Le elezioni di mediotermine in USA

https://businessinrhyme.com/2016/06/16/the-poetics-of-impermenance-jorge-luis-borges-on-the-perception-of-time-learning-and-reading/

Le elezioni di mediotermine in USA
Manlio Lo Presti – 7 novembre 2018

La guerra sotterranea e titanica fra i due schieramenti planetari continua. La vittoria parziale dei democratici – nonostante i titanici aiuti dei soliti miliardari globalisti immigrazionisti – sta ridando fiato alle legioni neomaccartiste che sono riuscite a far nominare donne governatrici ma di colore, arabe con velo, perché il segnale deve essere forte e chiaro: chi vota democratico è progressista, chi vota repubblicano è un parafascista, suprematista bianco, omofobo, xenofobo, piuttosto ignorante da sottomettere alla ILLUMINATA guida di ESPERTI e TECNICI che la sanno lunga e conducono al sicuro sole dell’avvenire NWO orwelliano…
Il plurirazzismo viene imposto a colpi di martello senza che ciò sia necessario: la società nordamericana è multietnica dalla sua fondazione. Quindi, la massiccia evidenza che viene posta alla questione è pura politica dietro la quale ci sono i soliti noti capeggiati dall’asse infernale CLINTON-OBAMA-KISSINGER-BILL GATES-FACEBOOK-APPLE-GOOGLE-SOROS-I CIRCOLI IMMIGRAZIONISTI DI WASHINGTON-VATICANO-BANCAMONDIALE-FMI-BCE, ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.
Sono riapparsi noti giornalisti del quotidiano LA REPUBBLICA a commentare la notizia con un evidente ghigno di disprezzo per gli italiani demmerda che saranno sterminati per non aver votato “in modo giusto” e quindi bollati MINUS HABENS che devono essere guidati dagli ESPERTI, come i democratici-buonisti-antifa-quadrisex-immigrazionisti ITALIANI continuano a ribadire arruolando studiosi e personaggi famosi ma inesperti delle numerose imboscate della politica e che quindi sono facilmente pilotabili dai furbissimi conduttori che interrompono con precisione cardiochirurgica quando lo sprovveduto “invitato” dice cose fuori canone neomaccartista.
Sarebbe opportuno che queste personalità della cultura o di altri settori non accettassero l’invito evitando di fare la indecorosa figura delle marionette…
Seguiranno le ermeneutiche semantiche con triplo avvitamento carpiato delle corazzate giornalistiche democratiche-buoniste-inclusioniste-immigrazioniste: repubblica, LA STAMPA, IL CORRIERE DELLA SERA, ILSOLE24ORE e i loro oltre 400 satelliti locali. Abbiamo il fronte tv e radio: RAI 1, 2 , 3- MEDIASET – LA7 e tutti i loro canali locali satelliti (circa 4-500).
Riprendono vigore le serate delle 25 trasmissioni politiche di prima serata e tutte le trasmissioni con pilotatissimi “ospiti in studio”, tutte gestite da giornalisti di estrazione “democratica” nominati da un governo uscente e ora al 19percento ma che DI FATTO CONTROLLA IL 90 PERCENTO DEI FLUSSI INFORMATIVI ITALIANI!!!!!!!
Sono ancora sorpreso e molto contrariato per la inazione colpevole dell’attuale governo ad effettuare un ricambio almeno ai vertici della televisione pubblica che VIENE PAGATA CON PRELIEVO ALLA FONTE A TUTTA LA POPOLAZIONE SUCCUBE E DA SOSTITUIRE ETNICAMENTE (un’imposizione quantomeno in odore di incostituzionalità per violenza della volontà).
L’ombra lunga ed inquietante di Togliatti, che intelligentemente e paraculescamente non volle impossessarsi militarmente delle strutture dello Stato (tanto non ci sarebbe riuscito), riuscì a colonizzare ed occupare le menti di intere generazioni di intellettuali: questa lunga COVERT OPERATION sta producendo ancora i suoi danni soprattutto nei classici centri di formazione: scuole, università, giornali, tv: UNA DEVASTAZIONE CHE NON FREGA A NESSUNO!
Siamo fortunati perché abbiamo:
Pay tv
Telecristi
Teleculi,
Calcio
Coca e stupefacenti sintetici
Traffico di armi
Traffico di organi umani
Pedofilia dentro tutti i livelli delle istituzioni, dello Stato teocratico, della cultura che tende a giustificarla
8 mafie,
26 gruppi politici
7 polizie
#nellinteressedegliitaliani, ovviamente, sempre e comunque!

