primo figlio ha assunto “alcuni degli avvocati più costosi del pianeta Terra”, incluso il superavvocato DC Abbe Lowell.

FONTE: https://freebeacon.com/latest-news/hunter-bidens-shady-business-partners-called-to-testify-in-his-arkansas-child-support-case/

 

 

Bulli amanti della censura e della guerra altrui

Andrea Zhok 25 04 2023

Abbiamo visto:

gente che si compiaceva di vietare a concittadini sani di entrare nei negozi, nei bar, nelle università, negli uffici pubblici;

gente che bullizzava minoranze ragionevolmente dubbiose come fossero cani in chiesa – anche in prima serata TV;

gente che ti spiega che i neonazisti se sono benedetti dalla Nato, diventano amanti della tradizione runica e lettori di Kant (niente di nuovo sotto il sole peraltro, da quando Pinochet era venduto come alfiere delle libertà occidentali);

gente che ogni santo giorno si spella le mani in applausi quando i media mettono la museruola a chiunque si esprima fuori dal perimetro di regime e quando i social media a base USA chiudono siti sgraditi;

gente che approva ogni livello di razzismo culturale purché rivolto a chi viene di volta in volta dichiarato cattivo dalla TV (la barbarie dei russi, la barbarie degli iraniani, la barbarie dei nord-coreani, ecc.);

gente che quando la violenza più repellente sugli inermi viene esercitata dai propri alleati, che siano pestaggi nelle chiese ortodosse ucraine o nelle moschee di Gerusalemme, fischietta e gira a largo (“may be sons of a bitch, but they are our sons of a bitch”);

gente che se non tradisce almeno tre volte la Costituzione prima di colazione non digerisce bene (e così, dopo aver legittimato i TSO per interesse politico, oggi alimenta in maniera vigliacca ed anticostituzionale una guerra altrui, prendendo le parti di chi gli viene ordinato di sostenere);

Ed oggi una bella fetta di questi soggetti discriminatori, questi bulli prepotenti, questi simpatizzanti dei nazisti buoni, questi amanti della censura, questi razzisti culturali, questi guerrafondai a gettone saranno in prima fila sotto le bandiere dell’antifascismo.

Un po’ come Hannibal Lecter che guida le celebrazioni vegane.

 

FONTE: https://www.facebook.com/andrea.zhok.5/posts/pfbid02buFPqcURBtWwr9ZuiZMnPjeAemv9mt1C6KKKrJsyjdAt2tdww4ohcQV836wqiKVFl

 

 

 

Come l’America ha eliminato l’oleodotto Nord StreamHow America Took Out The Nord Stream Pipeline

Il New York Times lo ha definito un “mistero”, ma gli Stati Uniti hanno eseguito un’operazione marittima segreta che è stata tenuta segreta, fino ad oraThe New York Times called it a “mystery,” but the United States executed a covert sea operation that was kept secret—until now

8 FEBBRAIO 20238 FEB 2023
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Il Diving and Salvage Center della Marina degli Stati Uniti si trova in un luogo oscuro come il suo nome, lungo quella che una volta era una strada di campagna nella rurale Panama City, una città turistica ora in forte espansione nella striscia di terra sud-occidentale della Florida, 70 miglia a sud dell’Alabama confine. Il complesso del centro è anonimo quanto la sua ubicazione: una squallida struttura in cemento del secondo dopoguerra che ha l’aspetto di un liceo professionale nella parte ovest di Chicago. Una lavanderia a gettoni e una scuola di danza si trovano dall’altra parte di quella che oggi è una strada a quattro corsie.The U.S. Navy’s Diving and Salvage Center can be found in a location as obscure as its name—down what was once a country lane in rural Panama City, a now-booming resort city in the southwestern panhandle of Florida, 70 miles south of the Alabama border. The center’s complex is as nondescript as its location—a drab concrete post-World War II structure that has the look of a vocational high school on the west side of Chicago. A coin-operated laundromat and a dance school are across what is now a four-lane road.

Il centro ha addestrato per decenni subacquei altamente qualificati che, una volta assegnati alle unità militari americane in tutto il mondo, sono in grado di effettuare immersioni tecniche per fare il bene, utilizzando esplosivi C4 per liberare porti e spiagge da detriti e ordigni inesplosi, nonché il male, come far saltare in aria piattaforme petrolifere straniere, intasare le valvole di aspirazione delle centrali elettriche sottomarine, distruggere le chiuse su canali marittimi cruciali. Il centro di Panama City, che vanta la seconda piscina coperta più grande d’America, è stato il luogo perfetto per reclutare i migliori, e i più taciturni, diplomati della scuola sub che l’estate scorsa hanno svolto con successo quello che erano stati autorizzati a fare a 260 piedi sotto la superficie del Mar Baltico.The center has been training highly skilled deep-water divers for decades who, once assigned to American military units worldwide, are capable of technical diving to do the good—using C4 explosives to clear harbors and beaches of debris and unexploded ordnance—as well as the bad, like blowing up foreign oil rigs, fouling intake valves for undersea power plants, destroying locks on crucial shipping canals. The Panama City center, which boasts the second largest indoor pool in America, was the perfect place to recruit the best, and most taciturn, graduates of the diving school who successfully did last summer what they had been authorized to do 260 feet under the surface of the Baltic Sea.

Lo scorso giugno, i sommozzatori della Marina, operando sotto la copertura di un’esercitazione NATO di metà estate ampiamente pubblicizzata nota come Last June, the Navy divers, operating under the cover of a widely publicized mid-summer NATO exercise known as BALTOPS 22 BALTOPS 22, hanno piazzato gli esplosivi a distanza che, tre mesi dopo, hanno distrutto tre dei quattro gasdotti Nord Stream, secondo una fonte con conoscenza diretta della programmazione operativa., planted the remotely triggered explosives that, three months later, destroyed three of the four Nord Stream pipelines, according to a source with direct knowledge of the operational planning.

Due dei gasdotti, noti collettivamente come Nord Stream 1, fornivano alla Germania e a gran parte dell’Europa occidentale gas naturale russo a buon mercato da oltre un decennio. Una seconda coppia di gasdotti, chiamata Nord Stream 2, era stata costruita ma non era ancora operativa. Ora, con le truppe russe che si ammassano sul confine ucraino e la guerra più sanguinosa in Europa dal 1945 incombente, il presidente Joseph Biden ha visto gli oleodotti come un veicolo per Vladimir Putin per utilizzare il gas naturale come arma per le sue ambizioni politiche e territoriali.Two of the pipelines, which were known collectively as Nord Stream 1, had been providing Germany and much of Western Europe with cheap Russian natural gas for more than a decade. A second pair of pipelines, called Nord Stream 2, had been built but were not yet operational. Now, with Russian troops massing on the Ukrainian border and the bloodiest war in Europe since 1945 looming, President Joseph Biden saw the pipelines as a vehicle for Vladimir Putin to weaponize natural gas for his political and territorial ambitions.

Alla richiesta di un commento, Adrienne Watson, portavoce della Casa Bianca, ha dichiarato in una e-mail: “Questa è finzione falsa e completa”. Tammy Thorp, un portavoce della Central Intelligence Agency, ha scritto allo stesso modo: “Questa affermazione è completamente e assolutamente falsa”.Asked for comment, Adrienne Watson, a White House spokesperson, said in an email, “This is false and complete fiction.” Tammy Thorp, a spokesperson for the Central Intelligence Agency, similarly wrote: “This claim is completely and utterly false.”

La decisione di Biden di sabotare gli oleodotti è arrivata dopo più di nove mesi di dibattiti altamente segreti all’interno della comunità della sicurezza nazionale di Washington su come raggiungere al meglio tale obiettivo. Per gran parte di quel tempo, il problema non era se portare a termine la missione, ma come portarla a termine senza avere la minima idea di chi fosse il responsabile.Biden’s decision to sabotage the pipelines came after more than nine months of highly secret back and forth debate inside Washington’s national security community about how to best achieve that goal. For much of that time, the issue was not whether to do the mission, but how to get it done with no overt clue as to who was responsible.

C’era un motivo burocratico vitale per affidarsi ai diplomati della scuola di immersioni hardcore del centro di Panama City. I sommozzatori erano solo della Marina, e non membri dello Special Operations Command americano, le cui operazioni segrete dovevano essere riferite al Congresso e informate in anticipo alla leadership del Senato e della Camera, la cosiddetta There was a vital bureaucratic reason for relying on the graduates of the center’s hardcore diving school in Panama City. The divers were Navy only, and not members of America’s Special Operations Command, whose covert operations must be reported to Congress and briefed in advance to the Senate and House leadership—the so-called Banda degli Otto Gang of Eight. L’amministrazione Biden stava facendo tutto il possibile per evitare fughe di notizie poiché la pianificazione è avvenuta alla fine del 2021 e nei primi mesi del 2022.. The Biden Administration was doing everything possible to avoid leaks as the planning took place late in 2021 and into the first months of 2022.

Il presidente Biden e il suo team di politica estera – il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, il segretario di Stato Tony Blinken e Victoria Nuland, il sottosegretario di Stato per la politica – erano stati espliciti e coerenti nella loro ostilità nei confronti dei due oleodotti, che correvano fianco a fianco per 750 miglia sotto il Mar Baltico da due diversi porti nella Russia nord-orientale vicino al confine estone, passando vicino all’isola danese di Bornholm prima di terminare nel nord della Germania.President Biden and his foreign policy team—National Security Adviser Jake Sullivan, Secretary of State Tony Blinken, and Victoria Nuland, the Undersecretary of State for Policy—had been vocal and consistent in their hostility to the two pipelines, which ran side by side for 750 miles under the Baltic Sea from two different ports in northeastern Russia near the Estonian border, passing close to the Danish island of Bornholm before ending in northern Germany.

La rotta diretta, che aggirava qualsiasi necessità di transito in Ucraina, era stata un vantaggio per l’economia tedesca, che godeva di un’abbondanza di gas naturale russo a buon mercato, sufficiente per far funzionare le sue fabbriche e riscaldare le sue case, consentendo ai distributori tedeschi di vendere il gas in eccesso, a un profitto, in tutta l’Europa occidentale. Un’azione riconducibile all’amministrazione violerebbe le promesse degli Stati Uniti di ridurre al minimo il conflitto diretto con la Russia. La segretezza era essenziale.The direct route, which bypassed any need to transit Ukraine, had been a boon for the German economy, which enjoyed an abundance of cheap Russian natural gas—enough to run its factories and heat its homes while enabling German distributors to sell excess gas, at a profit, throughout Western Europe. Action that could be traced to the administration would violate US promises to minimize direct conflict with Russia. Secrecy was essential.

Fin dai suoi primi giorni, il Nord Stream 1 è stato visto da Washington e dai suoi partner anti-russi della NATO come una minaccia al dominio occidentale. La holding dietro di esso, From its earliest days, Nord Stream 1 was seen by Washington and its anti-Russian NATO partners as a threat to western dominance. The holding company behind it, Nord Stream AGNord Stream AG, è stata costituita in Svizzera nel 2005 in collaborazione con Gazprom, una società russa quotata in borsa che produce enormi profitti per gli azionisti, dominata da oligarchi noti per essere alla mercé di Putin. Gazprom controllava il 51% della società, con quattro società energetiche europee – una in Francia, una nei Paesi Bassi e due in Germania – che condividevano il restante 49% delle azioni e avevano il diritto di controllare le vendite a valle del gas naturale a basso costo ai locali. distributori in Germania e in Europa occidentale. I profitti di Gazprom sono stati condivisi con il governo russo e le entrate statali di gas e petrolio sono state stimate in alcuni anni fino al , was incorporated in Switzerland in 2005 in partnership with Gazprom, a publicly traded Russian company producing enormous profits for shareholders which is dominated by oligarchs known to be in the thrall of Putin. Gazprom controlled 51 percent of the company, with four European energy firms—one in France, one in the Netherlands and two in Germany—sharing the remaining 49 percent of stock, and having the right to control downstream sales of the inexpensive natural gas to local distributors in Germany and Western Europe. Gazprom’s profits were shared with the Russian government, and state gas and oil revenues were estimated in some years to amount to 45% as much as 45 percentdel budget annuale della Russia. of Russia’s annual budget.

I timori politici dell’America erano reali: Putin ora avrebbe avuto un’ulteriore fonte di reddito importante e tanto necessaria, e la Germania e il resto dell’Europa occidentale sarebbero diventati dipendenti dal gas naturale a basso costo fornito dalla Russia, mentre diminuiva la dipendenza europea dall’America. In effetti, è esattamente quello che è successo. Molti tedeschi videro il Nord Stream 1 come parte della liberazione della famosa America’s political fears were real: Putin would now have an additional and much-needed major source of income, and Germany and the rest of Western Europe would become addicted to low-cost natural gas supplied by Russia—while diminishing European reliance on America. In fact, that’s exactly what happened. Many Germans saw Nord Stream 1 as part of the deliverance of former Chancellor Willy Brandt’s famed teoria Ostpolitik Ostpolitik theorydell’ex cancelliere Willy Brandt, che avrebbe consentito alla Germania del dopoguerra di riabilitare se stessa e altre nazioni europee distrutte durante la seconda guerra mondiale, tra le altre iniziative, utilizzando gas russo a buon mercato per alimentare un prospero mercato dell’Europa occidentale e economia commerciale., which would enable postwar Germany to rehabilitate itself and other European nations destroyed in World War II by, among other initiatives, utilizing cheap Russian gas to fuel a prosperous Western European market and trading economy.

Il Nord Stream 1 era abbastanza pericoloso, secondo la NATO e Washington, ma il Nord Stream 2, la cui costruzione è stata Nord Stream 1 was dangerous enough, in the view of NATO and Washington, but Nord Stream 2, whose construction was completata nel settembre del 2021 completed in September of 2021, se approvato dai regolatori tedeschi, avrebbe raddoppiato la quantità di gas a basso costo che sarebbe stata disponibile per la Germania e Europa occidentale. Il secondo oleodotto fornirebbe anche gas sufficiente per oltre il 50% del consumo annuo della Germania. Le tensioni erano in costante aumento tra Russia e NATO, sostenute dall’aggressiva politica estera dell’amministrazione Biden., would, if approved by German regulators, double the amount of cheap gas that would be available to Germany and Western Europe. The second pipeline also would provide enough gas for more than 50 percent of Germany’s annual consumption. Tensions were constantly escalating between Russia and NATO, backed by the aggressive foreign policy of the Biden Administration.

 

 

Leo Strauss

Questo articolo è il seguito di:
1. «La Russia vuole costringere gli USA a rispettare la Carta delle Nazioni Unite», 4 gennaio 2022.
2. «In Kazakistan Washington porta avanti il piano della RAND, poi toccherà alla Transnistria», 11 gennaio 2022.
3. «Washington rifiuta di ascoltare Russia e Cina», 18 gennaio 2022.
4. «Washington e Londra colpite da sordità», 1° febbraio 2022.
5. “Washington e Londra tentano di preservare il dominio sull’Europa”, 8 febbraio 2022.
6. “Due interpretazioni della vicenda ucraina”, 15 febbraio 2022.
7. “Washington suona la tromba di guerra, ma gli alleati desistono”, 23 febbraio 2022.

All’alba del 24 febbraio le forze russe sono entrate massicciamente in Ucraina. Secondo il presidente Vladimir Putin, che ha pronunciato nello stesso momento un discorso televisivo, l’operazione speciale è l’inizio della risposta della Russia a «coloro che aspirano a dominare il mondo» e stanno espandendo le infrastrutture della Nato alle porte del Paese. Nel lungo intervento il presidente ha riassunto come la Nato ha distrutto la Jugoslavia, senza autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, spingendosi fino a bombardare nel 1999 Belgrado. Ha poi ripercorso le distruzioni degli Stati Uniti in Medio Oriente, Iraq, Libia e Siria. Solo dopo questa lunga esposizione ha annunciato l’invio delle truppe in Ucraina con una duplice missione: distruggere le forze armate legate alla Nato e finirla con i gruppi neonazisti armati dalla Nato.

Tutti gli Stati membri dell’Alleanza Atlantica hanno immediatamente denunciato l’occupazione dell’Ucraina, paragonandola a quella della Cecoslovacchia durante la “Primavera di Praga” (1968): la Russia di Vladimir Putin avrebbe adottato la “dottrina Breznev” dell’Unione Sovietica. Per questo motivo il mondo libero deve punire il redivivo “Impero del Male” infliggendogli «costi devastanti».

L’interpretazione dell’Alleanza Atlantica vuole innanzitutto privare la Russia del suo principale argomento: certamente la Nato non è una confederazione fra eguali, è una federazione gerarchizzata comandata dagli anglosassoni; ma la Russia agisce allo stesso modo: non riconosce agli ucraini il diritto di scegliere il proprio destino, come fecero i sovietici con i cecoslovacchi. Certamente la Nato si muove violando i principi di sovranità e uguaglianza fra Stati sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, ma non deve essere sciolta, a meno che non sia sciolta anche la Russia.

Forse, ma probabilmente no.

Il discorso del presidente Putin non era contro l’Ucraina, né contro gli Stati Uniti, ma esplicitamente contro «coloro che ambiscono a dominare il mondo», ossia contro gli “Straussiani” intrinsechi al potere statunitense. Era a questi ultimi che si rivolgeva la sua dichiarazione di guerra.

Il 25 febbraio il presidente Putin definiva il potere di Kiev «cricca di drogati e neonazisti». Affermazioni, secondo i media atlantisti, di un malato di mente.

Nella notte fra il 25 e il 26 febbraio il presidente ucraino Volodymyr Zelensky rivolgeva alla Russia, attraverso l’ambasciata di Cina a Kiev, una proposta di cessate-il-fuoco. Il Cremlino rispondeva immediatamente ponendo le seguenti condizioni:
– arresto di tutti i nazisti (Dmitro Yarosh e il Battaglione Azov, e così via);
– sostituzione di tutti i nomi delle vie e rimozione dei monumenti che glorificano i collaboratori dei nazisti durante la seconda guerra mondiale (Stepan Bandera e altri);
– deposizione delle armi.

La stampa atlantista lo ignorava, ma il resto del mondo che lo sapeva tratteneva il fiato. La negoziazione è fallita dopo poche ore per l’intervento di Washington. Solo allora le opinioni pubbliche occidentali ne sono state informate, ma le condizioni dei russi sono state tenute nascoste.

Di cosa parla il presidente Putin? Contro chi si batte? E quali sono i motivi che hanno reso cieca e muta la stampa atlantista?