Ne riparleremo

6 NOVEMBRE 2018

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

I filtri magici sono sempre zuccherati.

(Proverbio Tuareg dell’Aïr)

VANNI BELTRAMI, Breviario per nomadi, Il Vascello, 1992, pag. 64

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

IN EVIDENZA

Ue che manovra

MV, Il Tempo 25 ottobre 2018

Qua si mette male, molto male. Il guaio non è la manovra economica che sarà pure inappropriata e insufficiente ma che non è così drastica e rivoluzionaria, e non produrrebbe quei danni letali che si raccontano ogni giorno. Il guaio è la reazione alla manovra. Che non è poi nemmeno la bocciatura della manovra, ma è un preciso, deliberato, radicale attacco al governo in carica. Il proposito non è far cambiare la manovra ma far cadere il governo e metterlo contro al suo popolo. Non si tratta di scomodare la letteratura del complotto, i precedenti, perfino quello di Berlusconi che ora è dalla parte di chi lo fece fuori sette anni fa. Non è questione di complotti, è questione di lotta per la sopravvivenza, o se volete, è l’eterna legge dell’autoconservazione del potere che quando è in pericolo prima sparge l’inchiostro e poi aziona i tentacoli. E non si tratta di attacco all’Italia, che pure non gode di fiducia nei potentati, e nemmeno solo di pregiudizi, come dice serafico il premier Conte. No, qui è in gioco l’establishment e il suo potere. Se passa la manovra del governo italiano, e ancora peggio se non devasta l’economia come viene preannunciato tre volte al giorno, viene delegittimato l’establishment tecno-finanziario-capital-sinistrorso che regge l’Unione, di cui in Italia abbiamo molti reggicoda. Altri paesi seguirebbero l’esempio e si sentirebbero in diritto di prendere una loro strada, di non sottomettersi al diktat europeo e alla loro prescrizione tassativa. E alle elezioni europee sarebbe un massacro per gli assetti di potere vigenti, di cui Junker, Moscovici, sono gli ultimi figuranti. Da qui il terrorismo mediatico-finanziario, le scomuniche scritte e inscenate. Si giocano tutto.

Altro che bocciatura della finanziaria. Da giorni, da settimane, da mesi in un crescendo minaccioso, annunciano sventure le cassandre interne e le streghe di Macbeth, che predicevano in futuro in realtà per orientarlo secondo i loro desideri. Eurarchi, agenzie, media e ascari politici, un coro assordante.

E sta realmente serpeggiando nel Paese quel panico che è di solito alle origini delle catastrofi. Ma il collasso non è indotto da una manovra scarsa e sbagliata ma dall’attacco concentrico al governo, prospettandoci un’altra esperienza Tsipras, come quella che indusse il riottoso premier greco a subire i diktat della Trojka se non voleva ridurre in miseria il suo paese. Il suggerimento sottinteso che viene dato è il seguente: l’Italia ha un debito record ma, come voi dite, è solido il sistema-Italia, ha beni, risparmi, proprietà private. Bene, allora mettete mano a quelli, con una patrimoniale, prelievi forzosi, blocco di capitali, tasse sulle case, obbligo d’investire in titoli pubblici, o quel che volete voi. Ovvero trovate i soldi nelle tasche degli italiani, così pagate almeno gli interessi sul debito (che non potrà mai essere estinto, è come il peccato originale ma non ce lo toglie nessun battesimo). E allo stesso tempo vi inimicate il popolo che vi sostiene. Così buonanotte al populismo, al sovranismo e a tutte le menate.

Voi capite che il pericolo vero è questo e non la manovra. E non pensate che indignandosi o cercando di suscitare rabbia nel popolo, si possa rispondere con le barricate. No, è una guerra e in guerra contano i rapporti di forza. È una guerra e del resto non potevate pensare che “loro” hanno i giorni contati- come dicevano allegramente – e si limitano a contare i giorni e non a reagire. E disponendo di poteri e alleanze che voi neanche vi sognate, agiscono per mandarvi fuori strada. Voi e il vostro paese, se vi segue.