Paul Wolfowitz

BREVE STORIA DEGLI STRAUSSIANI

È opportuno soffermarsi su questo gruppo, gli Straussiani, del quale gli Occidentali sanno molto poco. Sono personaggi, tutti ebrei, assolutamente non rappresentativi né degli ebrei statunitensi né delle comunità ebraiche nel mondo. Sono stati formati dal filosofo tedesco Leo Strauss, rifugiatosi, all’avvento al potere dei nazisti, negli Stati Uniti, ove divenne professore di filosofia all’università di Chicago. Molte testimonianze attestano che Strauss plasmava un ristretto gruppo di fidati allievi attraverso l’insegnamento orale, di cui perciò non esistono tracce scritte. Spiegava loro che il solo modo per gli ebrei di sottrarsi a un nuovo genocidio è costituire una propria dittatura. Chiamava gli allievi opliti (i soldati di Sparta) e li spediva a disturbare le lezioni dei rivali. Da ultimo insegnava loro la discrezione ed elogiava la «nobile menzogna». Strauss è morto nel 1973, ma la comunità studentesca si è perpetuata.

Mezzo secolo fa, nel 1972, gli Straussiani iniziarono a formare un gruppo politico. Tutti facevano parte della squadra del senatore Democratico Henry “Scoop” Jackson, in particolare Elliott Abrams, Richard Perle e Paul Wolfowitz. Lavoravano a stretto contatto con un gruppo di giornalisti trozkisti, anche loro ebrei, che si erano conosciuti al City College of New York e pubblicavano la rivista Commentary. Venivano chiamati gli “Intellettuali newyorkesi” (New York Intellectuals). Sia gli Straussiani sia gli Intellettuali newyorkesi erano molto legati alla CIA, ma anche, grazie al suocero di Perle, Albert Wohlstetter (stratega militare USA), alla Rand Corporation, il think tank del complesso militare-industriale. Molti di questi giovani si sposarono tra loro, fino a formare un gruppo compatto di un centinaio di persone.

In piena crisi Watergate (1974) il clan redasse e fece adottare l’“emendamento Jackson-Vanik”, che imponeva all’Unione Sovietica di autorizzare l’emigrazione della popolazione ebrea in Israele con minacce di sanzioni economiche. Fu il loro atto fondatore.

Nel 1976 Wolfowitz [1] fu un uno degli artefici del Team B, incaricato dal presidente Gerald Ford di valutare la minaccia sovietica [2]. L’esito fu un rapporto delirante in cui l’Unione Sovietica veniva accusata di prepararsi a conquistare un’«egemonia globale». La guerra fredda cambiò natura: lo scopo non era più isolare (containment) l’URSS, ma fermarla per salvare il «mondo libero».

Gli Straussiani e gli Intellettuali newyorkesi, tutti di sinistra, si misero al servizio del presidente di destra Ronald Reagan. Bisogna capire che entrambi questi gruppi in realtà non sono né di sinistra né di destra. Del resto alcuni loro membri hanno transitato ben cinque volte dal Partito Democratico al Partito Repubblicano e viceversa: l’importante è infiltrare il potere, a qualsiasi ideologia appartenga. Abrams divenne assistente del segretario di Stato. Condusse un’operazione in Guatemala, dove mise al potere un dittatore e sperimentò, con ufficiali del Mossad israeliano, la creazione di riserve per indiani maya, per poterne poi adottare il modello in Israele con gli arabi palestinesi (la Resistenza Maya è valsa a Rigoberta Menchú il premio Nobel per la pace). Abrams continuò i suoi soprusi in Salvador e poi, con l’affare Iran-Contras, contro i sandinisti in Nicaragua. Da parte loro gli Intellettuali newyorkesi, ora chiamati Neoconservatori, crearono il Fondo Nazionale per la Democrazia (National Endowment for Democratie – NED) e l’Istituto degli Stati Uniti per la Pace (U.S. Institute of Peace); un dispositivo che organizzò moltissime rivoluzioni colorate, a cominciare dalla Cina, con il tentativo di colpo di Stato del primo ministro Zhao Ziyang e la repressione di piazza Tienanmen che ne seguì.

Alla fine del mandato di George H. Bush (padre), Wolfowitz, all’epoca numero tre del segretariato alla Difesa, elaborò un documento [3] attorno a un’idea centrale: dopo la decomposizione dell’URSS, gli Stati Uniti devono prevenire l’emergenza di nuovi rivali, a cominciare dall’Unione Europea. Il testo si concludeva con l’auspicio di azioni unilaterali, ossia di mettere fine alla concertazione delle Nazioni Unite. Wolfowitz fu senza dubbio l’ideatore della “Tempesta del deserto”, l’operazione di distruzione dell’Iraq che permise agli Stati Uniti di cambiare le regole del gioco e di organizzare un mondo unilaterale. È in questo periodo che gli Straussiani valorizzarono i concetti di «cambiamento di regime» e di «promozione della democrazia».

Gary Schmitt, Abram Shulsky e Paul Wolfowitz si sono insinuati nella comunità dell’intelligence statunitense grazie al Gruppo di lavoro per la Riforma dell’Intelligence (Consortium for the Study of Intelligence’s Group on Intelligence Reform). Criticarono la presunzione aprioristica che gli altri governi ragionino come quello degli Stati Uniti [4]. Poi criticarono l’assenza di direzione politica dell’intelligence, che la lascia vagare fra soggetti di poca importanza, invece di concentrarsi su quelli essenziali. Politicizzare l’intelligence era quel che Wolfowitz aveva già fatto con il Team B e che ricominciò a fare nel 2002, con l’Ufficio dei Piani Speciali (Office of Special Plans), inventando pretesti per nuove guerre contro Iraq e Iran (la «nobile menzogna» di Leo Strauss).

Gli Straussiani furono estromessi dal potere durante il mandato di Bill Clinton. S’introdussero allora nei think tank di Washington. Nel 1992 William Kristol e Robert Kagan (marito di Victoia Nuland, ampiamente citata negli articoli precedenti) pubblicarono un articolo su Foreign Affairs in cui deploravano la timida politica estera del presidente ed esortavano a un rinnovamento dell’«egemonia disinteressata degli Stati Uniti» (benevolent global hegemony) [5]. L’anno successivo fondarono il Progetto per un Nuovo Secolo Americano (Projet for a New American Century, PNAC) nei locali dell’Istituto Americano per l’Impresa (American Entreprise Insitute), di cui Schmitt, Shulsky e Wolfowitz erano membri. Tutti gli estimatori non ebrei di Leo Strauss, fra cui il protestante Francis Fukuyama, l’autore di La fine della storia, si unirono immediatamente.

Richard Perle

Nel 1994 Richard Perle (alias Principe delle tenebre), all’epoca trafficante d’armi, divenne consigliere del presidente ex nazista Alija Izetbebovič in Bosnia Erzegovina. Fu Perle a far venire dall’Afghanistan Osama Bin Laden e la sua Legione Araba (antesignana di Al Qaeda) per difendere il Paese. Perle sarà anche membro della delegazione bosniaca alla firma degli Accordi di Dayton a Parigi.

Nel 1996 membri del PNAC, fra cui Richard Perle, Douglas Feith e David Wurmser, redassero, all’interno dell’Institute for Advanced Strategic and Political Studies, IASP, uno studio per conto del nuovo primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Il rapporto [6] raccomandava l’eliminazione di Yasser Arafat, l’annessione dei territori palestinesi, la guerra contro l’Iraq per trasferirvi in seguito i palestinesi. Il documento traeva ispirazione non soltanto dalle teorie politiche di Leo Strauss, ma anche da quelle di un amico di Strauss, Ze’ev Jabotinsky, fondatore del «sionismo revisionista», di cui il padre di Netanyahu fu segretario particolare.Il PNAC raccolse fondi per la candidatura di George W. Bush (figlio) e pubblicò prima della sua elezione il celebre rapporto «Ricostruire le difese dell’America» (Rebuilding America’s Defenses), ove auspicava una catastrofe comparabile a quella di Pearl Harbor, pretesto per scaraventare il popolo statunitense in una guerra per l’egemonia globale. Sono esattamente i termini usati l’11 settembre 2001 dal segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, membro del PNAC.

Robert Kagan

Grazie agli attentati dell’11 Settembre, Perle e Wolfowitz installarono all’ombra di Rumsfeld l’ammiraglio Arthur Cebrowski, che vi svolse un ruolo analogo a quello di Albert Wohlstetter durante la guerra fredda. Impose la strategia della «guerra senza fine»: le forze armate statunitensi non devono più vincere guerre, ma scatenarne tante e farle durare il più a lungo possibile. Lo scopo è distruggere tutte le strutture politiche degli Stati presi di mira per ridurre in miseria le popolazioni e privarle di ogni mezzo per difendersi dagli Stati Uniti [7]; una strategia messa in atto da vent’anni in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, Yemen…

L’alleanza fra Straussiani e sionisti revisionisti fu suggellata nel 2003, in occasione di una grande conferenza a Gerusalemme, cui personalità politiche israeliane di ogni genere sfortunatamente si ritennero in dovere di partecipare [8]. Non c’è quindi da meravigliarsi che nel 2006 Victoria Nuland (moglie di Robert Kagan), all’epoca ambasciatrice della Nato, sia intervenuta per proclamare un cessate-il-fuoco in Libano, consentendo all’esercito israeliano battuto di non essere inseguito dallo Hezbollah.

Bernard Lewis e Benjamin Netanyahu
Ufficio stampa del primo ministro

C’è qualcuno che, come Bernard Lewis, ha lavorato con i tre gruppi: gli Straussiani, i Neoconservatori e i sionisti revisionisti. Ex agente dell’intelligence britannica, Lewis acquisì la cittadinanza statunitense e quella israeliana, fu consigliere di Benjamin Netanyahu e membro del Consiglio per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. Lewis, che a metà carriera affermava che l’islam è incompatibile con il terrorismo e che i terroristi arabi sono in realtà agenti sovietici, in seguito cambiò idea e, con massima disinvoltura, assicurò che è l’islam a predicare il terrorismo. Per conto del Consiglio per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, Lewis inventò la strategia dello «scontro di civiltà», che consiste nella strumentalizzazione delle differenze culturali al fine di mobilitare i mussulmani contro gli ortodossi; concetto reso popolare dal suo assistente al Consiglio, Samuel Huntington, che però non lo presentò come strategia, ma come fatalità contro la quale occorreva agire. Huntington iniziò la carriera come consigliere dei servizi segreti sudafricani dell’apartheid; in seguito scrisse un libro, The Soldier and the State [9], in cui sostiene che i militari, regolari e mercenari, costituiscono una casta a sé, la sola capace di comprendere i bisogni di sicurezza nazionale.

Dopo la distruzione dell’Iraq, gli Straussiani furono bersaglio di ogni sorta di polemica [10]. Tutti si meravigliavano che un gruppo così ristretto, appoggiato da giornalisti neoconservatori, avesse potuto acquisire simile autorevolezza senza che se ne fosse dibattuto pubblicamente. Il Congresso degli Stati Uniti designò un Gruppo di studio sull’Iraq, la Commissione Baker-Hamilton, per valutarne la politica: il rapporto condannò, pur senza nominarla, la strategia Rumsfeld/Cebrowski, deplorando le centinaia di migliaia di morti provocate. Rumsfeld si dimise, ma il Pentagono ne prosegue inesorabilmente la strategia, senza mai adottarla ufficialmente.

Nell’amministrazione Obama gli Straussiani entrarono nel gabinetto del vicepresidente Joe Biden. Il suo consigliere per la Sicurezza nazionale, Jacob Sullivan, svolse un ruolo centrale nell’organizzazione delle operazioni contro la Libia, la Siria e il Myanmar; un altro consigliere, Antony Blinken, si concentrò invece sull’Afghanistan, il Pakistan e l’Iran. Fu Blinken a pilotare i negoziati con la Guida suprema Ali Khamenei, che sfociarono nell’arresto e nella reclusione dei principali membri della squadra del presidente Mahmud Ahmadinejad, in cambio dell’accordo sul nucleare.

Il cambiamento di regime a Kiev del 2014 fu organizzato dagli Straussiani. Il vicepresidente Biden vi s’impegnò risolutamente. Victoria Nuland si recò in Ucraina per sostenere gli elementi neonazisti del Settore Destro e supervisionare il commando israeliano “Delta” [11] in piazza Maidan. Un’intercettazione telefonica rivelò il suo auspicio d’«inculare l’Unione Europea» (sic), nella tradizione del rapporto Wolfowitz del 1992. Ma i dirigenti dell’Unione Europea non capirono e si limitarono a deboli proteste [12].

“Jake” Sullivan e Antony Blinken sistemarono il figlio del vicepresidente Biden, Hunter, nel consiglio di amministrazione di una delle più importanti società di gas, Burisma Holdings, nonostante l’opposizione del segretario di Stato John Kerry. Hunter Biden è un eroinomane che servirà da paravento a una gigantesca truffa a danno del popolo ucraino. Sotto la sorveglianza di Amos Hochstein, il figlio di Biden individuerà parecchi suoi compagni di sballo per farne altri uomini di paglia a capo di diverse società, così da saccheggiare il gas ucraino. Sono costoro che il presidente Putin ha definito «cricca di drogati».

Sullivan e Blinken si appoggiano al padrino mafioso Ihor Kolomoïnsky, che possiede la terza ricchezza del Paese. Benché ebreo, finanzia i duri del Settore Destro, organizzazione neonazista che lavora per la Nato e si batté in piazza Maidan al momento del “cambiamento di regime”.

Kolomoïnsky approfitta delle sue entrature per prendere il potere nella comunità ebraica europea, ma altri della sua stessa parrocchia si oppongono e lo espellono dalle associazioni internazionali. Ciononostante riesce a far nominare il capo del Settore Destro, Dmytro Yarosh, vicesegretario del Consiglio Nazionale di Sicurezza e Difesa ucraino e a farsi nominare governatore della regione di Dnipropetrovsk. I due uomini saranno rapidamente allontanati da ogni incarico politico. È il loro gruppo che il presidente Putin ha definito «cricca di neonazisti».

Nel 2017 Blinken fonda WestExec Advisors, società di consulenza di cui fanno parte ex alti funzionari dell’amministrazione Obama e molti Straussiani. L’attività di questa società è estremamente discreta. Utilizza le relazioni politiche degli adepti per fare soldi: ciò che in ogni Stato di diritto sarebbe chiamato corruzione.

Joe Biden non è uno Straussiano, ma da una quindicina d’anni fa affari con loro. Qui con Antony Blinken

GLI STRAUSSIANI SEMPRE UGUALI A LORO STESSI

Con il ritorno di Joe Biden alla Casa Bianca, questa volta come presidente degli Stati Uniti, gli Straussiani governano l’insieme del sistema. Sullivan è consigliere nazionale per la Sicurezza, Blinken è segretario di Stato e al suo fianco c’è Victoria Nuland. Come ho riferito nei precedenti articoli, a ottobre 2021 Nuland si reca a Mosca e minaccia di schiacciare l’economia della Russia se questa non si mette in riga. È l’inizio dell’attuale crisi.

A Kiev la sottosegretaria di Stato Nuland tira fuori di nuovo Dmitro Yarosh e lo impone al presidente Zelensky, ex attore televisivo protetto da Ihor Kolomoïsky, che il 2 novembre 2021 lo nomina consigliere speciale del capo delle forze armate, generale Valerii Zaluzhnyi. Quest’ultimo, autentico democratico, inizialmente si oppone, alla fine accetta. Interrogato dalla stampa sulla sorprendente coppia che forma con Yarosh, Zaluzhnyi si rifiuta di rispondere e allude a un problema di sicurezza nazionale. Yarosh offre tutta la sua collaborazione al “führer bianco”, colonnello Andrey Biletsky, e al suo Battaglione Azov. Dall’estate 2021 questa copia della divisione SS Das Reich è inquadrata da ex mercenari statunitensi di Blackwater [13].

Questa lunga digressione, servita a connotare gli Straussiani, ci costringe ad ammettere che l’aspirazione della Russia è comprensibile, perfino auspicabile. Sbarazzare il mondo dagli Straussiani significherebbe rendere giustizia agli oltre milione di morti che hanno causato e salvare quelli che s’apprestano ad ammazzare. Resta da vedere se l’intervento militare in Ucraina è il mezzo appropriato.

In ogni caso, se la responsabilità degli avvenimenti in corso cade sugli Straussiani, anche tutti coloro che li hanno lasciati agire senza intervenire ne portano la responsabilità. A cominciare da Germania e Francia, che sette anni fa firmarono gli Accordi di Minsk e non hanno fatto nulla per farli rispettare; in secondo luogo la cinquantina di Stati che, sebbene firmatari delle dichiarazioni dell’OSCE che vietano l’estensione della Nato a est della linea Oder–Neisse, non hanno fatto nulla. Solo Israele, che si è sbarazzata dei sionisti revisionisti, ha espresso una posizione non categorica sugli avvenimenti.

Ecco una lezione da trarre da questa crisi: i popoli di Paesi retti democraticamente sono responsabili delle decisioni prese da chi li governa e mantenute a lungo, anche dopo alternanze di potere.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article215887.html

 

 

Come i piloti russi hanno spaventato l’equipaggio di un aereo “di confine” e perché i polacchi tacciono

“Un aereo L410 Turbolet della polizia di frontiera polacca è stato intercettato da un caccia Su-35 sul Mar Nero. Le manovre dei piloti russi hanno causato alti livelli di turbolenza, creando serie difficoltà nel controllo dell’aereo. I piloti polacchi sono comunque riusciti a stabilizzare il velivolo dopo l’iniziale perdita di quota e sono atterrati in sicurezza all’aeroporto; nessuno è rimasto ferito a causa dell’incidente”.

Quali migranti stavano cercando i polacchi a più di 60 km a est del confine rumeno? Difficilmente qualcuno avrebbe voluto migrare dalla Turchia o dalla Crimea verso la Romania, persino nuotando nel Mar Nero. È inoltre degno di nota il fatto che l’aereo non abbia volato lungo il confine, ma abbia volteggiato sopra il mare a un’altitudine di 2.750 metri, esattamente di fronte a Sebastopoli.

È evidente che l’equipaggio polacco era impegnato in una missione di ricognizione delle strutture militari russe situate nella parte occidentale della penisola di Crimea. La versione ufficiale prevedeva la partecipazione a una missione Frontex per monitorare il “rischio migratorio nel bacino del Mar Nero”, coordinata dall’Agenzia europea della polizia di frontiera e della guardia costiera. Il tutto sullo sfondo dell’Operazione Militare Speciale in Ucraina e della più grande esercitazione militare “Anakonda 23” in Europa, che coinvolge decine di migliaia di militari americani e di altri Stati membri della NATO.

Fonte (https://t.me/nevolf/22530)

FONTE: https://t.me/infodefITALY/5708

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Il papà di Jim Morrison: “Mio figlio non era un grande cantante”

L’ammiraglio padre del rocker svela i loro rapporti difficili in un libro: “Non credo che sarebbe mai stato come Caruso. Ma lui era più di una semplice voce”

Il papà di Jim Morrison: "Mio figlio non era un grande cantante"

Ossia i Doors, il gruppo che ha trasportato l’America dal rock’n’roll al rock e basta, quello fatto di visioni e illusioni che avevano bisogno di un guru, di uno sciamano pronto a raccontarle. Jim Morrison diventò quella cosa lì, magari non lo voleva neppure e comunque è quasi inutile dire che cosa rappresenti oggi, a quarant’anni dal primo disco dei Doors, mentre i ragazzini ascoltano ancora le sue canzoni e comprano le magliette con il suo volto stampato sopra. Light my fire, ricordate?, accendete la mia fiamma, e in quel famoso giro di tastiere c’è un’intera epoca. «Non avevo idea di quanto fosse famoso, e non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa», confessa oggi suo padre nel bel libro che la Sperling & Kupfer manda in libreria domani, The Doors by the Doors. D’accordo, nelle 230 pagine (al prezzo di 19 euro) ci sono gli altri della band che tutti insieme si raccontano e qui e là distillano novità (a proposito, lo sapevate che Oliver Stone aveva mandato una sceneggiatura a Jim Morrison in persona?). Ma soprattutto c’è l’ammiraglio George che parla per la prima volta e lo fa adesso che il tempo ha spazzato via tutti gli orpelli lasciando solo il ricordo puro, intimo. «Non credo che sarebbe mai stato un Caruso – dice – né che sarebbe diventato particolarmente famoso per la sua voce. Ma lui era di più. Lo ricordiamo con grande piacere: a parte la sua carriera, noi lo conoscevamo come ragazzo ed era davvero adorabile. La sua morte è stata una tragedia, ma quando ne ripercorriamo la vita, il ricordo che conserviamo è davvero piacevole»

E quanta dolcezza c’è in quest’uomo di mare e di armi, un vecchio conservatore tutto d’un pezzo che a 87 anni confessa che «mi hanno detto che Jim era una star internazionale. È stato bello rendersene conto. Avrei dovuto accorgermene prima». Mentre lui, che è stato il più giovane ammiraglio della storia americana, sua moglie Clara e gli altri suoi figli Anne e Andrew vivevano la loro vita, Jim Morrison lasciava lentamente la sua, demolendosi con le droghe e soprattutto l’alcol. Quando in primavera arrivò a Parigi con la sua fidanzata Pamela Courson, già massacrato da una tosse asmatica che gli faceva vomitare sangue, era un fantasma che provava a ritrovarsi senza riuscirci. Una sera, disse il suo amico Gilles Yepremian, bevve fino a perdere conoscenza e la mattina dopo trangugiò un Bloody Mary per poi saltare il pranzo e sostituirlo con scotch e cognac. «Non ne posso più, sarei così felice se nessuno mi riconoscesse». In una delle sue ultime lettere, riportate dal libro, scrisse: «Finalmente oggi è tornato il bel tempo (…). Parigi è una città bellissima con il sole, è una città eccitante, costruita per l’uomo». La settimana dopo, alle 4 del mattino, Pamela lo trovò senza vita nella vasca da bagno e dal suo racconto incerto sgorgarono decine di voci contrastanti: è morto, non è morto, perché è morto? Una trombosi dovuta ad abuso fisico, confermò il suo manager. Roba del passato e, tutto sommato, inutile.

L’annuncio fu dato solo sei giorni dopo per evitare le speculazioni di stampa che si scatenarono per la morte di Janis Joplin nell’ottobre dell’anno prima. «Fui colpito dal fatto che mio figlio – dice il padre – andasse in quel grande cimitero di Parigi, il Père Lachaise. Pensai che fosse un onore per lui e per la nostra famiglia che riposasse fianco a fianco con le più grandi personalità della letteratura del secolo scorso». E all’ambasciata americana di Parigi fu registrato che era morto «James Morrison, poeta». E basta, semplicemente così.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/pap-jim-morrison-mio-figlio-non-era-grande-cantante.html

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Un grande piano di esclusione sociale

Ruggiero Capone

Le giunte di Roma e Milano, in buona compagnia di circa una sessantina di municipalità italiane, procedono a marce forzate verso l’applicazione di “piani d’esclusione sociale” che consentano di “ridurre l’inquinamento”. Sembra che nessun eletto si voglia totalmente schierare dalla parte dei cittadini delle periferie. I consiglieri comunali e municipali (ex circoscrizioni) non bocciano le delibere, semplicemente si astengono durante i vari consigli. Intanto la gente minaccia atti violenti e vandalici contro telecamere e rappresentanti istituzionali, e i sindaci di Milano e Roma raccolgono la solidarietà del ministro dell’Interno che, soprattutto su Roma, intende tutelare l’installazione delle nuove telecamere e della relativa segnaletica stradale. Alcuni consiglieri di destra e sinistra si sono resi conto che la gente è arrabbiata e che non può sostenere economicamente, e nell’arco di un triennio, prima il cambio dell’auto, poi di caldaia e condizionatore, quindi adeguare l’impiantistica della propria abitazione eliminando anche tutti gli elettrodomestici funzionanti ma non aggiornati per classe energetica e categorie euro.

Poi la gente meno attrezzata economicamente teme il piano d’esclusione sociale tristemente noto come “acquartieramento” (anche detto “città da quindici minuti”) possa ridurre la libertà individuale di procacciarsi un lavoro. In Gran Bretagna la giunta municipale di Oxford ha già approvato la divisione in quattro quartieri della città, ed ai residenti comuni non è permesso sortire dal proprio rione per più di cento volte l’anno: pena una sanzione di oltre ottanta sterline, nei casi di reiterazione sospensione di patente o anche misure detentive, soprattutto per disoccupati e pensionati sprovvisti di un valido motivo per sortire dalla propria zona. Il capitalismo fiscale di sorveglianza ha bisogno d’irreggimentare tutti gli umani, di controllarli continuamente: il compito di governi ed organizzazioni sovrannazionali, come vi abbiamo già spiegato, è introdurre l’obbligo alla tracciatura costante del cittadino. Chi eluderà gli obblighi, soprattutto non rispetterà i limiti a spostamenti e movimenti, o per diverse ore al giorno non risulterà tracciabile, assurgerà a criminale cibernetico, a nemico del sistema.

Ecco che governi locali e nazionali approcciano la nuova teoria urbanistica partorita da Davos circa quindici anni fa: acquartieramento o città in quindici minuti. Una teoria che influenza leggi e delibere, dominando buona parte dei progetti infrastrutturali riguardanti il modo in cui si potranno spostare i cittadini dell’Unione Europea: la  “Città dei 15 minuti” ha origine in Francia ma subito trova applicazione in Gran Bretagna, ed oggi affascina i sindaci di Roma e Milano.

“Le persone e il loro benessere come primo obiettivo dell’organizzazione urbana”: sostiene ipocritamente Carlos Moreno (urbanista della Sorbona di Parigi che nel 2016 ha inventato la “Città dei 15 minuti” su spinta della giunta parigina). Il progetto in sostanza prevede che il cittadino debba raggiungere tutto l’essenziale a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici entro un quarto d’ora, soprattutto evitare di girovagare per altri quartieri delle città.

Nel 2020 il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, complice la pandemia che aveva bloccato ogni spostamento cittadino, ha inserito la “Ville du quart d’heure” al centro della propria campagna di rielezione: promettendo l’acquartieramento ed il blocco dei cittadini nei rispettivi perimetri rionali, e perché il movimento ed il lavoro umano sarebbero le prime cause d’inquinamento.

“Il concetto di ‘Città dei 15 minuti’ dovrebbe essere visto come una serie di principi guida – ha spiegato in un’intervista l’urbanista Zaheer Allam dell’Università di Deakin in Australia – che le città possono adattare ed applicare ai propri bisogni e sfide”.

Oltreoceano a Portland, in Oregon, è stato fissato l’obiettivo entro il 2030 di rendere ai residenti raggiungibili i punti necessari alle rispettive esigenze quotidiane, in modo che i cittadini abbiano tutto nel quartiere e vengano privati dei motivi per valicare i confini della propria zona..

Trasformare le città in luoghi in cui si può far tutto in meno di quindici minuti è per certi il modo per combattere l’inquinamento ed il consumo del Pianeta. Ma non tutti la pensano così. Ma dietro questo obiettivo ambientalista si nasconde il progetto di ghettizzare le comunità escluse dalle scelte di politica finanziaria ed industriale: le classi basse e medie. Insomma isolare per sempre, e nei rispettivi quartieri, i cittadini esclusi dalle scelte politiche locali, nazionali e globali.

Al momento esiste già in Italia il progetto di una “città dei 15 minuti” in Italia: a Roma nel 2021, il Sindaco Roberto Gualtieri l’aveva inserita nei propri piani di governo locale, e come lui altri sindaci del Partito democratico ma anche in accordo con esponenti del Centro-destra e dei 5 Stelle. A Milano e Torino la “città dei 15 minuti” potrebbe decollare prima che a Roma, ma questo richiede senza dubbio la collaborazione del Ministero dell’Interno, che scongiurerebbe che la periferia possa sfogare l’ira da esclusione sociale.
A favore dell’acquartieramento dei cittadini c’è l’“Osservatorio nazionale sulla Sharing Mobility”, che ha scritto nel suo report che sessantadue città italiane avrebbero già servizi di condivisione sufficienti a chiudere i cittadini nei rioni di residenza.

A conti fatti l’operazione acquartieramento è partita: le forze di polizia, grazie all’ausilio di telecamere per il riconoscimento facciale, dovrebbero ridurre i cittadini all’idea che sortire dal proprio rione costi caro, con multe ed arresti. I primi cittadini che temono di non poter più sortire dalla propria zona sono i disoccupati perennemente alla ricerca di lavoro. Al momento le giunte di Milano e Roma contano di ridurre la loro mobilità bloccando i veicoli a motore più datati, e anche elevando il prezzo di metropolitane, bus e tram: infatti è previsto un rafforzamento della vigilanza armata e l’installazione dei riconoscimenti facciali in stazioni metro e bus, con i biglietti che salirebbero entro settembre a due euro per gommati e tre per metropolitane e servizi su rotaia. Insomma l’Europa ha imboccato la via della società ecologica esclusiva, se hai soldi ed incarichi ti puoi muovere, diversamente resti in gabbia. Gualtieri e Sala hanno trovato sponda da Ue e governo nazionale, anche perché un serio “piano d’esclusione sociale” permetterebbe di trasformare più del settanta per cento dei disoccupati in persone a “povertà irreversibile” (per motivi bancari, fiscali, giudiziari) e quindi farli sortire dalle statistiche dei disoccupati in attesa di lavoro, ponendoli nel mucchio d’una futuribile “povertà sostenibile”: un ghetto infiocchettato d’ecologismo, un patto sociale del tipo “ti dò il minimo a patto che non ti muovi”. Alcuni italiani pubblici dipendenti sono pure favorevoli e chiosano “ci vuole il metodo cinese, il ‘permesso di lavoro” lì se ti beccano a lavorare senza permesso ti mandano nei campi di rieducazione”.

Qualcosa non torna, soprattutto in materia di libertà fondamentali.

FONTE: https://www.ilpensieroforte.it/dibattiti/6814-un-grande-piano-di-esclusione-sociale

 

 

La polizia di Nashville blocca il rilascio del manifesto del tiratore transgender

Immagini Getty
3 maggio 2023

La polizia di Nashville si rifiuta di rilasciare un manifesto scritto dal tiratore di massa transgender che ha ucciso sei persone in una scuola cristiana privata a marzo.

 

Dopo che l’assassino, Audrey Hale, 28 anni, ha ucciso tre bambini e tre adulti alla Covenant School il 27 marzo, la polizia ha riferito di aver trovato un manifesto che potrebbe far luce su un possibile movente degli omicidi. Ma le autorità non hanno rilasciato i documenti. Hale è stato ucciso dalla polizia durante l’attacco.

La polizia ha detto che non avrebbe rilasciato il manifesto a causa di un contenzioso in corso.

“A causa del contenzioso in corso depositato questa settimana, il dipartimento di polizia metropolitano di Nashville è stato avvisato dall’avvocato di tenere in sospeso il rilascio dei documenti relativi alla sparatoria alla Covenant School in attesa di ordini o istruzioni del tribunale”, ha scritto il dipartimento su Twitter .

Tre ricorsi sono stati presentati nelle ultime settimane chiedendo il rilascio del manifesto del tiratore, ha riferito il Tennessean :

Nel mese successivo alla micidiale sparatoria alla Covenant School, sono state intentate due azioni legali contro il dipartimento di polizia di Metro Nashville nel tentativo di accelerare il rilascio degli scritti e dei materiali lasciati dall’assassino.

Un terzo ricorso, presentato come ricorso amministrativo, è stato presentato contro il Federal Bureau of Investigation contestando il suo diniego di una richiesta di atti pubblici.

La Tennessee Firearms Association e lo sceriffo in pensione della contea di Hamilton James Hammond, così come Clata Renee Brewer in collaborazione con la National Police Association hanno citato in giudizio l’MNPD per il rilascio dei materiali.

Il Tennessee Star ha presentato ricorso amministrativo contro l’FBI con l’aiuto del Wisconsin Institute for Law and Liberty.

Hale era una donna transgender, secondo la polizia. Hale ha elencato i pronomi “Lui/Lui” su un profilo LinkedIn. I genitori di Hale, che vivevano con il tiratore, hanno detto che Hale era sotto la cura di un medico per un “disturbo emotivo”, ha detto la polizia .

Poco prima di aprire il fuoco, Hale ha inviato un messaggio a un ex compagno di classe della scuola cristiana, dicendo: “Ho solo bisogno di morire”.

FONTE: https://freebeacon.com/latest-news/nashville-cops-block-release-of-trans-shooters-manifesto/

 

 

BELPAESE DA SALVARE

LE MANUTENZIONI MANCATE 
Lisa Stanton 18 05 2023
Quali sono i motivi per cui gli amministratori locali non hanno fatto le manutenzioni necessarie? Un motivo è che, se non sono nuovi investimenti, sono spesa corrente, che come tale è sottoposta a particolare attenzione.
Precisamente, la disciplina dell’equilibrio di bilancio per gli enti locali è accompagnata da una serie di sanzioni nel caso di mancato conseguimento del saldo obiettivo (che deve essere zero). Tra le sanzioni: “il divieto per gli enti, nell’anno successivo all’inadempienza, di impegnare spese correnti in misura superiore all’importo, ridotto dell’1%, dei corrispondenti impegni effettuati nell’anno precedente, nonché il divieto di ricorrere all’indebitamento per gli investimenti”.
Il Comune inadempiente non può neppure assumere personale. Quindi, se per caso un comune non riesce a chiudere il bilancio in pareggio, l’anno successivo deve ridurre le spese, non può assumere personale, non può fare investimenti contando sul debito. Al contrario, se un comune risparmia viene premiato.
Stesso discorso per le regioni: si è appreso che la regione Emilia non ha utilizzato 70mln destinati al dissesto idrogeologico per decisione del Presidente Bonaccini e della Schlein che aveva la delega per la tutela del suolo in Emilia Romagna.
Da giorni, però, gli amministratori di destra e sinistra postano le foto dei disastri del maltempo scrivendo “ora ditemi che non c’è il cambiamento climatico!”.
Il popolo di destra-sinistra sul Covid si è fidato di uno come Burioni, sul clima può fidarsi di uno come Tozzi: “L’acqua è esondata dai fiumi perchè non ci stava più nel letto dei fiumi”.
A nulla rileva che il letto dei fiumi non venga più ripulito perché lo vieta una normativa europea, nessuno ricorda che la riforma Renzi-Madia ha abolito il Corpo forestale dello Stato perché i liberisti de sinistra urlavano alla corruzione dei forestali siciliani: la colpa è del claimatcein e della CO2 che producete!
FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/pfbid02f5pNG16LrA2Yasvgu7zE1ez6Qy6AAibWYR9mQ4bViFa7ueYqfRm1bNVz7eHXZ4i9l 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Crimini dei mercenari francesi in Ucraina

La Commissione d’inchiesta russa sui crimini commessi in Ucraina ha dichiarato di aver individuato dei mercenari francesi tra i responsabili dell’uccisione di 25 prigionieri di guerra russi. Avrebbero agito nell’ambito del Battaglione Azov e della 92^ Brigata delle forze armate ucraine.

La Commissione d’inchiesta accerterà tutte le circostanze in cui sono avvenuti i fatti e porterà davanti alla giustizia le persone implicate.

Sul fronte ucraino ci sarebbero 8.000 mercenari stranieri, soprattutto polacchi, statunitensi, canadesi, rumeni e britannici.

Secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti dell’umo (OHCH), l’austriaco Volker Turk, l’Ucraina non promuove alcuna azione giudiziaria contro i soldati che hanno commesso crimini di guerra documentati.

Il Codice penale francese punisce l’attività di mercenario con cinque anni di prigione e la sospensione dei diritti civili e di famiglia (art. 436). I mercenari, al pari dei soldati regolari, rispondono inoltre degli atti di tortura e dell’uccisione di prigionieri. In tal caso incorrono nell’ergastolo.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article219226.html

 

 

Mariupol caduta, “come addestravano gli ucraini”.

Nella base del battaglione Azov spuntano i manuali dell’esercito americano

L’esercito russo avrebbe trovato dei manuali dell’esercito americano (in lingua inglese e ucraina) all’interno della base del battaglione “Azov” vicino a Mariupol. A riportare la notizia un corrispondente dell’agenzia di stampa russa “Ria Novosti”.

https://www.iltempo.it/esteri/2022/04/22/news/mariupol-caduta-oggi-battaglione-azov-manuali-addestramento-esercito-americano-base-ucraina-31311268/

Mentre la Russia punta al controllo del Donbass e dell’Ucraina meridionale, in modo da creare un corridoio di collegamento con la Crimea, e la situazione resta drammatica nella città portuale di Mariupol, il ritrovamento clamoroso all’interno della base ucraina è destinato a far discutere.

I manuali sarebbero serviti, in particolare, all’addestramento militare e all’intelligence. L’esercito russo ha spiegato che l’ordine era distruggere i documenti se non si potevano portare con sé, ma i combattenti dell’Azov non hanno avuto il tempo di farlo quando hanno lasciato le loro posizioni. I manuali indicherebbero infatti che devono essere smaltiti in modo da impedirne il recupero.

FONTE: https://www.iltempo.it/esteri/2022/04/22/news/mariupol-caduta-oggi-battaglione-azov-manuali-addestramento-esercito-americano-base-ucraina-31311268/

 

 

 

CULTURA

PROFETI, OLIGARCHI E SPIE

Profeti, oligarchi e spieQuesto libro è ricco di informazioni distribuite in trecentodieci pagine fitte di dati e di ragionamenti. Franco Bernabé ha ricoperto una vertiginosa serie di incarichi che la casa editrice definisce “attività imprenditoriali”. Il testo è rigorosamente allineato al mondo americano di cui descrive con dovizia di particolari un enorme predominio mondiale sempre più contestato dall’affacciarsi di altri attori mondiali. L’altro autore è Massimo Gaggi, giornalista di punta del Corriere della Sera che è una delle testate allineate con il pensiero progressista, sostenibile che ha abbracciato la causa globalista eclissando i temi del lavoro e dei diritti sociali un tempo patrimonio fondamentale delle sinistre sociali.