A questo punto io ho paura della paura. Ho paura cioè del panico che stanno instillando nella gente, nelle notizie che fanno circolare, nelle annunciate fughe di capitali all’estero, conti prosciugati e così via. Perché sono quei fatti e soprattutto

Continua qui: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/ue-che-manovra/

 

 

 

 

Carte prepagate ai migranti: paga Soros, Onu e Ue benedicono

5 novembre 2018 – Roberto Vivaldelli

 

Si chiama Humanity Ventures, ed è la partnership siglata nel gennaio 2017 a Davos tra il finanziare George Soros e Mastercard, sulla base della promessa del magnate di stanziare 500 milioni di dollari a favore dei migranti in Europa. Come si legge sul sito di Mastercard, il progetto ha l’obiettivo di “catalizzare e accelerare lo sviluppo economico e sociale delle comunità vulnerabili di tutto il mondo, in particolare i rifugiati e i migranti”.

 

Dalle parole ai fatti, perché Humanity Ventures ora è realtà. Secondo il sito sloveno Nova24, che cita fonti interne alla polizia croata, ai migranti che attraversano i Balcani verrebbero distribuite delle carte prepagate: “I migranti illegali che rispediamo a casa, nel giro di pochi giorni si ripresentano per provare e rientrare in Croazia. Alcuni sono molto poveri, ma la maggior parte di loro sono ben equipaggiati, con scarpe e vestiti nuovi, smartphone sofisticati e di ultima generazione, persino armi. E tutti hanno in dotazione una Mastercard senza nome ma con la dicitura Unhcr e un numero stampigliato. Quello che non ci spieghiamo è da quale conto ritirino i soldi dagli sportelli automatici”.

Soros e Mastercard 

Se al momento non è affatto chiaro il ruolo dell’Unione europa e soprattutto delle Nazioni Unite, ci sono meno dubbi sul coinvolgimento di Mastercard che sul proprio sito ufficiale annunciava l’avvio del progetto in collaborazione con il fondatore della Open Society Foundations: “Nonostante miliardi di dollari dati in assistenza umanitaria e allo sviluppo ogni anno – si legge nella nota ufficiale – milioni di persone rimangono emarginate. Mastercard e George Soros credono che le capacità del settore privato, unitamente a investimenti strategici a lungo termine, possano stimolare lo sviluppo e trasformare la vita per i meno abbienti. “Humanity Ventures è destinato ad essere redditizio in modo da stimolare il coinvolgimento di altri imprenditori”, ha detto Soros.

In un’altra nota ufficiale datata giugno 2016, il colosso conferma il proprio impegno su questo fronte: “Sfruttando le nostre tecnologie e prodotti come MasterCard Aid Network e Prepaid, Mastercard collabora con i partner per fornire servizi essenziali nei momenti più critici della vita dei rifugiati. Ad oggi, le carte Mastercard Aid e Prepaid sono state impiegate in missioni umanitarie in Africa, Asia ed Europa – in paesi come Turchia, Kenya, Yemen, Nepal, Etiopia, Nigeria, Niger, Filippine e Grecia – e sono disponibili per supportare migliaia di beneficiari”.

Carte prepagate date ai migranti

In un’intervista rilasciata a Forbes lo scorso anno, Tara Nathan, vice-presidente esecutivo di Mastercard, spiegava come la società abbia collaborato con organizzazioni di tutto il mondo nel sostenere i migranti: “Attraverso la creazione di una

 

Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/carte-prepagate-ai-migranti-pagano-soros-unione-europea/

 

 

 

Mastercard and George Soros to Explore Private Sector Solutions to Societal Challenges

Social enterprise to explore sustainable, scalable commercial solutions for the humanitarian and development community

 To tweet this news, copy and paste http://mstr.cd/2jZP7g6 to your Twitter handle 

DAVOS – January 19, 2017 – Mastercard and George Soros announced plans to explore creating a social enterprise to apply commercial strategies to deliver a positive impact on society. Called Humanity Ventures, the enterprise could catalyze and accelerate economic and social development for vulnerable communities around the world, especially refugees and migrants.