Il libro inizia considerando veritiera la cosiddetta invasione del Campidoglio di Washington attuato da un variopinto gruppo di assalitori, alcuni dei quali con elmetti cornuti e ampiamente coperti di strisce dipinte, come nei peggiori film della serie western alla John Wayne. Nessuno dei due ha pensato di dire che la Casa Bianca è protetta da un corpo di guardia composto da ex forze speciali e di oltre trecento effettivi interni, duemila esterni, satelliti, droni, elicotteri in cielo 24 ore su 24, rilevatori ambientali, guardie sparse in tutte le strade adiacenti in tenuta anonima, decine e decine di furgoni civetta per l’ascolto di tutti i cellulari attivi in un raggio di dieci chilometri intorno all’edificio presidenziale, spazio aereo sovrastante totalmente inibito a qualsiasi velivolo. La presenza di un tale dispositivo di difesa rende del tutto priva di credibilità la narrazione coreografica degli invasori pittati e cornuti prontamente ripresi da centinaia di fotografi ed operatori video che si trovavano tutti “casualmente” sul posto prontissimi a registrare lo sviluppo dell’irruzione all’interno di un Campidoglio totalmente privo di efficaci difese.

Il testo non manca di riportare diligentemente che il ceto medio è scomparso, che Donald Trump è definito un “anomalo”. Una definizione attribuita a coloro che non sono allineati ai canoni del liberalismo irrogato dall’alto dalla dottrina dei Dem. All’interno di una complessa panoramica geopolitica, il testo fa sapere che la Turchia ha interrotto il suo percorso “laico” presupposto fondamentale per il suo ingresso nella Nato. Il libro afferma che Clinton è un vero e proprio neoliberista, che ha staccato la sinistra Usa dalla teoria sociale per traghettarla verso la dottrina della globalizzazione sostenuta dallo sviluppo di tecnologie senza controllo. Il suo epigono inglese Tony Blair costruisce una “terza via” che distrugge l’eredità sociale del Novecento e del new deal ipotizzando un mondo senza legami, più libero e accessibile per tutti. Le tecnologie a sostegno di questo teorema ha di fatto aperto la strada ai servizi segreti per l’uso di internet e alla delineazione di forme di controllo sempre più invasive, dalla intercettazione totalitaria al riconoscimento facciale, fino all’approdo di tecnologie operanti in piattaforme di intelligenza artificiale.  Il Great Firewall si traduce nel controllo elettronico totalitario edificato con la scusa della lotta al terrorismo. Il Patriot Act regolamenta la lotta ad un nemico invisibile.

Il testo procede ad una ottima descrizione della profonda trasformazione del lavoro manifatturiero spostato in Cina creando disoccupazione in Occidente. La precarizzazione ha posto la vita umana sotto ricatto permanente rafforzato anche dall’isolamento prodotto dal lavoro a distanza dentro quattro mura domestiche. La precarizzazione ha frantumato qualsiasi forma di contatto sociale, ha eliminato eventi assembleari dove l’unione fa la forza, ha eliminato la cooperazione che sostiene le azioni sindacali e le forme di dissenso collettive. La speculazione finanziaria senza controlli incisivi ha eliminato la classe media che assicurava un buon funzionamento dell’ascensore sociale. La speculazione finanziaria ha consentito il massiccio spostamento della ricchezza concentrandola nelle mani un’aristocrazia venale pari all’uno percento della popolazione. La pandemia, della quale il libro non accenna dubbi sulle modalità della sua apparizione, è stato un ulteriore fattore di disintegrazione sociale, con risvolti negativi sulla capacità cognitiva di un’ampia parte della popolazione impaurita dalla più alta concentrazione di comunicazione stampa-video-internet mai esistita prima d’ora.

Viene fatto presente che è in corso l’affermazione di una diversa visione occidentale del mondo secondo i canoni dettati dal Wto – World Trade Organization. Un nuovo ordine mondiale sostenuto da una tecnologia che ha riunito il potere gestionale nelle mani di una minoranza creando una concentrazione di potere mondiale mai visto prima nella storia. I dubbi sollevati sulla efficacia “sociale” di questo assetto elitario sono etichettati come complottismo populista creando steccati ideologici che eliminano la possibilità di delineare un percorso condiviso. Non viene enfatizzato il fatto che tale “visione del mondo” non è condiviso da Cina, Russia, India ed altre centinaia di nazioni. È sottotono il fatto che una rilevante parte del mondo si riconosce sempre meno in tale disegno mondiale.

Molto accurata l’analisi di un monopolio tecno-finanziario per troppo tempo senza controllo che si appoggia a forme subdole di controllo come la guerra elettronica, le monete digitali ancora fuori dal controllo e dalla regolamentazione delle banche centrali, dalla videosorveglianza mediante il riconoscimento facciale e la misurazione dei comportamenti individuali con punteggi che vengono decurtati da una iniziale dotazione attribuita ad ogni cittadino: creazione di esseri umani numerabili e punibili con sanzioni monetaria prima e con obbligo di internamento in centri di rieducazione e di condizionamento comportamentale. I comportamenti sono rilevati dalla presenza di milioni di telecamere in ogni angolo delle città occidentali e cinesi in particolare.

Alla tribalizzazione della società contribuiscono sempre di più il Digital twins, le chatGpt, la Open A.I., il Metaverso, ecc.. Piattaforme gestite da tecno-oligarchie senza controllo da parte dei sistemi politici occidentali. Si stanno creando universi digitali che riducono il tessuto sociale ad un insieme di circoli, di bande urbane costrette a vivere in città da “Quindici Minuti”. Tutto questo accade dimenticando come era la vita prima della rivoluzione digitale.

La robotica e il digitale hanno apportato miglioramenti nelle prestazioni erogate dai settori tradizionali e provocheranno enormi contrazioni nel numero di occupati con l’allargamento del fenomeno degli espulsi dai cicli produttivi. Gli autori affermano che senza una Ict regolamentata, non ci sarà alcun contributo allo sviluppo culturale, occupazionale e sociale dell’umanità, consentendo una vistosa e rapida concentrazione di ricchezze a spese di una popolazione spogliata di tutto a partire dai beni di proprietà.

Infine, gli autori fanno giustamente notare che la delocalizzazione della produzione di dispositivi elettronici costituisce un elemento di criticità strategica aggravato altresì dalle difficoltà legate alla raccolta di materie prime concentrate in aree geopolitiche instabili. Problemi che potevano essere gestiti razionalmente tempo prima ma che invece sono stati valutati secondari rispetto al conseguimento ossessivo di utili trimestrali anche a costo di creare danni ambientali, umani perché tali materiali sono raccolti a mani nude da bambini che muoiono dentro cave a cielo aperto, una conseguenza, questa, che viene ignorata dalle correnti di pensiero ecologista, sostenibile, globale.

Il libro di ben 309 pagine si articola in tredici densissimi capitoli ricchi di informazioni e di spunti di riflessione. Il volume è forse troppo orientato sulle tecnologie realizzate sul campo angloamericano. Si tratta di una scelta ideologica. Il testo certifica il fatto – molto pericoloso – che l’Occidente conosce pochissimo i risultati delle ricerche russe e cinesi nel campo dell’avionica, delle tecnologie informatiche, nelle ricerche matematiche molto avanzate e quelle in campo spaziale. Le forme di comunicazione di Cina e Russia sono totalmente diverse dalle rumorose ed hollywoodiane strategie di marketing angloamericane. Sono popoli che parlano poco ma agiscono molto. Criminalizzarli e sottovalutarli è un errore che l’Occidente pagherà molto caro.

Sarebbe stato utile e necessario comunicare con questa parte di mondo sempre più rilevante invece di etichettarla come un nemico da sterminare e da abbattere al più presto.

L’indice analitico ampio e ben curato consente di fare ricerche e percorsi personalizzati di lettura

Franco Bernabé, Massimo Gaggi, Profeti, oligarchi e spie, Feltrinelli, 2023, pag. 309, 22 euro

FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2023/05/13/manlio-lo-presti_franco-bernabe-massimo-gaggi-libro-profeti-spie-oligarchi/

 

 

“Scrivere a mano accende il nostro cervello

ma non dite ai bambini di scrivere come vogliono. Ecco perché”. A confronto con la grafologa dell’età evolutiva, Giorgia Filiossi

Di Vincenzo Brancatisano – 11 05 2023

“Una cosa che riscontro molto e che mi fa arrabbiare è che nella scuola primaria molti insegnanti dicono ai bambini: scrivete come volete. Il fatto è che questo crea una gran confusione nei bambini, che non sono in grado di valutare ciò che è importante fare e scelgono quello che sembra più semplice. Se vengono date delle indicazioni fin dall’inizio possiamo avere invece una scrittura funzionale”.

La netta presa di posizione della grafologa Giorgia Filossi prende le mosse dalla nostra intervista al professor Piero Crispianiprofessore onorario all’Università di Macerata e professore straordinario Link Campus University di Roma, da anni uno dei più convinti assertori dell’indispensabilità del corsivo per la formazione completa dell’individuo. Crispiani nell’affermare l’importanza dello scrivere in corsivo aveva aggiunto, in coda all’intervista, che “basta dare fogli e penne e far scrivere senza curare – all’inizio – la grafia, ma il senso, la destinazione, ovvero la base della umanità stessa e della cultura”, dando in parte l’idea che sia sufficiente far scrivere liberamente in corsivo, abbracciando una posizione spontaneistica, insomma lasciando ai bambini la libertà di scrivere come vogliono. “E’ una posizione che io non condivido”, ci spiega Giorgia Filossi: “Imparare a scrivere – precisa – è un apprendimento complesso che necessita di precise indicazioni”.

Giorgia Filiossi vive a Modena. E’ grafologa dell’età evolutiva e giudiziaria, educatrice del gesto grafico e rieducatrice della scrittura. Lavora come libera professionista, ha uno studio nella città geminiana, collabora con “Progetto Crescere” di Reggio Emilia, e in generale con scuole e associazioni culturali ed educative. Si occupa di bambini e ragazzi con difficoltà grafomotorie o disgrafie accompagnandoli in percorsi individuali di educazione e rieducazione del gesto grafico e della scrittura. Organizza e conduce corsi di formazione per insegnanti delle scuole d’infanzia, primarie e secondarie e laboratori per gli studenti. E’ docente di Educazione del gesto grafico alla scuola di grafologia “Arigraf Milano”. E’ consulente peritale di studi legali e promuove attività di orientamento per studenti e insegnanti delle scuole secondarie. E’ pure referente regionale per l’Emilia Romagna del Cesiog che ha tra i suoi obiettivi primari la costituzione di un albo per i grafologi e il riconoscimento del rieducatore della scrittura come professione sanitaria.

“La scrittura manuale – spiega Giorgia Filossi – è frutto dell’interazione tra sistema nervoso, sensoriale e motorio. L’uso della mano mantiene in forma il cervello: l’esercizio quotidiano della scrittura rafforza le aree cerebrali tanto che l’attività grafica è consigliata anche per rallentare gli effetti dell’invecchiamento cognitivo”. Una bella scommessa nell’epoca dei computer e delle tastiere. “Scrivendo a mano impariamo di più e più rapidamente. Ma non ne farei una battaglia ideologica tra mano e computer”, dice. “Preferisco soffermarmi sui tanti vantaggi della scrittura. I bambini, per esempio, imparano a leggere meglio se contestualmente viene insegnato loro a scrivere. Una parola scritta viene memorizzata e riconosciuta facilmente, cosa che non avviene digitandola soltanto. Vale anche per gli adulti. Nel prendere appunti, per esempio, selezioniamo le informazioni e le trascriviamo con parole nostre elaborandole in maniera personale. Scrivere a mano ci aiuta anche a sviluppare creatività e capacità di sintesi, a migliorare l’autocontrollo e la gestione delle emozioni”.

Il problema, secondo la professionista emiliana, riguarda soprattutto bambini e ragazzi. Esistono dei criteri ben precisi per stabilire se una scrittura va rieducata: la scarsa leggibilità, la poca fluenza e rapidità e, in alcuni casi, anche l’insorgere di dolori e affaticamento: “Credo – aggiunge – sia non più differibile la formazione specifica del personale educativo, a partire almeno dalla scuola dell’infanzia, per dare ai bambini quel patrimonio fondamentale di abilità e competenze che costituiscono i cosiddetti pre-requisiti. Alla scuola primaria, poi, andrebbe dedicato più tempo all’apprendimento del gesto grafico ad oggi sottovalutato rispetto ai contenuti linguistici.

Imparare a scrivere non avviene spontaneamente, ci vuole tempo, pazienza, gradualità e una didattica corretta, aspetti oggi molto trascurati. A scuola si scrive poco. Mancano direttive chiare che favoriscano approcci corretti e univoci. Dispensare un bambino dallo scrivere oltre che penalizzante per la sua crescita è spesso inutile: noi professionisti del gesto grafico siamo al servizio di famiglie e scuole per accompagnare e dare le corrette informazioni. Non possiamo delegare ad un tablet, uno smartphone o un pc tutta la nostra attività mentale. Cogliamo il senso di un calcolo aritmetico se lo facciamo a mente, cosa che non avviene utilizzando la calcolatrice.

Usare il correttore automatico riduce la consapevolezza dell’errore ortografico. Abusare del copia e incolla ci priva della capacità di ragionare su ciò che stiamo scrivendo. Questo vale a maggior ragione nei bambini perché influisce negativamente sul cervello in piena evoluzione, finendo per provocare difficoltà di attenzione, di memoria, di concentrazione, ansia e generale declino delle capacità di apprendimento. Scrivere a mano accende il nostro cervello molto più che digitare sulla tastiera: scrivendo su carta, gli occhi e i movimenti della mano seguono la creazione della lettera. Il corsivo è un carattere sviluppato per correre sul foglio con fluidità grazie a collegamenti che favoriscono il pensiero consequenziale.

E’ l’unico carattere realmente personalizzabile perché si impregna di tutti i vissuti e gli stati d’animo, rappresentando in maniera unica e irripetibile gli aspetti intellettivi e caratteriali dello scrivente. Lo stampatello, invece, è lento e spersonalizzato perché i tratti grafici richiedono continui stacchi della penna dal foglio.Ci sono tanti modi per mantenere viva e attiva la nostra abilità scrittoria. L’importante è non privarci del piacere di scrivere: lettere, appunti, note, scarabocchi, disegni. Non deleghiamo tutto ad un computer, ma difendiamo la prerogativa di distinguerci anche attraverso il gesto grafico”.

Dottoressa Giorgia Filossi, lei non condivide l’idea che il bambino debba essere lasciato libero di imparare a scrivere in corsivo in maniera spontanea, senza regole. E’ così?

“Non condivido quando si afferma che sia sufficiente far scrivere in corsivo abbracciando una posizione spontaneistica, perché imparare a scrivere è un apprendimento complesso che necessita di precise indicazioni. Il professor Crispiani, che conosco, avendo seguito vari seminari, ribadisce questo concetto, ma nella parte finale dell’intervista fa capire che è importante che i ragazzi scrivano indipendentemente dal fatto che debbano seguire una metodologia. Io mi trovo in contrasto con questa tesi. Per il percorso duale che ho fatto, sia di studio, sia di rieducazione della scrittura, io vedo che la didattica è fondamentale, perché la scrittura si può personalizzare”.

Ci faccia capire meglio

“La scrittura attraversa tre fasi fondamentali. La prima è la pre-calligrafica, che è dedicata all’apprendimento, segue il modello presentato a scuola e dura i primi due anni. Poi c’è la fase calligrafica in cui il bambino sperimenta il modello, si rafforza e diventa sempre più abile, tanto che in virtù di questo passa alla fase post-calligrafica. Se però nelle fasi precedenti ci sono stati degli intoppi, cioè se il modello non è stato acquisito, se non sono state superate quelle difficoltà, allora non si riesce a passare alla fase della personalizzazione, perché le difficoltà non consentono l’automatizzazione della scrittura perché nel momento in cui la scrittura è automatizzata non pensiamo più a come eseguiamo i grafemi, in quel momento la nostra scrittura si impregna degli aspetti emotivi individuali della persona, segue un percorso neurologico nuovo, diventa una scrittura capace di esprimere la personalità dell’autore”.

Un po’ come nella lettura?

“No. Mentre la lettura è un apprendimento che può avvenire spontaneamente, qui questo non succede: qui ci vuole un insegnamento, che significa dare delle regole di esecuzione che riguardano il punto di partenza, la direzione, i collegamenti tra le lettere e dove eseguire gli stacchi. Tutto questo però va fatto secondo un criterio, altrimenti, se lasciato al caso, succede che la scrittura viene eseguita come se si trattasse di un disegno. Solo se diamo delle regole iniziali possiamo ottenere poi una scrittura funzionale. Che non significa bella. Significa scorrevole, significa avere una scrittura che non crea fatica, che non crea dolore in chi scrive, che sia leggibile”.

Le scuole, secondo lei, sono consapevoli di questa necessità?

“Una cosa che riscontro molto e che mi fa arrabbiare è che nella scuola primaria molti insegnanti dicono: scrivete come volete. Ma questo crea una gran confusione nei bambini, che non sono in grado di valutare ciò che è importante fare ma scelgono quello che sembra più semplice. Se vengono date delle indicazioni fin dall’inizio possiamo avere una scrittura funzionale”.

Ci sono però dei bambini che presentano evidenti difficoltà

“E’ vero, ci sono dei bambini che hanno delle oggettive difficoltà. Ma a quel punto, quando sono stati individuati, abbiamo ripulito il quadro facendo una netta distinzione tra quelli che hanno una didattica corretta e hanno imparato e quelli che nonostante la didattica corretta hanno delle difficoltà. In questi casi è doveroso fare una valutazione di disgrafia, perché significa che il bambino ha delle caratteristiche a livello neurobiologico che rendono difficile raggiungere un livello funzionale di scrittura”.

E a quel punto quanto si può fare per questi bambini?

“Diciamo che oggi ci sono moltissimi bambini che hanno difficoltà. Ci sono quelli che non hanno avuto una didattica adeguata – aggiungiamoci anche i problemi causati dal Covid – e poi ci sono quelli che hanno delle difficoltà che sono superabili. Con tutti si riesce ad avere risultati, ma alcuni non riusciranno ad avere una scrittura funzionale nonostante i miglioramenti. Questi avranno bisogno di un’attenzione diversa e misure dispensative e compensative”.

Quanto conta avere frequentato la scuola giusta, da questo punto di vista?

“Io vedo una differenza tra bambini che hanno avuto la fortuna di fare un percorso scolastico buono – e in questo caso si vede che il bambino ha una buona gestione dello spazio del foglio, adotta delle direzioni funzionali nello scrivere – e bambini che sono completamente disorientati del tutto. Che non si sanno muovere nello spazio del foglio. Ad esempio non rispettano le righe e i quadretti, con il risultato di avere un foglio molto confuso. Il sapersi muovere male nello spazio del foglio ha sempre come corrispettivo una difficoltà di muoversi nello spazio in cui ci si muove normalmente”.

Che cosa vuol dire?

“La partenza dell’apprendimento dovrebbe partire nella scuola dell’infanzia, con il muoversi nell’ambiente circostante come prerequisito per muoversi sul foglio”.

Lo si fa?

“Lo si fa in maniera poco consapevole. Si fanno tante attività casuali e non sempre consapevoli. Ma il lavoro che si fa all’infanzia è fondamentale per poter lavorare bene alla primaria. Prendiamo ad esempio il problema dell’impugnatura: questo è un aspetto che non viene considerato, e invece andrebbe impostato già dalla scuola dell’infanzia, ma non solo insegnando al bambino come si fa ma facendo fare attività che gli rendano naturale impugnare in maniera corretta, si apprende attraverso l’esperienza”.

Lei ritiene che occorra iniziare a scrivere nell’età della scuola dell’infanzia?

“No, a quell’età occorre creare i prerequisiti per arrivare alla scuola primaria con un bagaglio valido, in modo che diventi più semplice. Invece oggi i bambini non sanno più usare le mani perché nel frattempo non giocano fuori, fanno giochi tecnologici e tocca poi a chi fa rieducazione farglieli fare. Occorrere praticare giochi di manipolazione che rendano le mani più abili, fare dei nodi o anche semplicemente strappare lo scotch con le dita ma non lo sanno fare. Il bambino inoltre viene spesso imboccato dalle mamme. E invece è importante imparare a impugnare correttamente una posata. Se non s’insegna a impugnare bene una posata un bambino non saprà impugnare una matita. Un po’ il genitore si sostituisce al bambino per motivi di fretta o di timore, i genitori sono apprensivi e questo fa sì che il bambino sperimenti sempre meno cose”.

Servirebbe una cultura diffusa su questi temi

“Come associazione professionale dei grafologi, il Cesiog, stiamo lavorando sul fronte dell’informazione ai docenti e ai genitori. E anche sul fronte del lavoro di rieducazione della scrittura. La nostra è una professione spesso sconosciuta mentre ci sarebbero le possibilità di recupero di tante difficoltà evitando tante diagnosi di disgrafia, che invece lievitano. Dopo la diagnosi di disgrafia spesso si dice: scrivete come volete, usate il pc…Tante volte sarebbe sufficiente invece fare un recupero e un potenziamento della scrittura e ci sarebbero meno costi sociali perché appena ci sono delle difficoltà vengono attivate le visite presso la Neuropsichiatria.

Ma anche in quell’ambito la nostra figura non viene riconosciuta e allora che succede?”

Che cosa succede?

“Il bambino viene visitato da uno psicologo, viene fatta la diagnosi ma la figura non solo non viene coinvolta ma nemmeno viene suggerita. La professione viene riconosciuta, certo, ma non è vista come una professione sanitaria. La nostra associazione da anni si batte perché venga istituito un albo dei grafologi, mentre in altri ambiti come quello forense la professione è riconosciuta e apprezzata”.

Il tutto si inserisce in un’epoca che vede come protagonisti i pc, le tastiere, gli schermi, le tecnologie sempre più sofisticate…

“E’ ovvio che l’utilizzo del pc è per tutti fondamentale, ma questo non significa che il pc debba sostituire la scrittura. Il fatto è che dobbiamo far usare meno schede, meno penne cancellabili e dobbiamo invece fare usare strumenti più idonei. Nella scuola dell’infanzia ci vogliono meno pennarelli perché non aiutano a imparare la gestione della pressione e l’accuratezza del gesto. I bambini colorano senza stare attenti al rispetto dei bordi: con degli strumenti più idonei si sarebbe un aiuto maggiore ai bambini anche perché alla primaria non ci sono indicazioni sui quaderni da usare, nel senso che ci sono insegnanti che insegnano lo stampato sulla riga e il corsivo nel quadretto perché non ci sono delle direttive”.

All’università queste cose vengono insegnate?

“All’università non ci sono esami che riguardino la didattica della scrittura e questo ce lo dicono le insegnanti che sono preparate sul tema”.

Proviamo a dare un paio di consigli utili ai genitori

“Innanzitutto occorrerebbe dare ai bambini l’opportunità di fare le cose da soli in funzione dell’età. Un bambino deve imparare ad allacciare le scarpe con gradualità, diamo il tempo di mangiare da soli, di infilare il bottone nell’asola, ci sono tanti giochi che sviluppano anche l’intelligenza, anche il gioco della palla va bene, occorre insegnare al bambino a diventare via via più autonomo. Pelare la frutta sarebbe importante ma non so quanti bambini lo sappiano fare. Certo è che nel momento in cui un bambino si sa muovere bene a livello spaziale nel proprio ambiente, acquisisce la capacità di sapersi muovere nei testi che legge e nello studiare in maniera più efficace”.

FONTE: https://www.orizzontescuola.it/scrivere-a-mano-accende-il-nostro-cervello-ma-non-dite-ai-bambini-di-scrivere-come-vogliono-ecco-perche-a-confronto-con-la-grafologa-delleta-evolutiva-giorgia-filiossi/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Il “controllo” dei servizi britannici sulla guerra in Ucraina

Dall’inizio della guerra in Ucraina, l’intelligence britannica ha assunto un ruolo di primo piano. Il Washington Post ha recentemente puntato i riflettori sulle iniziative social della Difesa e dei suoi servizi segreti, ricordando come da metà febbraio sia ormai costante vedere tweet da Londra che spiegano le dinamiche sul campo, riferiscono di informazioni sensibili un tempo taciute o che anticipano quanto potrebbe accadere sulla linea del fronte.

Una dinamica social del tutto innovativa, specialmente per quello che è noto come essere uno dei più radicati e potenti servizi del mondo. E in tanti si interrogano sui motivi di una svolta che rappresenta un unicum nella storia dell’intelligence. Come ha spiegato sempre al Washington Post Jonathan Eyal del think tank Rusi, di base c’è l’idea che per sconfiggere la Russia nel campo dell’informazione, campo di battaglia di una guerra anche psicologica, è opportuno non lasciare spazio agli avversari nemmeno nell’etere. E per questo si punta sul rivelare informazioni prima che i servizi russi possano in qualche modo sfruttarle a proprio vantaggio rovesciandone l’interpretazione. Il quotidiano americano ha sentito anche Rory Cormac, uno dei più importanti esperti sui servizi di Sua Maestà, che ha parlato di “cambiamento culturale enorme”, che conferma dunque in modo cristallino l’importanza della guerra dell’informazione al punto di sfondare anche la barriera psicologica della propaganda.

Quello che però è fondamentale comprendere all’interno di questo meccanismo “culturale” è che dietro all’iniziativa dei servizi inglesi c’è qualcosa che va al di là della semplice “invasione social”. Innanzitutto, con lo sdoganamento informativo dei servizi britannici, Londra ha fatto capire di essere al centro dei giochi della guerra. Già in una prima fase, soprattutto prima che Vladimir Putin desse avvio alla sua “operazione militare speciale”, l’intelligence Usa e Uk avevano ampiamente rilanciato l’allarme sulla possibile invasione del Paese da parte delle forze russe. Allarme che era stato per certi versi sottovalutato dagli europei, i “continentali”, e che aveva in qualche modo anche palesato una divergenza di vedute tra Stati Ue e atlantici. La storia ha poi dato ragione allo zoccolo duro della Nato, quello di Londra e Washington, ma il Regno Unito ha più volte fatto intendere che quel tipo di approccio non sarebbe cambiato nelle fasi successive della guerra. Il premier Boris Johnson ha più volte mostrato un’intransigenza ben marcata nei confronti di Mosca e della guerra e non ha mai fatto mistero di volere sostenere Kiev a ogni costo, al punto che qualcuno, anche interno alla Nato, ha sostenuto di recente che vi fossero dei governi che non volevano un accordo di pace. La Gran Bretagna si è imposta, infatti, quale migliore alleato degli Stati Uniti e quale garante all’interno della Nato degli interessi del fronte atlantico. E questo si è reso evidente anche con il continuo flusso di armi giunto dai territori di Sua Maestà verso i combattenti ucraini.

Quello che può apparire come un tema slegato dalla presenza “social” dei servizi britannici è in realtà molto più unito di quanto si possa credere. Perché questo approccio informativo degli “007” giunge in una fase di estrema vicinanza di Londra alle istanze atlantiche e a quelle ucraine e a una rinnovata voglia di centralità inglese nelle dinamiche internazionali. Le principali agenzie di intelligence di Londra appaiono perfettamente in linea con la svolta atlantista e quasi bellicista sancita da Johnson. E questo conferma la piena aderenza del Regno al “serrate i ranghi” chiesto da Joe Biden a tutti i Paesi membri dell’Alleanza Atlantica.

A questo profilo politico internazionale, si aggiunge poi la capacità che vuole dimostrando l’intelligence del Paese in questo rinnovato spirito “imperiale”. Le agenzie stanno continuamente mostrando proprie capacità di bucare la rete di sicurezza degli avversari russi. Negli aggiornamenti quotidiani resi pubblici attraverso i social network, i britannici sembrano in grado anche di anticipare le decisioni dei comandi di Mosca. L’ultimo bollettino dei servizi spiegava che sul fronte di Mariupol “un assalto di terra russo completo all’acciaieria costerebbe probabilmente perdite significative ai russi, diminuendo ulteriormente la loro complessiva efficacia nei combattimenti” perché le truppe russe “stanno ancora soffrendo per le perdite subite nelle fasi precedenti del conflitto” tanto che “per provare a ricostituire le loro depauperate forze, sono giunti a trasportare l’equipaggiamento inutilizzabile in Russia per le riparazioni”. Johnson, in visita in India, ha detto che è “realistico” che la Russia vinca e che la guerra duri fino al 2023. “Putin ha un esercito enorme”, ma “una posizione politica molto difficile perché ha fatto un errore catastrofico. L’unica opzione che ora ha davvero è quella di continuare a usare il suo approccio terribile, pesante per cercare di sfiancare gli ucraini. Ed è molto vicino ad assicurarsi un ponte di terra a Mariupol”, ha detto il primo ministro. Una frase che confermerebbe una conoscenza molto precisa delle dinamiche del conflitto.

Tutto questo naturalmente non è sfuggito ai russi, che anzi sfruttano questa predisposizione britannica nel parlare di quanto accade tra Mosca e Kiev e nei territori in conflitto per ribadire l’accusa che da tempo fanno nei confronti di Volodymyr Zelensky e del suo governo, cioè che siano in realtà pedine in mano ai segmenti più intransigenti della Nato. Come ricorda il Washington Post, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha accusato l’Ucraina di essere “sotto la guida dei servizi di intelligence britannici di grande esperienza”. E questo indica che l’approccio metodico e quasi invasivo di Londra stia in qualche modo facilitando anche la narrazione russa della guerra. A tal proposito, non va ad esempio dimenticato il nodo della cattura di due cittadini di Sua Maestà, Shaun Pinner e Aiden Aslin, avvenuta proprio a Mariupol da parte dei militari di Mosca. Il governo russo ha garantito il trattamento umanitario “proprio come gli altri stranieri che si sono arresi o sono stati catturati”, Johnson ha detto che non sono mercenari e ha chiesto al Cremlino di negoziare il rilascio. È chiaro però che molti ritengono sia un sentore di un radicamento profondo dell’intelligence e della sua rete di informatori.

FONTE: https://it.insideover.com/guerra/il-controllo-dei-servizi-britannici-sulla-guerra-in-ucraina.html

 

Scandali anche italiani …. dal Russiagate ad oggi
Il rapporto del procuratore speciale John Durham, nominato dal ministro della giustizia durante l’amministrazione Trump, conclude dichiarando che “l’FBI non avrebbe mai dovuto avviare il ‘Russiagate’.
L’inchiesta giudiziaria, giornalisticamente denominata Russiagate, nacque a causa di sospette ingerenze da parte della Russia nella campagna elettorale per  le elezioni presidenziali negli Stati Uniti del 2016 che terminarono con la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton.
Le indagini furono, in una prima fase, condotte dal procuratore speciale Robert Mueller, già direttore del FBI, ove fu nominato da Bush e confermato da Obama, che il 16 febbraio 2018 pubblicò il documento di imputazione contro 13 russi e tre organizzazioni che ebbero, secondo il procuratore, un ruolo.  I reati ipotizzati furono spionaggio a favore di potenze estere e tradimento dello Stato. Il regista occulto, secondo la stampa americana ed internazionale, era Donald Trump.
L’inchiesta si concluse con il rapporto finale reso noto il 24 marzo 2019 in cui venivano esplicitamente denunciati presunti collegamenti tra la campagna elettorale di Donald Trump e la Russia. Fatto che veniva dedotto dalla trascrizione di intercettazioni telefoniche, le cui bobine venivano secretate, compiute dal FBI.
Trump parlò immediatamente di caccia alle streghe ma, nel frattempo, dovette vedere indagati addirittura il suo consigliere per la sicurezza nazionale, generale Michael Flynn, e il suo legale Michael Cohen. Entrambi si addossarono colpe davanti al Congresso. Oggi capiamo che lo fecero per proteggere la presidenza Trump da calunniose ed infamanti colpe che, sempre oggi, sappiamo essere totalmente false tanto che sia il generale che l’avvocato sono stati integralmente riabilitati.
Accuse che oggi sono state cancellate appunto, dopo che sono emersi i comportamenti fraudolenti nell’indagine del FBI che ha stravolto il contenuto delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche dei due indagati delineando, in questo modo, una regia di Trump per modificare l’esito delle elezioni presidenziali del 2016, elezioni che vinse.
Oggi il rapporto di oltre 300 pagine di Durham, il nuovo procuratore generale non legato al FBI, dichiara che la stessa FBI ha utilizzato “informazioni di intelligence grezze, non analizzate e non corroborate” per avviare “l’indagine su Trump e la Russia, ma ha utilizzato uno standard diverso per soppesare le preoccupazioni sulle presunta interferenze elettorali riguardanti la campagna di Hillary Clinton”.
“Interferenze” che noi “cittadini semplici” tradurremmo con “aiutini”, alla Clinton non a Trump. Malgrado questo nel 2016 I democratici degli Obama, della fondazione Clinton e della famiglia Biden persero.
Nel documento del procuratore si rileva anche che “almeno da parte di alcuni membri del personale più direttamente coinvolto nelle indagini” c’era “una predisposizione ad aprire un’inchiesta su Trump”.
Praticamente dichiara che vi erano servitori dello Stato che volevano quantomeno rallentare ed indebolire  l’azione del presidente Trump e colpire lo stesso presidente in corsa per il secondo mandato alla Casa Bianca.
Nel Russiagate l’Italia è coinvolta almeno a causa del professor Joseph Mifsud, docente maltese della Link Campus di Roma, sparito nel nulla il 31 ottobre 2017.
Con la sua scomparsa rimangono irrisolti un enorme numero di misteri.
Oggi, dopo quanto è emerso negli USA, questo non possono che sperare i “cittadini semplici” italiani, le autorità italiane potrebbero dare motore ad una forte iniziativa giudiziaria che dia risposte chiare sugli intrecci che passano per la nostra Patria nel caso Russiagate.
Chi era Mifsud? Una spia Russa? Oppure un professore che lavorava per qualche servizio di intelligence di un paese NATO?
Il professore è sparito, questo è sicuro, ed ancora non si è capito come abbia potuto farlo dato che era già al centro di questo intrigo internazionale.
Sarà ancora vivo e viene protetto oppure è morto, magari assassinato? Nel caso da chi e perché?
La nostra amata Patria avrebbe tutto l’interesse ad interrogarlo e comprendere quanto il professor Mifsud, nell’aprile del 2016, dichiarò al consigliere di Trump, George Papadopoulos, allorquando disse che “il governo russo possedeva materiale compromettente su Hillary Clinton”.
Materiale che aveva la “forma di mail” disse, parrebbe con dovizia di particolari, lo stesso professore. Utile ricordare che Hillary Clinton con le mail ha una certa tradizione come le dichiarazioni di Assange ed i documenti che lo stesso ha mandato via web in giro dimostrano. In carcere, però, vi è Assange.
Papadopulos, dopo aver parlato con Mifsud, si confrontò con l’Alto Commissario australiano a Londra Alexander Downer, il quale lo riferì alle autorità americane.
Il 31 luglio 2016, da queste dichiarazioni di Mifsud riportate a Londra ad un australiano, iniziarono le indagini dell’Fbi sui “presunti collegamenti fra Donald Trump e la Russia” senza minimamente tener presente che le citate mail erano di Hillary Clinton e non di qualcuno vicino a Trump. Misteri del FBI verrebbe da dire.
Accuse che sono state cancellate dal rapporto del procuratore speciale John Durham.
Fatto che avviene dopo anni e dopo la scoperta che le trascrizioni delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del generale Flynn con un addetto dell’ambasciata della Federazione Russa a Washington compiute dal FBI si sono dimostrate false e fuorvianti. In pratica non riportavano i reali contenuti delle telefonate.
Per completezza i documenti che riportavano quanto dichiarato da Mifsud a Papadopoulos nei loro incontri recitavano che in essi gli stessi “hanno parlato di sicurezza informatica e hacking come un problema più ampio”.
Cyber security che, nel 2020, divenne centrale in un altro intreccio Internazionale che riguarda, ancora una volta, le elezioni presidenziali americane.
Russiagate allora, Italygate nel 2020. Sempre Italia al centro, sempre un professore universitario che rilascia dichiarazioni assai sensibili, sempre agenzie americane coinvolte, sempre Trump che chiede la verità, sempre indagini spostate su binari minori o morti.
Un “cittadino semplice” si chiede a cui prodest in Italia tutta questa “disattenzione” e cosa avverrà in Stati Uniti dopo il passo avanti verso la verità che il rapporto del procuratore speciale John Durham ha permesso di fare.
Nota a margine, in queste ore FOX NEWS ha lanciato una campagna di stampa su presunti fondi che il presidente Biden avrebbe ricevuto da anni regolarmente dalla Cina.
Trump è il grande nemico della potenza asiatica, potenza sempre più presente in Europa e nella nostra Italia.
Noi “cittadini semplici” ci chiediamo se quelle dazioni economiche si dimostreranno vere e se, oltre a Biden e famiglia, altri denari possano essere arrivati anche ad altri importanti politici sia in Stati Uniti e, magari, anche in Italia.
In questo caso, malaugurato caso, le tante omissioni facilmente visibili sul Russiagate e non solo si comprenderebbero molto meglio …. e, almeno questa volta, sarebbero palesemente attuate per limitare quel cattivone di Trump e non per colpa di Trump.
Ignoto Uno
18/05/2023
FONTE:  https://www.ansa.it/sito/notizie/flash/2023/05/15/-procuratore-speciale-fbi-non-doveva-avviare-il-russiagate-_ea4f23b6-32bf-4b11-9053-ae12700d6ec5.html

 

Arma di guerra : la cancellazione della Storia

Tutti ricordiamo bene di come i sovietici facessero sparire personalità storiche, arrivando al punto di cancellarle dalle fotografie ufficiali. Pensavamo che questo accadesse solo sotto le dittature e in epoche di turbolenze. Invece, con nostra grandissima vergogna, è quanto stanno facendo il governo ucraino e, in generale, i governi occidentali.