Mastercard CEO Ajay Banga and George Soros

 

Mastercard CEO Ajay Banga and George Soros met at the World Economic Forum announcing plans to explore creating a social enterprise to apply commercial strategies to deliver a positive impact on society.

Pervasive joblessness, lack of access to healthcare, inadequate education, and financial exclusion afflict people in both developed and emerging economies. Despite billions of dollars of humanitarian and development assistance every year, millions of people remain marginalized. Mastercard and George Soros believe that private sector capabilities coupled with strategic, long-term investments can spur development and transform life for the underserved.

Last September, George Soros announced that he is earmarking up to $500 million for private investments that will improve capacity to address the challenges that migrants, including refugees, and their host communities face around the world. Humanity Ventures would be part of that initiative.

Mastercard delivers innovative payments, data, and identity solutions which empower the underserved all over the world. These tools improve the lives of refugees and migrants by forging better economic and social ties with local populations.

Operating as a standalone entity, Humanity Ventures would initially combine solutions designed to expand access to healthcare and education, foster local economic development and entrepreneurship, and enhance the delivery of aid. One such solution is the Mastercard Aid Network, an award winning digital voucher platform designed in partnership with humanitarian organizations.

With the creation of Humanity Ventures, Soros could invest up to $50 million to make these solutions even more scalable and sustainable. The social enterprise could also serve as an incubator and accelerator for smaller projects committed to mitigating the migration crisis.

Designed to combine the need for business returns with social impact, Humanity Ventures would also act as a new model for how civil society, governments, and the private sector improve quality of life and drive economic growth.

“Over several years, we’ve applied our thinking and technology to help hundreds of millions connect to the formal economy and to help empower safer and more efficient aid distribution,” said Ajay Banga, president and CEO of Mastercard. “We can have transformational impact by scaling our business-driven organization to leverage innovation, on-the-ground experience and long-term capital investments.”

“Migrants are often forced into lives of despair in their host communities because they cannot gain access to financial, healthcare and government services. Our potential investment in this social enterprise, coupled with Mastercard’s ability to create products that serve vulnerable communities, can show how private capital can play a constructive role in solving social problems,” said George Soros. “Humanity Ventures is intended to be profitable so as to stimulate involvement from other businesspeople. We also hope to establish standards of practice to ensure that investments are not exploitative of the vulnerable communities we intend to serve.”

About Mastercard

Mastercard (NYSE: MA), www.mastercard.com, is a technology company in the

Continua qui:

https://newsroom.mastercard.com/press-releases/mastercard-and-george-soros-to-explore-private-sector-solutions-to-societal-challenges/

 

 

 

Anche Israele contro Soros

11 luglio 2017 – Roberto Vivaldelli

La campagna di Budapest contro George Soros infiamma il dibattito. Il governo del Primo Ministro Viktor Orbán ha tappezzato l’Ungheria di manifesti contro il magnate – naturalizzato americano ma nato a Budapest il 12 agosto del 1930 – considerato dallo stesso premier «un nemico della patria» al servizio «dei poteri forti» contro il suo governo. Un braccio di ferro, quello tra Orbán e Soros, che prosegue da mesi, tanto che il parlamento nazionale ha votato, poche settimane fa, una legge che inasprisce i controlli sulle organizzazioni non governative (ong) che ricevono fondi esteri.

Nel mirino ci sono proprio le organizzazione finanziate dalla Open Society Foundations di cui lo speculatore – «filantropo» per la sinistra politicamente corretta e globalista – è il presidente. «Non dobbiamo concedere a Soros l’ultima risata» – si legge sui manifesti, dove si ribadisce, inoltre, che «il 99% degli ungheresi rifiuta l’immigrazione clandestina». La comunità ebraica ungherese ha condannato la campagna di Orbán definendola «antisemita». Soros, infatti è nato col nome di György Schwartz in una famiglia di ebrei ungheresi. Israele, tuttavia, pur prendendo le distanze dall’iniziativa, rincara la dose contro lo speculatore, affermando che il suo obiettivo è quello di minare la stabilità di governi eletti democraticamente.