Nel 1933 i nazisti bruciavano i libri degli autori ebrei o decadenti. Oggi gli Occidentali bruciano le tracce storiche della collaborazione tra nazionalisti integralisti ucraini e nazisti.

Le guerre divampano dal Sudan all’Ucraina. Cresce di conseguenza la spesa militare mondiale. L’Europa ha speso nel 2022 in armi e operazioni militari il 13% in più rispetto al 2021, registrando il più forte aumento da 30 anni a questa parte. La spesa militare annua dell’Italia è salita a oltre 30 miliardi di euro, ossia a una media di oltre 80 milioni di euro al giorno.

Si continua allo stesso tempo a nascondere e mistificare le vere cause delle guerre. Il presidente Biden dichiara che “la tragica violenza in Sudan è inconcepibile e deve finire”. Cancella in tal modo il fatto che, quando era vicepresidente dell’Amministrazione Obama, è stato uno dei principali artefici della strategia statunitense che ha alimentato la guerra in Sudan per spaccare il paese in due parti. Nasceva così nel 2011 lo Stato artificiale del Sud Sudan, in possesso del 75% delle riserve petrolifere sudanesi. Ciò ha provocato l’ulteriore estensione dei conflitti interni e delle ingerenze esterne per il controllo della regione sudanese, importante sia perché è ricca di petrolio, gas naturale, oro e altre materie prime, sia perché ha una posizione geostrategica chiave nel continente africano.

In Ucraina Stati Uniti, NATO e Unione Europea continuano ad alimentare la guerra contro la Russia, fornendo al regime di Kiev crescenti quantità di armi e assistenza militare di ogni tipo. Allo stesso tempo fanno sì che il regime di Kiev cancelli tutto ciò che è russo dall’Ucraina e dalla sua storia. Dopo che Kiev ha decretato di mandare al rogo 100 milioni di libri russi a partire dai classici della letteratura – una pratica analoga a quella del nazismo hitleriano – Zelenski ha firmato una legge che vieta i nomi russi dei luoghi e altri simboli della fondamentale componente russa della storia ucraina. Il loro uso è considerato per legge un “atto criminale” e comporta gravi pene. Zelenski ha inoltre firmato una legge in base alla quale, per ottenere la cittadinanza ucraina, è necessario un esame non solo sulla lingua ma anche sulla “storia dell’Ucraina”. Questa è riscritta da “storici” che esaltano personaggi come Stepan Bandera, collaborazionista del nazismo hitleriano. Nello stesso quadro, la Corte Suprema Ucraina ha decretato nel 2022 che i simboli della Divisione SS Galizia – composta da nazisti ucraini che commisero crimini orrendi – non sono nazisti e possono quindi essere usati quali simboli politici anche nelle manifestazioni. Questa Ucraina il Governo italiano si impegna a “ricostruire” investendovi miliardi di euro sottratti ai cittadini italiani.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article219254.html

 

 

 

RICONOSCIMENTO FACCIALE E VOCALE INCROCIATI CON I SOCIAL NETWORK, TRENTO DIVIENE CAPOFILA NELLA SPERIMENTAZIONE DEL CONTROLLO TOTALE

 

Ce lo aveva annunciato pochi giorni fa il ministro dell’interno Piantedosi ed ecco il riconoscimento facciale e vocale con IA interfacciato direttamente con i social Network per PREVENIRE EVENTUALI REATI DI MICROCRIMINALITÀ.

Con la scusa della sicurezza tracciano qualunque cittadino disvelandoci, finalmente, la vera funzione dei social network.

Le telecamere a intelligenza artificiale serviranno anche per imporre le città 15 minuti individuando gli automobilisti ‘trasgressori’ attraverso il volto e la voce di chi era al volante nell’abitacolo.

Inutile dirvi che siamo pieni di Gatekeeper che fingono di fare controinformazione e che raccontano che il globalismo è stato sconfitto con il fine di impedire che le persone reagiscano a tali follie. Mollateli subito tutti!

Approfondimenti

RICONOSCIMENTO FACCIALE IN ITALIA, IL MINISTRO PIANTEDOSI DICE CHE SI FARÀ

FONTE: t.me/ugof 

 

 

 

DIRITTI UMANI IMMIGRAZIONI 

Accoglienza migranti, anche il Pd adesso punta i piedi

Il sindaco Pd di Modena si è lamentato nuovamente nelle scorse ore del numero di migranti in arrivo in città “con poche ore di preavviso per le istituzioni”, sollecitando un intervento da parte del governo Meloni e dicendosi preoccupato per la sicurezza del territorio

Accoglienza migranti, anche il Pd adesso punta i piedi

Sul territorio modenese stanno arrivando sempre più migranti, per una situazione che avrebbe come ricadute “disagi per le persone e per la sicurezza del territorio”. A (ri)lanciare l’allarme, con queste parole, è stato ieri il sindaco PD Gian Carlo Muzzarelli, a riprova del cambio di rotta attuato ormai da tempo dal centrosinistra sull’argomento. I tempi in cui la sinistra predicava l'”accoglienza indiscriminata” sembrano infatti finiti: anche i “dem”, pur non rinnegando (ancora) in toto le posizioni tradizionalmente assunte sul tema, sembrano essere arrivati a predicare prudenza e a individuare nei flussi di richiedenti asilo e (soprattutto) clandestini il potenziale insorgere di problematiche di ordine pubblico. Nel PD nazionale starebbe poi imponendosi una nuova strategia, che consiste in buona sostanza nell’attribuire colpe e responsabilità al governo Meloni.

“Dimenticando” però le politiche pro-accoglienza adottate in anni e anni di governo proprio dal centrosinistra. E nemmeno il primo cittadino modenese sembra sottrarsi a questa strategia: Muzzarelli aveva già denunciato questa difficoltà lo scorso marzo, con una lettera inviata al Viminale, sollecitando poi il mese scorso l’istituzione di un tavolo d’emergenza volto ad affronare la questione. E in un post pubblicato nelle scorse ore sulla sua pagina Facebook, è tornato alla carica. “A Modena continuano gli arrivi di migranti con poche ore di pre-avviso per le istituzioni locali – si legge nella nota – e senza che sia stato possibile organizzare una rete di accoglienza che possa garantire condizioni dignitose per le persone che arrivano in città. Arrivano in pullman direttamente dalle aree di sbarco, nemmeno dotati dei kit di prima accoglienza. E a volte, con ancora addosso gli abiti usurati del viaggio sui barconi”.

L’esponente dem ha poi ribadito la propria contrarietà al decreto Cutro, chiedendo nuovamente al governo un intervento risolutivo. Richieste accentuatesi dopo l’omicidio di un giovane straniero avvenuto al parco di Novi Sad, con i tre stranieri sospettati dell’assassinio datisi alla fuga. Anche se la sezione modenese di Fratelli d’Italia aveva già ricordato al sindaco le criticità precedentemente evidenziate dal centrodestra e mai prese in considerazione dall’amministrazione. “Prefettura e forze dell’ordine che, insieme agli operatori sanitari dell’Ausl, tanto stanno facendo molti sforzi per affrontare questi problemi – ha chiosato il primo cittadino – ma a volte, nemmeno si conosce la provenienza dei migranti che si è chiamati ad accogliere nel giro di poche ore. Dobbiamo ringraziare le associazioni di volontariato che in molti casi intervengono per ridurre i disagi dovuti a mancanza di generi di prima necessità”.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronaca-locale/accoglienza-migranti-pd-punta-i-piedi-2146543.html

 

“Bomba” migranti su Biden: in migliaia pronti a varcare il confine col Messico

Il presidente Usa Joe Biden avverte che la situazione migranti al confine tra Stati Uniti e Messico “sarà caotica per un po’”. Ecco quali sono i rischi con la fine del “Titolo 42”

Usa, caos al confine: migliaia di migranti attendono di entrare nel Paese

Questo, ovviamente, ha indotto migliaia di persone – circa 10mila – ad ammassarsi al confine tra Stati Uniti e Messico per tentare di approffitare della nuova situazione che si sta venendo a creare. Senza il Titolo 42 in vigore le autorità statunitensi torneranno ad applicare i vecchi protocolli in una fase decisamente critica per l’immigrazione al confine meridionale. Nel frattempo, il presidente Joe Biden mette le mani avanti e avverte che la situazione migranti al confine tra Stati Uniti e Messico “sarà caotica per un po’“.

Cosa sta facendo l’amministrazione Biden

L’amministrazione Biden, in assenza del Titolo 42, sta cercando da settimane di correre ai ripari. Il dipartimento della Sicurezza interna e quello della Giustizia hanno annunciato il febbraio scorso un nuovo regolamento in materia di richieste d’asilo. I migranti che attraverseranno illegalmente il confine con il Messico, e che non abbiano già presentato domanda d’asilo nei Paesi di transito, non potranno più presentare la richiesta alle autorità Usa. Come spiega la Cnn, sebbene vi siano alcune eccezioni, tale regola si applicherebbe generalmente ai migranti che attraversano illegalmente il confine tra Stati Uniti e Messico.

Non si applicherebbe ai minori migranti non accompagnati. Nello stesso periodo, inoltre, il Department of Homeland Security ha diffuso un piano per affrontare la fine del Titolo 42, che include la creazione di ulteriori strutture lungo il confine per esaminare le richieste d’asilo dei migranti, rafforzare i trasporti e introdurre un processo di espulsione accelerato. L’amministrazione Biden ha inoltre deciso di inviare circa 1.500 soldati in servizio al confine, collaborando con le autorità messicane al Messico per tentare di arginare il fenomeno.

 

Che cos’è il Titolo 42

Il titolo 42 è stato introdotto per consentire al governo federale di intraprendere azioni in una situazione di emergenza, tra cui quella “fermare l’introduzione di malattie trasmissibili” nel Paese e bypassare così la normale procedura di controllo delle richieste di asilo.

Sebbene sia in vigore da decenni, è stato ampiamente utilizzato a partire da marzo 2020 dall’amministrazione dell’allora presidente Donald Trump per regolamentare l’immigrazione e rendere più agili e veloci le espulsioni. Questo, appunto, con l’obiettivo sulla carta di fermare la diffusione del Covid-19. Dal 2020, sono stati più di 2 milioni i migranti espulsi da parte della Us Customs and Border Protection al confine meridionale utilizzando proprio il titolo 42. I migranti sono stati rimpatriati nel loro Paese d’origine o in Messico. La dichiarazione di emergenza, nota la Cnn, è stata la base giuridica per l’applicazione alla frontiera del 42.

Troppi migranti. E New York sospende il diritto ad un tetto

La situazione migratoria non preoccupa solo gli stati di frontiera ma anche una metropoli come New York, dove arrivano migliaia di richiedenti asilo ogni gior no. Questo enorme afflusso di prersone ha indotto il sindaco dem Eric Adams, riporta l’agenzia Ansa, a sospendere temporaneamente con un ordine esecutivo una norma che garantisce a chiunque ne abbia bisogno “il diritto ad un tetto” entro la notte stessa e, in caso di una famiglia, il diritto a stanze private con bagno e cucina, evitando assembramenti.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica-estera/migranti-fine-titolo-42-guai-biden-2149663.html

 

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Sempre dalla parte del potere, Cassese è il vero garante del governo

21 05 2023

Il costituzionalista ha legittimato tutte le scelte del governo e continua a offrire consigli a ritmo serrato

(GIULIA MERLO – editorialedomani.it) – La parola preferita di Sabino Cassese è equilibrio: tra poteri dello stato, dentro le istituzioni e nel panorama politico. Meglio ancora se questo equilibrio è in grado di garantirlo lui. E lui – da riserva della repubblica quale viene considerato – lo fa al ritmo martellante di due editoriali a settimana dalle pagine del Corriere della Sera, Sole 24 Ore e Foglio.

Costituzionalista, già ministro e giudice della Corte costituzionale (otre a un elenco di altri incarichi ricoperti) e una parete di saggi pubblicati, a 87 anni compiuti Cassese è tra gli ultimi rappresentanti di quella genìa di garanti della continuità dell’apparato statale.

Equilibrio, infatti, significa continuità: i governi possono cambiare anche con strappi violenti perché queste sono le regole della democrazia, ma sono appunto transeunti. La macchina statale, invece, deve essere capace di prenderne le forme ma senza perdere i suoi connotati neutri, bilanciata tra equilibri interni ed esterni: solo così tutto si regge insieme.

Qualche volta, però, non è solo la burocrazia ministeriale ad aver bisogno del suo nume tutelare, ma anche il governo di turno. E Cassese è sempre stato pronto a svolgere entrambi i ruoli: garante del deep state, con una lista incompilabile di allievi che gestiscono e hanno gestito le poltrone più delicate dentro gli apparanti, ma anche uomo che sussurra ai presidenti del Consiglio e a questa in particolare. Da interprete autentico della linea dell’esecutivo di Mario Draghi, Cassese ha subito trovato nel suo armamentario istituzionale le prospettive più affini al nuovo governo.

DOVE SOFFIA IL VENTO

Eppure all’inizio tra Giorgia Meloni e Sabino Cassese non è scorso un feeling particolare, sebbene i suoi giudizi pubblici su di lei siano sempre stati più che positivi.

È da «trenta e lode», ha detto in una intervista a inizio legislatura. Lei, infatti, non è politica dalla confidenza facile e, diversamente dal leader leghista Matteo Salvini, non ha mai considerato il suo un nome d’area. Era stato infatti Salvini, in un incontro notturno subito svelato dai giornali, a lanciare la sua candidatura al Quirinale come successore di Sergio Mattarella durante i primi giorni di impasse.

Mossa interessante ma maldestra, che subito Meloni aveva allontanato. Pur sensibile al fascino dei poteri neutri come utile fonte di legittimazione, la futura premier aveva preferito puntare su Carlo Nordio perché – come spiegava ai suoi all’epoca – «il centrodestra è maggioranza e deve prima misurarsi su un suo candidato d’area, altrimenti sembra una resa istituzionale».

Eppure, da abile annusatore del vento politico, Cassese aveva iniziato la sua rotta di avvicinamento già nel dicembre 2021. Applauditissimo ospite all’edizione invernare post Covid di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, proprio in quella sede Cassese aveva sottoscritto la proposta presidenzialista del futuro partito di maggioranza relativa.

Oggi, a sei mesi dall’insediamento del primo esecutivo Meloni, Cassese ne è il cantore istituzionale: alterna qualche benevolo buffetto a molte carezze, instancabilmente ne riporta le asperità nei binari di una narrazione istituzionale, silenziosamente lo legittima ma allo stesso tempo si adopera per modellarne gli orientamenti.

Da ultimo, prendendo il timone del passaggio più delicato della riforma istituzionale dell’autonomia con un ruolo di presidente del Clep, il Comitato di 61 esperti per l’individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Inizialmente il costituzionalista era scettico rispetto alla riforma delle autonomie targata Lega, lentamente i suoi giudizi si sono fatti meno severi.

A maggior ragione ora che, per dirla con il ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli, Cassese è «sapiente guida» e «capitano di questa avventura». E pazienza se la nomina voluta da Calderoli ha bruciato sul tempo la collega per le Riforme, Elisabetta Casellati: lei sarebbe comunque pronta ad affidargli anche la guida del tavolo di esperti sul presidenzialismo. E sul fatto che Cassese guiderà non c’è da dubitare.

FASCISMO E UE

Il primo passo del costituzionalista è stato quello di allontanare, già in campagna elettorale, il pericolo che da quelli che sarebbero diventati i partiti d’opposizione veniva più spesso sollevato. Rischio fascismo? «Più che le storie pregresse, credo sia importante che gli italiani riflettano sui programmi», rispondeva Cassese.

E anche dopo il voto è tornato a ribadirlo, invitando gli avversari a «liberarsi del punto di vista fascismo-antifascismo, giudicando il governo per ciò che propone e quello che fa», perché la forza della democrazia è di «aver abituato anche quelli che hanno le loro antiche radici in un regime autoritario».

Pazienza se il governo Meloni nel corso di questi mesi ha dimostrato come per lo meno il concetto di antifascismo non sia stato completamente interiorizzato, tra uscite nostalgiche e reticenze: i governi galleggiano sulla superficie, dietro le porte lavorano i mandarini di Stato. E tra quelli all’opera del governo Meloni molti vengono dalla scuderia degli allievi della scuola Cassese, interpreti del verbo che il costituzionalista piega sulle pagine del Corsera: «una classe dirigente neutrale» che non deve «frenare o sabotare» il governo ma tradurne gli obiettivi in provvedimenti.

Sempre Cassese è stato tra i primi a minimizzare anche i limiti del governo sullo scenario europeo, già al primo discorso da premier di Meloni, in cui ha rinvenuto un «solido orizzonte ideale, una robusta collocazione internazionale e una lunga durata. L’orizzonte ideale è quello della Costituzione. Quanto alla collocazione internazionale, mi sembra che sia stata chiara l’adesione all’Unione europea e all’Alleanza atlantica». E tanto basti ad allontanare qualsiasi rischio, a partire dai rapporti con i paesi del blocco di Visegrád.

PRESIDENZIALISMO

Il vero punto di contatto tra Meloni e Cassese, però, si chiama presidenzialismo. O meglio, la versione che il costituzionalista da sempre sostiene e per cui si è prestato come testimonial, il semi-presidenzialismo alla francese.

Cassese ha sempre ripetuto il conto dei 67 governi in 75 anni di storia repubblicana e non ha mai nascosto la sua invidia per i paesi dal premierato forte. Non si contano le sue interviste da inizio legislatura, che hanno seguito una parabola di avvicinamento lenta ma costante. Prima delle elezioni invitava a riflettere, ma ricordando che «la Costituzione si cambia solo con cautela» e che va gestito il «timore per il tiranno».

A voto concluso, ha definito il presidenzialismo lo strumento per «consolidare i governi» e una riforma simile per comuni e regioni ha dato risultati positivi. Da mesi invece ha iniziato a proporre: «La premier stabilizzi l’esecutivo senza toccare il Quirinale», in modo che la presidenza della repubblica «rimanga garante». Di certo, però, ha allontanato ogni paura di toccare la Carta, «basta farlo nel rispetto delle norme».

Senza scassare il sistema quindi, ma secondo la dottrina Cassese: con equilibrio e continuità. Proprio il Quirinale – simbolo massimo di equilibrio nel rapporto tra poteri dello stato – rischia di essere in vero nodo. Cassese, che al colle più alto ha apertamente aspirato, è cosciente del fatto che con questo governo Sergio Mattarella ha allargato il soffietto dei poteri «a fisarmonica» del suo ufficio.

Nel suo costante sforzo di rimettere in equilibrio i poteri dello Stato non gli è sfuggito come il Colle stia interpretando proprio un ruolo e a gennaio scriveva «se le forze poltiche non imponessero sul Quirinale la gravosa incombenza di prestare attenzione alla stabilità del governo», il presidente «avrebbe molto da fare e non finirebbe per interferire con le decisioni politiche». Tradotto dal cassesiano: in questo panorama politico, Mattarella rischia di diventare l’unico vero capo dell’opposizione al governo.

La vera arte di Cassese però non è suggerire, ma interpretare. Nell’attuale distribuzione delle parti agli ultimi grandi vecchi della repubblica, per se stesso si è ritagliato quella di presidente ombra. Parafrasando un adagio: Mattarella guardi alle opposizioni, che alla maggioranza ci penso io. Anche questo, nell’affresco delle istituzioni secondo Cassese, è equilibrio.

FONTE: https://infosannio.com/2023/05/10/sempre-dalla-parte-del-potere-cassese-e-il-vero-garante-del-governo/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Imran Khan e l’indipendenza del Pakistan

Il Pakistan non fu mai indipendente. È da sempre un giocattolo in mano a Regno Unito e Stati Uniti. Durante la guerra occidentale mossa al regime comunista afghano è diventato una retro-base dei mujahiddin e dei combattenti arabi di Bin Laden. Ma da una decina d’anni un ex campione di cricket fuori dall’ordinario tenta di liberare il Paese, di rappacificarsi con l’India e creare servizi sociali: Imran Khan.

Imran Khan, campione del mondo di cricket nonché ex primo ministro, si batte per uno Stato moderno, più sociale e indipendente.

Ipakistani insorgono contro l’esercito e la classe politica. Ovunque nascono manifestazioni a sostegno dell’ex primo ministro, Imran Khan, recentemente scarcerato, ma oggetto di un centinaio di procedure giudiziarie.

CHI È IMRAN KHAN?

Imran Khan proviene da un’illustre famiglia pashtun. Dal ramo paterno discende da un generale indiano, governatore del Punjab; da quello materno da un maestro sufi, inventore dell’alfabeto pashtu. Studia a Lahore, poi a Oxford, in Inghilterra. Parla saraiki, urdu, pashtu e inglese. È un giocatore di cricket, lo sport più popolare in Pakistan. Nel 1992 è capitano della squadra nazionale che vince la coppa del mondo. Dal 1992 al 1996 si dedica esclusivamente ad attività filantropiche, aprendo con il denaro della famiglia un ospedale per malati oncologici e un’università. Nel 1996 entra in politica e fonda il Movimento del Pakistan per la Giustizia (PTI); nel 2018 è l’unico rappresentante del partito a ottenere un seggio all’Assemblea nazionale.

Imran Khan non è un politico come gli altri. Si riconosce nel percorso di Mohamed Iqbal (1877-1938), padre spirituale del Pakistan, che volle rompere con l’immobilismo religioso dell’islam e intraprendere uno sforzo interpretativo, senza però riuscire a liberarsi da una visione comunitaria e giuridica dell’islam. Imran Khan trova la propria strada solo quando scopre il filosofo e sociologo iraniano Ali Shariati, amico di Jean-Paul Sartre e di Frantz Fanon [1]. Sconosciuto in Occidente, Shariati proponeva agli allievi di valutare i precetti dell’islam applicandoli, conservando solo quelli ritenuti utili. Shariati ha elaborato un’interpretazione dell’islam che affascinava i giovani iraniani; ha protestato contro il regime dello shah Reza Pahlavi e sostenuto l’ayatollah in esilio Ruhollah Khomeini, unanimemente considerato eretico dai religiosi iraniani. Shariati fu assassinato in Inghilterra nel 1977 dalla Savak, la polizia segreta dello shah, appena prima del rientro in Iran di Khomeini: ha ispirato la rivoluzione iraniana ma gli è stato impedito di viverla.

Imran Khan è sunnita, estimatore di un filosofo sciita; vuole modernizzare il Pakistan senza però estirparne le tradizioni religiose, anzi cercando di scegliere e conservare le migliori. Nel Paese che fu il primo al mondo a essere governato dalla Confraternita egiziana dei Fratelli Mussulmani – partito politico settario legato all’MI6 britannico [2] – dimostra straordinarie apertura e tolleranza. Come Ali Shariati, Khan è rivoluzionario nel senso nobile del termine, nonché antimperialista: in tutto il suo percorso politico non ha mai cessato di denunciare il dominio degli anglosassoni sul Pakistan, diventando un assillo per gli imperialisti britannici e statunitensi.

Quando nel 2011 il presidente statunitense Barack Obama sostiene di aver fatto uccidere in Pakistan Bin Laden [3], la classe politica pakistana accusa l’esercito di aver dato asilo al nemico numero uno degli Stati Uniti. In teoria governato da un regime civile, il Pakistan è stato in realtà più volte scombussolato da colpi di Stato militari. Le forze armate, unica istituzione in grado di garantire un’amministrazione efficace, hanno progressivamente assunto il controllo di numerosi settori economici. Durante la guerra d’Afghanistan, l’esercito ha sostenuto per conto della CIA i mujahiddin afghani e, ovviamente, i combattenti arabi di Osama Bin Laden. Per rimettere l’esercito al suo posto, il potere civile organizza il memogate: un memorandum segreto – di cui si fa eco il Wall Street Journal – che l’ambasciata pakistana negli Stati Uniti avrebbe indirizzato al presidente del Comitato dei capi di stato-maggiore statunitense, generale Mike Mullen, affinché intervenga per impedire un nuovo colpo di Stato militare. Imram Khan non si schiera né con le forze armate né con la classe politica: chiede elezioni anticipate. Non crede né alla versione Usa né alla versione delle forze armate, nemmeno a quella dei politici. Conduce una campagna contro la corruzione e la sudditanza agli Stati Uniti, temi che riguardano sia il potere militare sia quello civile. In pochi mesi il partito di Khan esce dall’ombra e i suoi discorsi conquistano il popolo. Nel 2012 vince le elezioni e diventa primo ministro.

UN PRIMO MINISTRO FUORI DAGLI SCHEMI

Ispirandosi al Maometto-capo di Stato, Khan appronta un piano di assistenza sanitaria gratuita in Punjab, apre rifugi per i senzatetto e attua un programma di protezione sociale e di lotta alla povertà.

Khan entra in conflitto con gli islamisti del movimento Tehreek-e-Labbaik Pakistan, che chiedono la pena di morte per i blasfemi. Quando nel 2020 a Parigi viene attaccata la vecchia sede di Charlie-Hebdo e a Conflans-Sainte-Honorine viene decapitato un insegnante, Samuel Paty [4], Khan se la prende con il presidente francese Emmanuel Macron, che giustifica gli attacchi all’islam provocati da questi crimini. Dopo aver negoziato un accordo bislacco con i fanatici del Tehreek-e-Labbaik Pakistan, alla fine li mette fuori legge.

Emblema dell’apertura mentale di Khan è la costruzione del Corridoio di Kartarpur, che permette ai sikh indiani [5] di recarsi in pellegrinaggio al santuario del loro fondatore, Guru Nanak, cinque chilometri all’interno del territorio pakistano. Ma il governo indiano non ricambia la cortesia: non apre a sua volta un corridoio che permetta ai sikh pakistani di raggiugere il santuario di Dera Baba Babak, in India.

Nonostante l’avanzamento del corridoio economico Cina-Pakistan, la situazione costringe Khan a chiedere l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Com’è suo costume, l’FMI esige riforme strutturali neoliberali, che causano un abbassamento del livello di vita e il riemergere della povertà.

Subito dopo l’inizio dell’operazione militare russa in Ucraina contro i nazionalisti integralisti, Khan si reca a Mosca. Va ricordato che, all’inizio della guerra fredda, Stepan Bandera operava con i Fratelli Mussulmani.
Gli Stati Uniti intervengono politicamente in Pakistan per far cadere il governo di Imran Khan. Dopo un primo tentativo fallito, i parlamentari depongono il primo ministro con una mozione di sfiducia.

UN CAPO D’OPPOSIZIONE IMPREVEDIBILE

Imran Khan, in minoranza all’Assemblea ma forte del sostegno della stragrande maggioranza del popolo, diventa il capo dell’opposizione popolare.

A capo del governo gli succede Shehbaz Sharif, fratello dell’ex primo ministro Nawaz Sharif. La dinastia degli Sharif è implicata in molte vicende finanziarie rivelate dai Panama papers. Possiedono molte società off shore, usate per organizzare sistemi di evasione fiscale. Nawaz Sharif ha subìto due condanne: a dieci anni e a sette anni di prigione; è poi espatriato a Londra. Suo fratello Shehbaz espatriò invece in Arabia Saudita durante la dittatura del generale Pervez Musharraf Sharif.

Il 3 novembre 2022 Imran Khan subisce un attentato in cui viene ferito a una gamba; l’attacco causa anche un morto e altri due feriti. Khan accusa il primo ministro di esserne il mandante. In un video si sente uno dei due tiratori parlare del movente: Khan suonava musica durante la preghiera e ha accettato di discutere con Israele, un Paese kafir (infedele). Il cecchino è membro di Tehreek-e-Labbaik Pakistan.
In realtà l’avvicinamento del Pakistan a Israele durante il governo di Imran Khan fu esito di una pressione in tal senso dell’Arabia Saudita.

Dagli Stati Uniti il giornalista Ahmad Noorani, documenti alla mano, accusa sul proprio sito internet il generale Qamar Javed Bajwa, ex capo di stato-maggiore del Pakistan, recentemente andato in pensione, di essersi notevolmente arricchito, lui e la sua famiglia, negli ultimi sei anni.
Imran Khan chiede che si confischi il maltolto e si affronti il problema del potere delle forze armate: un’istituzione che difende il Paese, ma svolge anche un ruolo economico poco trasparente.

Il governo Sharif lancia oltre cento azioni giudiziarie contro l’uomo più popolare del Pakistan. Nessuna sembra fondata, ma sono sfide giudiziarie importanti, sicché Imran Khan non farà altro che rispondere a poliziotti e magistrati. Inoltre, uno degli uomini a lui fedeli, il senatore Azam Khan Swati, che ha criticato l’atteggiamento degli ufficiali superiori, è stato arrestato per insulto alle forze armate e incarcerato.
Ma Khan non reagisce come speravano gli avversari: denuncia la strumentalizzazione della giustizia ed esorta i propri sostenitori a farsi imprigionare volontariamente per saturare le carceri e screditare il sistema. Davanti a ogni prigione si radunano 500 membri del partito di Khan chiedendo di essere arrestati. Alcuni vengono fermati, ma il governo fiuta presto la trappola e tenta di disperderli.

Allora Sharif cerca ancora una volta di far assassinare Khan, approfittando di un tentativo di arresto da parte dei militari. Il partito di Khan, Movimento per la Giustizia (PTI) accerchia il palazzo della famiglia di Khan e impedisce all’esercito e alla polizia di entrarvi.

L’arresto di Imran Khan da parte della polizia e dell’esercito al tribunale di Lahore. Le forze dell’“ordine” hanno sfondato porte e finestre della sala delle udienze durante le arringhe degli avvocati.

Ultima peripezia in ordine di data: mentre Imran Khan compariva in tribunale per rispondere a una delle tante accuse contro di lui, la polizia ha accerchiato il tribunale per arrestarlo. Siccome sostenitori di Khan impedivano l’apertura delle porte della sala delle udienze, la polizia le ha sfondate per arrestarlo.
Gli Occidentali, che si proclamano difensori dei diritti dell’uomo, non hanno mosso un dito.

La portavoce della Casa Bianca, Karin Jean-Pierre, ha dichiarato: «Come abbiamo già detto, gli Stati Uniti non si schierano con un candidato o un partito politico contro un altro».

In poche ore si sono moltiplicate in tutto il Pakistan manifestazioni spontanee. L’Ue ha da parte sua commentato: «Sono necessari controllo e sangue freddo (…) Le sfide del Pakistan non possono essere raccolte da altri e la soluzione può essere scelta solo dai pakistani stessi, attraverso un dialogo sincero e nel rispetto dello Stato di diritto».
Dopo alcuni giorni e molti morti, Imran Khan è stato liberato.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article219308.html

 

 

ZELENSKY SI INVENTA LA FESTA DELLA VITTORIA

Federica Francesconi 9 05 2023

 

“È bello essere di nuovo a Kiev, dove i valori che ci stanno a cuore sono protetti ogni giorno. È un posto così adatto per celebrare la “festa dell’Europa”.

Oggi la gran sacerdotessa del satanismo europeo è volata a Kiev per rendere omaggio alla “Festa della Vittoria”, una cretinata inventata da Zelensky per oscurare il Giorno della Vittoria della Federazione russa, che il cocainomane ha vietato di festeggiare in Ucraina.

Ci piacerebbe sapere quali sono i valori che stanno tanto a cuore alla Von der Pfizer e al suo scagnozzo dal nasone infarinato.

Forse la sperimentazione su milioni di europei di nuove terapie geniche per decimarli? Troppe bocche da sfamare e a cui pagare pensioni e sussidi sociali. L’ideologia Gender propaganda nelle scuole? L’usura esercitata dalla BCE come cappio al collo dei paesi membri UE? Il sostegno a una banda di criminali nazisti?

Federica Francesconi

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FONTE: https://www.facebook.com/federica.francesconi.3/posts/pfbid02CWXoFsQE4Awb8pU3juZxyfunMsYR6Mwxg6xjm8YrQjNBnVJne9S3buzg5CyQ8nuNl

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

“È pseudoscienza“: la lezione del Nobel alle follie degli ambientalisti

Il Nobel per la Fisica 2022 John Clauser è entrato a fare parte della CO2 Coalition, l’unione degli accademici che ha una visione non mainstream sul climate change: “Pseudoscienza giornalistica”

"È pseudoscienza": la lezione del Nobel alle follie degli ambientalisti

Il fondamentalismo ecologista prosegue il suo cammino verso il fanatismo, come dimostrato quotidianamente dagli eco-vandali, mentre sempre più accademici sposano le tesi non mainstream. A oltre trent’anni dal celebre appello di cinquecento esperti contro l’ecologismo irrazionale, la “coalizione CO2” americana continua ad accogliere nomi di spicco del panorama scientifico: l’ultimo entrato a fare parte dell’organizzazione realista sul clima è il premio Nobel per la Fisica 2022 John Clauser. E la sua visione sul cambiamento climatico è piuttosto caustica, sulla scia dei “ribelli” dell’alleanza: “Si tratta di pseudoscienza giornalistica”. Tranchant, categorico.

John Clauser e le posizioni mainstream sul cambiamento climatico

Premiato insieme ad Alain Aspect e Anton Zeilinger per“gli esperimenti con gli intrecci di fotoni che stabiliscono la violazione delle disuguaglianze di Bell e aprono la strada alla scienza dell’informazione quantistica”, il fisico statunitense non ha utilizzato troppi giri di parole:“A mio parere, non esiste una vera crisi climatica. C’è, tuttavia, un problema molto reale nel fornire uno standard di vita dignitoso alla numerosa popolazione mondiale e una crisi energetica associata. Quest’ultimo viene inutilmente esacerbato da quella che, a mio avviso, è una scienza del clima errata”, riporta Climato-realistes. “Non c’è nessuna crisi climatica”, esattamente come sostenuto in una dichiarazione che raccoglie più di 1.500 firme tra cui quella di un altro premio Nobel per la Fisica, Giaever.

Le parole del premio Nobel sono inequivocabili su ciò che pensa dell’attuale narrativa sul clima: “La narrativa popolare sul cambiamento climatico riflette una pericolosa corruzione della scienza che minaccia l’economia mondiale e il benessere di miliardi di persone. La fuorviante scienza del clima si è trasformata in una massiccia pseudoscienza giornalistica scioccante. A sua volta, la pseudoscienza è diventata un capro espiatorio per un’ampia varietà di altri mali non correlati”.

Un altro duro colpo per i talebani del cambiamento climatico e per le loro teorie, sbertucciate da un fisico mondiale e non dal primo influencer-youtuber a caccia di visibilità. I talebani – quelli che passano il tempo a danneggiare i monumenti e a ripeterci di non fare barbecue per contrastare le emissioni di polvere sottili – proveranno a trovare qualche legame tra Clauser e un’industria inquinante o un “pessimo” partito politico, ma la parola di un premio Nobel varrà pure qualcosa.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/attualit/narrativa-sul-cambiamento-climatico-riflette-corruzione-2149444.html

Le compagnie farmaceutiche stanno coniando miliardi su trattamenti non provati con la scorciatoia della FDA

Le approvazioni accelerate hanno contribuito a immettere rapidamente sul mercato terapie promettenti, ma la ricerca di follow-up per confermare che i farmaci funzionano a volte cade nel dimenticatoio

Quando Exondys 51 è stato approvato per il trattamento della distrofia muscolare di Duchenne, una malattia mortale che mette i bambini sulla sedia a rotelle quando sono adolescenti, non c’erano prove che il farmaco rallentasse effettivamente la malattia. Questo è stato sette anni fa. La società non ha ancora fornito dati conclusivi fino ad oggi.

Il produttore del farmaco, Sarepta Therapeutics Inc., ha finora raccolto oltre 2,5 miliardi di dollari di vendite da Exondys 51 e due farmaci correlati. Tutti e tre sono stati autorizzati tramite una scorciatoia normativa statunitense chiamata approvazione accelerata che consente alle aziende di commercializzare i farmaci prima di completare gli studi definitivi nei casi in cui i pazienti hanno poche o nessuna opzione di trattamento.

Nel caso di Exondys, lo studio di conferma di Sarepta non è nemmeno iniziato fino a quattro anni dopo l’approvazione e non sarà completato fino al 2024, otto anni dopo che ha iniziato a vendere il farmaco.

Questo non è raro. Un’analisi di Bloomberg News dei database della Food and Drug Administration ha rilevato 19 farmaci con approvazioni accelerate i cui studi di conferma sono ancora elencati come ritardati ad aprile. Ciò include gli studi che hanno superato le date di scadenza ufficiali e le prove in ritardo. L’analisi ha anche rilevato altri sette farmaci ad approvazione accelerata con studi in ritardo che non sono stati classificati come ritardati perché la società aveva inviato alcuni dati all’agenzia.

Il percorso di approvazione accelerata è stato creato nel 1992 in parte per ottenere promettenti terapie per l’HIV prima che fossero completate le lunghe sperimentazioni. La disperazione dei pazienti per i trattamenti ha spinto la creazione del programma ed è una forza trainante fino ad oggi. Il percorso di approvazione accelerato consente all’agenzia di approvare rapidamente un nuovo trattamento se i primi risultati, in genere da test di laboratorio o scansioni, suggeriscono che è “ragionevolmente probabile” che funzioni.