Il ministro degli Esteri israeliano contro George Soros

La prima presa di posizione è quella dell’ambasciatore israeliano in Ungheria, Yossi Amrani, il quale ha criticato il governo, sottolineando che tale iniziativa «evoca ricordi tristi, ma semina anche odio e paura». Poche ore più tardi è arrivata la precisazione del ministro degli Esteri di Israele espressa attraverso un comunicato ufficiale: «In nessun modo la dichiarazione dell’ambasciatore ha l’obiettivo di delegittimare la critica contro George Soros, che mina l’operato dei governi democraticamente eletti di Israele attraverso il finanziamento di organizzazioni che diffamano lo Stato ebraico, cercando di negare il suo diritto a difendersi». Parole molto dure che testimoniano il rapporto conflittuale tra il noto speculatore e lo stato d’Israele.

Netanyahu a Budapest

Il caso scoppia pochi giorni prima della visita nella capitale ungherese del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo alcuni media locali israeliani, Netanyahu sposerebbe la linea adottata dal suo ministro degli esteri. Ma in Israele c’è anche chi difende Soros

 

Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/anche-israele-soros/

 

 

 

Orban contro Soros

Guido Dell’Omo – 9 marzo 2017

L’influenza politica del sito Breitbart – il cui fondatore, Steven Bannon, non a caso è l’attuale Consigliere del presidente Trump – ha attraversato l’Oceano e sta cominciando a pesare anche in est Europa. Questa settimana infatti, il parlamento ungherese ha annunciato che voterà una proposta di legge per obbligare le organizzazioni non governative alla massima trasparenza per quanto riguarda i fondi che ricevono e la loro provenienza.

Sulle colonne della “piattaforma internet dell’Alt-Right”, per usare la definizione dello stesso Bannon, già durante la campagna elettorale americana veniva denunciato il legame torbido e ambiguo tra George Soros e le ong, accusate di essere sotto il suo controllo. Su Breitbart, infatti, Soros è sempre stato indicato come il burattinaio che agisce nell’ombra per manovrare le ong a seconda dei suoi interessi. E quali sono questi interessi? Promuovere la retorica dei “no borders” in Europa, favorire l’immigrazione clandestina di massa e, per quanto riguarda Trump, cercare di indebolire la sua figura il più possibile attraverso la diffusione di scandali che infanghino il suo nome. Insomma, Soros veniva e viene indicato come il vero leader del mondo liberal-progressista, che parla di Diritti Umani (rigorosamente scritti con le maiuscole) per poi preoccuparsi di tutt’altro. In questo caso, dell’indebolimento dell’Europa.

Goran Buldioski, il direttore dell’Open Society Initiative for Europe, una delle fondazioni-ombrello del miliardario Soros, non appena appresa la notizia dell’imminente votazione al parlamento ungherese, ha contrattaccato condannando l’iniziativa come una minaccia per “i valori europei”. Sempre secondo Buldioski infatti: “La democrazia e la libertà sono sempre più lontane dall’orizzonte degli interessi dell’Ungheria.”

Ad aiutarci a inquadrare meglio l’opera dell’Open Society Initiative for Europe è un testo pubblicato dalla fondazione stessa (Reliable allies in the European Parliament), un fascicolo che riferisce i nomi di 226 deputati (su 751) ‘amici’ di Soros

A rispondere per le rime al direttore dell’Open Society ci ha pensato Zoltan Kovacs, Segretario di Stato e portavoce del governo di Orban, che ha accusato le ong di non avere alcuna legittimità democratica: “In una democrazia la rappresentanza dovrebbe essere concessa dopo delle elezioni, non secondo la volontà delle potenze straniere.” E, in effetti, nelle Ong non risulta che si tengano elezioni per designare i loro funzionari.

Le organizzazioni non governative presenti in Ungheria forniscono già una serie di documentazioni sull’origine dei loro fondi, ma secondo il governo non è abbastanza perché molto spesso la vera origine dei flussi di denaro rimane oscura. Orban, durante una trasmissione radiofonica nazionale del 24 febbraio, si è scagliato contro le ong: “L’Ungheria non può permettere che sul suo territorio agiscano organizzazioni che si muovono nell’ombra, non dichiarando da chi ricevono i finanziamenti e per quale ragione. Le ong che fanno capo a Soros hanno superato ogni limite: non possono incoraggiare i migranti a entrare nel nostro Paese, perché ciò vìola le nostre leggi.”

Il miliardario di origine ungherese George Soros ha iniziato la sua opera di “beneficenza” durante la Guerra fredda finanziando i dissidenti che volevano ribellarsi (o che lui stesso spinse alla ribellione) contro il regime sovietico. Questa forma di “esportazione della democrazia” fa parte, storicamente, dell’attitudine degli Stati Uniti. A ricordarlo sono le più recenti campagne in Afghanistan, Iraq, e Libia, che tutto hanno portato in questi Paesi tranne la pace e la stabilità tanto promesse prima della loro invasione o del rovesciamento del regime che li governava.

A tal proposito, fin dagli albori della sua candidatura, Trump ha promesso un progressivo disengagement dalle questioni internazionali e dai teatri di guerra del Medio Oriente, attitudine che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a molti. Non a George Soros però, che si oppone al nuovo presidente degli Stati Uniti in ogni modo, anche attraverso le recenti manifestazioni femministe anti-Trump, che è accusato di aver orchestrato.

 

La battaglia della nuova amministrazione della Casa Bianca contro il magnate Soros ha dato coraggio a molti stati dell’europa centrale e orientale. Non solo all’Ungheria.

Nenad Mircevski, fondatore del movimento macedone “Stop Operation Soros”, indaga da mesi sulle attività di Soros in Macedonia tenendo costantemente informato il parlamento. Anche in Romania, il leader del Partito Social-Democratico Liviu Dragnea,durante un’intervista di gennaio su Antena 3, disse: “Sono preoccupato delle azioni di Soros. Le fondazioni di quest’uomo operano su

 

Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/orban-contro-soros/

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Il 90% dei migranti è maschio: si rischia il terrorismo sessuale

L’allarme dell’Economist: gli immigrati sono per lo più giovani propensi a delinquere. La Sbai: “Italiani, avrete figlie col velo”. E Grimoldi: “Accogliamo solo donne e bambini”

Sergio Rame – Lun, 18/01/2016

I dati dell’Economist sono allarmanti. In Italia il 90% degli 82mila immigrati, che nel corso del 2015 hanno richiesto asilo, sono uomini, per la maggior parte di età compresa tra i 18 e i 34 anni.

In questo modo si rischia uno squilibrio demografico e sociale e aumentano i rischi di comportamenti aggressivi e violenti da parte di questi uomini soli nei confronti delle donne, come accaduto a Capodanno nelle piazze tedesche o in quelle svedesi. “L’Italia – propone il deputato leghista Paolo Grimoldi – deve prendere esempio dal Canada che ha deciso di selezionare gli ingressi e accogliere solo donne e bambini e respingere i maschi adulti single”. Altrimenti è chiaro che le violenze e le offese che le donne tedesche hanno subito a Colonia per colpa di un’orda di immigrati nord africani o mediorientali diventeranno una regola anche nelle piazze italiane.

Nel corso degli anni c’è stato un cambiamento pesantissimo nei flussi degli immigrati. Secondo uno studio della scienziata politica Valerie Hudson, l’Unione europea sta accogliendo un numero sempre più alto di giovani maschi. Il 73% degli 1,2 milioni di richiedenti asilo è composto da uomini. Nel 2012 erano il 66%. E in Italia non va certo meglio.

A ottobre del 2015, secondo Andrea Den Boer dell’Università di New York, “il 90% delle 82mila rischieste erano di uomini, per la maggior parte giovani tra i 18 e i 34 anni”. Ed è l’età ad attirare maggiormente l’attenzione dell’Economist secondo cui sta aumentando il numero di persone propense a commettere reati. Secondo l’Eurostat, infatti, l’80-90% dei crimini è commesso da giovani maschi. “L’islamico arriva in Italia per lavorare e ha tutte le difficoltà dell’immigrato: è solo, disorientato, debole – spiega la deputata leghista Souad Sbai a Libero – ma noi non lo integriamo, non gli diamo i nostri valori, le regole, i costumi, ce ne disinteressiamo con la scusa di rispettarlo”. Ed è qui che prendono posto le moschee fai da te, sempre tollerate dal Viminale. “Lì – continua la Sbai – predica un imam che risponde direttamente a Riad, quando non a Raqqa, e su cui lo Stato non esercita alcun controllo e l’immigrato impara l’islam estremista. Quando torna a casa lo impone alla famiglia”.