Exondys è stato approvato sulla base di dati che mostrano livelli leggermente elevati di una proteina muscolare distrofina che manca nelle persone con distrofia muscolare. I tipi di studi utilizzati per un’approvazione standard della FDA sono progettati per dimostrare che una persona migliora o smette di peggiorare a seguito di un determinato farmaco. Per un paziente con distrofia muscolare, uno studio di successo potrebbe dimostrare che un trattamento mantiene un paziente fuori dalla sedia a rotelle più a lungo rispetto a chi assume un placebo, ad esempio.

Quello che era iniziato come un modo relativamente oscuro per i produttori di farmaci di fornire nuovi farmaci ai pazienti, l’approvazione accelerata è ora un modello di business per alcune aziende. I critici sostengono che la FDA non ha fatto abbastanza per costringere le aziende a produrre dati conclusivi sui farmaci che stanno già vendendo.

Le approvazioni delle scorciatoie salgono alle stelle

La FDA aveva eliminato molti più casi di uso di droghe utilizzando un percorso accelerato

Fonte: analisi Bloomberg dei database FDA

Nota: i farmaci possono ricevere più approvazioni accelerate per usi diversi.

Quando ha approvato Exondys nel 2016, la FDA sapeva che stava prendendo una decisione controversa. Alcuni esperti ritenevano che i piccoli aumenti dei livelli proteici non sarebbero stati sufficienti per aiutare i pazienti, ma i genitori hanno spinto molto per la sua approvazione. Un alto funzionario dell’agenzia all’epoca riconobbe che gli studi avevano gravi difetti, ma disse che non voleva tenerli “ contro i pazienti. Sarepta

ha chiesto l’approvazione per Exondys in Europa, ma le autorità di regolamentazione l’hanno respinta  nel 2018 affermando che gli studi “non erano soddisfacenti per dimostrare che il medicinale era efficace”. La società ha presentato ricorso contro tale decisione, ma le autorità di regolamentazione hanno tenuto duro.

Da allora, Sarepta ha ottenuto l’approvazione di altri due farmaci per la distrofia muscolare negli Stati Uniti attraverso il percorso accelerato.

“Sarepta è un manifesto per una mancanza assolutamente oltraggiosa e imperdonabile di qualsiasi tipo di supervisione o applicazione”, ha affermato Diana Zuckerman, presidente del National Center for Health Research, un think tank senza scopo di lucro. Sarepta ha affermato di essere “pienamente impegnata” a completare il processo per Exondys e attribuisce i ritardi a una varietà di fattori, inclusi alcuni requisiti imposti dalla FDA. È stato avviato uno studio di conferma per gli altri due farmaci dell’azienda, che dovrebbe concludersi nel 2025.

Il successo di Exondys, secondo Sarepta, ha permesso all’azienda di raccogliere miliardi di dollari che ha reinvestito nella ricerca e nella produzione di terapie geniche che potrebbero aiutare molti più pazienti. Il programma di terapia genica “non sarebbe esistito senza l’approvazione di Exondys”, ha affermato il CEO di Sarepta, Douglas Ingram. Sostiene che il tempo è essenziale quando si tratta di approvare farmaci per la distrofia muscolare.

“Questi bambini stanno morendo”, ha detto Ingram in un’intervista all’inizio di quest’anno. “Se otteniamo un ritardo di sei mesi, 200 bambini moriranno, altri 200 bambini saranno su una sedia a rotelle, altri 200 bambini andranno su un respiratore, altri 200 bambini non saranno in grado di usare le braccia o nutrirsi”.

Sarepta è ora di nuovo davanti alla FDA, chiedendo l’approvazione accelerata per una terapia genica per la distrofia muscolare. Una decisione è attesa entro la fine di questo mese. In uno studio condotto su 41 pazienti, la terapia ha avuto risultati contrastanti: non è riuscita a migliorare chiaramente la capacità complessiva dei pazienti di stare in piedi, camminare, arrampicarsi, saltare e correre rispetto a un placebo. Ha aumentato i livelli di una versione della proteina distrofina, un altro obiettivo chiave dello studio. I risultati non erano dissimili da quelli degli altri farmaci di Sarepta.

Nuova legge

Le aziende sono tenute a condurre ulteriori prove per dimostrare che il farmaco funziona dopo un’approvazione accelerata, ma fino a poco tempo fa non c’erano pressioni per farlo rapidamente.

Un portavoce della Food and Drug Administration definisce l’approvazione accelerata “un percorso vitale per ottenere trattamenti promettenti per pazienti con esigenze mediche gravi e insoddisfatte”, ma afferma che gli studi di follow-up devono essere eseguiti in modo tempestivo.

Il Congresso ha formalizzato il processo di approvazione accelerata nella legge nel 2012. A dicembre, con il sostegno della FDA, il Congresso ha approvato una nuova legge che afferma che la FDA “potrebbe” richiedere che siano in corso studi di conferma al momento di un’approvazione accelerata. Spiega un processo che la FDA può utilizzare anche per ritirare le approvazioni accelerate. “Il Congresso ci ha dato i denti”, ha detto a gennaio il commissario della FDA Robert Califf.

Non tutti sono così sicuri. La nuova legge è soggetta a interpretazione e non elimina la possibilità di processi ritardati, afferma Thomas Hwang, medico della Harvard Medical School. I produttori di farmaci possono presentare ricorso contro una proposta di ritiro al commissario della FDA, ma i dettagli su come funzionerebbe il processo non sono chiari. E la FDA non può forzare immediatamente il ritiro dal mercato dei farmaci con approvazione accelerata dopo prove fallite, ha affermato Bishal Gyawali, un oncologo presso la Queen’s University in Canada.

Nel frattempo, le persone assumono ogni giorno farmaci che non soddisfano i tipici standard di approvazione della FDA. Il medico della Yale University Reshma Ramachandran ha affermato che nel 2020 una sua paziente ha sviluppato un’infiammazione del colon dopo essere stata curata per il linfoma follicolare con un farmaco che aveva ricevuto un’approvazione accelerata per tale uso. La paziente aveva bisogno di un intervento chirurgico per rimuovere parte del suo colon e il cancro non è stato curato, ha detto Ramachandran.

L’anno successivo, il produttore del farmaco annunciò che avrebbe ritirato l’approvazione accelerata per quel tipo di cancro . Secura Bio Inc. afferma che il ritiro non era basato su segnali di sicurezza, ma piuttosto non poteva permettersi il costo delle prove più grandi necessarie per la piena approvazione. Il farmaco, Copiktra, rimane sul mercato per altri tipi di cancro.

Un sacco di limoni

Negli ultimi due anni più farmaci hanno avuto approvazioni accelerate ritirate

Fonte: analisi Bloomberg dei database FDA, esclusi i vaccini

Nota: i conteggi includono farmaci completamente ritirati dal mercato e farmaci parzialmente ritirati che rimangono sul mercato per altri usi. I farmaci con più approvazioni ritirate in anni diversi vengono conteggiati una volta all’anno.

Tirare indietro

Tra le crescenti polemiche sul percorso di approvazione, l’agenzia sta cercando di eliminare questi farmaci dal mercato quando le prove di conferma richieste non sono state completate o non riescono a dimostrare che i farmaci funzionano. L’anno scorso, sette farmaci hanno perso approvazioni accelerate, pari al 2021 per il maggior numero di sempre, secondo un’analisi di Bloomberg News. I prelievi venivano effettuati volontariamente dalle aziende, spesso su richiesta dell’agenzia ma non sempre.

Negli ultimi tre decenni, circa 300 applicazioni hanno utilizzato il processo accelerato, principalmente per farmaci antitumorali. In alcuni anni, oltre il 20% di tutti i nuovi farmaci immessi sul mercato provenivano da questo percorso.

Dopo gli Stati Uniti, anche altri paesi hanno ideato meccanismi di approvazione accelerata. Ma nella maggior parte dei paesi diversi da Giappone e Canada, le approvazioni rapide hanno date di scadenza, secondo una revisione del 2022 da parte dei funzionari della FDA. L’UE ha un percorso accelerato, sebbene consenta l’immissione sul mercato di un farmaco solo per un anno alla volta, incoraggiando le aziende a produrre più rapidamente dati che dimostrino che un trattamento funziona.

I contribuenti statunitensi hanno pagato milioni per usi non provati di droghe

Spesa Medicare e Medicaid per approvazioni accelerate, 2018-21

Nota: include farmaci con studi di approvazione accelerati trovati ritardati di almeno 6 mesi da HHS OIG nel 2022. Bristol-Myers afferma che la FDA ha concesso un’estensione al processo Opdivo. Il 6 aprile, la FDA ha ritirato Makena dal mercato dopo che gli studi non sono riusciti a confermare che fosse efficace.

Fonte: Ufficio dell’ispettore generale del Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti

Ci sono stati alcuni notevoli progressi medici che sono giunti attraverso il percorso di approvazione accelerato, come il farmaco per la leucemia Gleevec di Novartis AG. Le approvazioni accelerate hanno ampliato l’uso di immunoterapie contro il cancro di successo come Keytruda di Merck & Co. e Opdivo, la medicina rivale di Bristol Myers Squibb Co. Ma anche per i farmaci di Merck e Bristol, che sono altamente efficaci e ben collaudati in numerosi tipi di cancro, alcune approvazioni accelerate per alcuni tipi di cancro sono state successivamente ritirate.

Negli ultimi anni, l’uso del percorso accelerato si è diffuso in ambiti più controversi come il morbo di Alzheimer, dove i medici non sono d’accordo sul fatto che le scansioni o i test di laboratorio possano prevedere in modo affidabile se un farmaco funziona. Il farmaco per l’Alzheimer di Biogen Inc., Aduhelm, potrebbe essere il miglior esempio di questo. Le due grandi prove dell’azienda hanno prodotto risultati contraddittori: uno studio ha dimostrato che ha funzionato e uno no. Un comitato consultivo della FDA ha votato contro l’approvazione attraverso i canali tradizionali nel novembre 2020.

Con una mossa insolita appena sette mesi dopo, l’agenzia ha deciso di utilizzare il percorso accelerato per approvare il farmaco tra le pressioni dei difensori dei pazienti. La FDA ha concesso a Biogen più di otto anni per condurre un terzo grande processo, che è in corso.

Dopo la controversia su Aduhelm, l’ufficio dell’ispettore generale del Dipartimento della salute e dei servizi umani ha esaminato quanto costava ai contribuenti il ​​programma della FDA. Secondo il rapporto dell’OIG, i programmi federali Medicare e Medicaid hanno speso oltre 18 miliardi di dollari tra il 2018 e il 2021 in farmaci ad approvazione accelerata i cui studi di conferma sono stati ritardati.

“Le persone potrebbero trascorrere l’ultimo anno della loro vita prendendo qualcosa che alla fine si rivela un vero disastro”, ha detto Ramachandran di Yale a proposito del percorso di approvazione accelerato. “Avrebbero potuto provare qualcos’altro.”

Venerdì, la FDA ha riunito un gruppo di esperti esterni per discutere i meriti della terapia genica di Sarepta per guidare l’agenzia nella sua decisione di approvazione. Dopo ore di avanti e indietro sui dati oscuri e numerose suppliche da parte dei genitori di bambini con la malattia di approvare il farmaco, gli esperti scientifici e medici del panel si sono divisi. Due rappresentanti dei consumatori e dei pazienti hanno ribaltato il voto finale a favore della terapia di Sarepta con un margine di 8 a 6.

Imposta l’agenzia per un’altra decisione difficile. Se arriva un’approvazione, alcuni analisti prevedono oltre $ 3 miliardi di vendite annuali.

— Con l’assistenza di Anders Melin

( Aggiornamenti con il commento della FDA nel paragrafo 16. )
FONTE: https://www.bloomberg.com/news/articles/2023-05-14/fda-fast-tracked-drugs-make-companies-billions-on-unproven-claims 

MULTINAZIONALI INFORMATICHE E “FAKE NEWS”: I ROBOT SONO PRONTI A CONTROLLARE E CENSURARE GLI UMANI

Google e YouTube spingono per la lotta alla disinformazione, investendo 13,2 milioni di dollari per sostenere l’international Fact-Checking Network (Ifcn) a cui s’aggancia il finanziamento di un fondo (il Global Fact Check Fund): vi attingono 135 organizzazioni da 65 Paesi che combattono la disinformazione in circa cento lingue diverse. Parimenti il sistema investe anche nell’AI (intelligenza artificiale) che sta producendo fake news comode alla grande speculazione finanziaria. L’investimento prevede che, l’intelligenza artificiale possa nel breve periodo controllare e sanzionare ogni movimento o pensiero umano.
Così i “media istituzionali” esclamano farisaicamente “È la sovvenzione più grande mai effettuata da Google e YouTube per il fact checking”, e i “complottisti” rispondono dimostrando carte alla mano le tante fake news messe in giro dai motori di ricerca gestiti dai robot, intelligenza artificiale a servizio delle multinazionali. Il Global Fact Check Fund sovvenzionato da Google è operativo da inizi 2023, e sta già portando novità per l’utenza mondiale del colosso americano. Tra i risultati già evidenti c’è l’indirizzamento della ricerca dell’utente: l’intelligenza artificiale individua il contesto sociale in cui opera l’utenza e la guida sino a censurarne alcune ricerche. Lo stesso sta facendo YouTube che, in nome del “fact checking”, mostrerà solo i video ricercati coerenti con le politiche delle multinazionali. “Oltre ai titoli, si vedrà un estratto originale del testo insieme alla valutazione verificata da organizzazioni indipendenti”, dicono Google e YouTube. Tutto monitorato dall’intelligenza artificiale Fact Checker Explorer, che attinge da un database di 150 mila fonti definite “attendibili a livello globale” dagli esperti di comunicazione delle multinazionali. Dal 2018 ad oggi “Google News Initiative” ha investito quasi 75 milioni di dollari in progetti e partnership, tutti votati a rafforzare l’alfabetizzazione mediatica indirizzata a combattere l’informazione “non istituzionale” in tutto il Pianeta. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, negato dai servizi d’informazione di stati e multinazionali, ovvero le fake news generate dall’intelligenza artificiale. Le grandi società informatiche hanno costruito circa un centinaio di testate giornalistiche interamente gestite e realizzate dai robot della famiglia “ChatGPT & co”, strutture che fanno soldi da disinformazione e raccolgono pubblicità dalle multinazionali: in gergo vengono appellate “newsbot”, hanno il compito di deviare e sedare la dissidenza verso il sistema globale.
Si tratta di sistemi automatizzati, come quelli che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi tempi, e rispondono al nome “umanoide” di ChatGPT o Bing Chat, e sono graditi a “Google Bard”. Si tratta di siti pieni zeppi di annunci pubblicitari, con il preciso obiettivo di far ingoiare all’utenza la “filosofia green”, ovvero che il fattore antropico è il primo imputato per l’inquinamento globale, che il lavoro umano è nemico dell’ecologia, che i robot non inquinano, che la “povertà sostenibile” salverà il pianeta. Questi siti fanno cassa con la pubblicità delle multinazionali che, come se non bastasse, li piazzano tra i più visitati ed ascoltati grazie all’aiuto degli algoritmi di nuova generazione, tutti gestiti dai colossi della tecnologia: a questi siti non vengono richieste fonti della notizia, ci sono sottotitoli o sommari, foto false e grottesche, vi regna un caos assoluto, e la responsabilità della diffusione non è tracciabile; ma scalano le vette della diffusione perché strumenti del sistema di manipolazione.
Gli articoli generati dall’intelligenza artificiale riassumono o riscrivono contenuti prodotti da altre fonti: servono soprattutto per contrastare l’informazione libera ed indipendente, ovvero i nemici degli uffici comunicazione delle multinazionali. L’invasività dell’intelligenza artificiale pilotata dalla multinazionali sta manifestandosi anche sui social: concentrando migliaia di follower favorevoli ai soggetti graditi al sistema, oppure boicottando le pagine critiche verso grandi industrie energetiche e finanziarie. Di fatto i contenuti prodotti da “ChatGPT & co” sono graditi a pochi, e servono per persuadere tutti gli umani. Il capitalismo fiscale di sorveglianza ha bisogno d’irreggimentare tutti gli umani, di controllarli continuamente, di scongiurare il confronto d’idee: “ChatGPT” è oggi lo strumento prescelto dalle élite per persuadere ed ammansire gli umani, il resto del lavoro sarà compito di governi ed organizzazioni sovrannazionali che, ben presto, introdurranno l’obbligo alla tracciatura costante del cittadino. Chi eluderà, per diverse ore al giorno non risulterà tracciabile, assurgerà a criminale cibernetico, a nemico del sistema. Negli Stati Uniti da almeno un centinaio d’anni esistono società private che gestiscono carceri e sistemi di controllo dei detenuti, e da qualche tempo si parla di multinazionali della sicurezza pronte a gestire la detenzione in Occidente. Al carcere per chi eluderà la tracciabilità continua e costante pare ci stia pensando Bruxelles, e con buona pace di certi paladini della liberà votati ed eletti per difenderci: probabilmente si giustificheranno con il solito motto “lo ha chiesto l’Europa”.

FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/05/10/multinazionali-informatiche-e-fake-news-i-robot-sono-pronti-a-controllare-e-censurare-gli-umani/

 

 

STORIA

NAZISTI RECUPERATI DAGLI USA

Lisa Stanton 9 05 2023

 

Zhukov, maresciallo generale dell’Unione Sovietica, qualche anno prima di morire disse: 78 anni fa, l’esercito nazista fu sconfitto, ma non l’idea nazista. Essa ha lasciato le rovine di Berlino, e attraverso le ratline ed i fermagli si è diffusa nel mondo. Alcuni sono andati sotto copertura e pochi anni dopo sono riemersi attraverso le istituzioni “democratiche”.

Alcuni di essi rimasero e mantennero le posizioni che avevano avuto nel Reich come “amministratori”, altri andarono nel nuovo esercito modellato dagli alleati e chiamato NATO, altri ancora andarono in politica …” Infine, alcuni semplicemente si nascosero per spuntare mezzo secolo dopo, soprattutto nell’est Europa. “Abbiamo liberato l’Europa dal fascismo, ma non ce lo perdoneranno mai … Fidel mi ha confidato che la prossima guerra in Europa sarà tra la Russia e il fascismo, solo che il fascismo si chiamerà democrazia … ”

E’ dato acquisito che anche le fondamenta della nuova CIA e successivamente delle Istituzioni europee furono sin dal nascere fissate e quindi modellate da ex gerarchi.

Ora la ruota gira, ed è tempo che il nazismo sia nuovamente debellato dall’intero continente.

FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/pfbid02gj9uy3rnbjahyP8d2m528SKwgFZb8XF2KizfM643fy7gE9AEqAiU6Ry1A4FEb99wl

 

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