Secondo la Sbai, “la conquista dell’Occidente è stata pianificata nella penisola araba negli anni Novanta”. Sono state costruite moschee, formati imam e spediti in Europa soldi, armi e uomini per “radicalizzare lo scontro e islamizzare l’Occidente infedele”. In questo piano entra anche l’attacco di Colonia dove, la notte di San Silvestro, sono state stuprate, molestate e derubate centinaia di donne da parte di

Continua qui:

 

http://www.ilgiornale.it/news/politica/90-dei-migranti-maschio-si-rischia-terrorismo-sessuale-1214492.html?mobile_detect=false&fbclid=IwAR2zxNBBJp1f5Inw1qSzlbSml8lnF41GvL8lXiXjx99BVEsNfzwIngy7xWM

 

 

 

 

Traffico di organi umani ed efebofilia, Ambienti militari e genocidi infantili.

Cecchignola: il Caso Ferraro e magistratura deviata.

paoloferrarocdd.blogspot.com

Una fondata ipotesi emerge oltre che dalle terribili notizie provenienti dal teatro di guerra siriano,   sinanche dalla valutazione sui fatti della Cecchignola a Roma e sulla indagine ormai nota, “Fiori nel fango due ” , e sul caso “Paolo Ferraro” il magistrato che accertò e denunciò . 

Efebofilia, eccidi infantili, traffici di organi, apparati militari e magistratura deviata hanno come pendant internazionale attività criminali realizzate in teatri militari a noi vicini. 

In Siria denunciati eccidi di donne e bambini anche a fine di traffici internazionali di organi. 

L’articolo di Nicola Bizzi dal titolo ” Traffico di organi umani: il nuovo business dei gruppi ribelli siriani “,    pubblicato on line sul sito  signoraggio.it,  e  che riportiamo fedelmente in coda,  echeggia (anche ) un nostro articolo precedente.

Una fondata ipotesi emergeva anche dalla valutazione dei fatti della Cecchignola a Roma, occasione delle denunce e del tentativo di distruzione di chi scrive,  e sulla indagine ormai ben nota, grazie a noi, “Fiori nel fango due ”  .

Sulla questione della “formazione militare” ed i rapporti con la pedofilia ed efebofilia elettivamente “ROM” consulta l’articolo:

” GENOCIDIO ETNICO INFANTILE, PARAFILIA, PEDOFILIA ELITE MILITARI  PROGETTI DEVIATI E FRAMMENTI DI CASTE EVERSIVI .CHI DEVE “ACCOMPAGNARE AMOREVOLMENTE” ALLA PORTA CHI …. “

 http://paoloferrarocdd.blogspot.it/2013/12/genocidio-etnico-infantile-parafilia_9.html .

Dalla registrazione sotto riportata e quella che segue ( anche ) alla fine dell’ascolto del primo audio, dove compare la voce di un bambino ROM , che dice con espressione dialettale tipica “‘o cule ” e dall’audio del commando che si allontana repentinamente dalla casa

Continua qui: https://paoloferrarocdd.blogspot.com/2014/02/traffico-di-organi-umani-ed-efebofilia.html

 

Traffico di organi umani: il nuovo business dei gruppi “ribelli” siriani

Una denuncia shock del network Press TV mette in luce un traffico di organi umani praticato in Si-ria da gruppi di “ribelli” con l’appoggio di compagnie private

Il network internazionale di notizie Press TV ha diffuso oggi una scioccante notizia proveniente dalla Siria: gruppi di sedicenti “ribelli” siriani, in realtà formazioni terroristiche fondamentaliste provenienti dall’estero e finanziate dall’Arabia Saudita e da altri Paesi del Golfo, praticherebbero da tempo una lucrosa attività di traffico di organi umani per conto di compagnie private con sede in Turchia. Secondo quanto denuncia un lungo e dettagliato report di Press TV, tali gruppi opererebbero nelle zone settentrionali del Paese sottratte all’autorità di Damasco e controllate dalle milizie islamiste e si sarebbero specializzati nell’individuare e rapire le loro vittime. Prevalentemente bambini, giovani in buona salute e donne che, una volta sequestrati con la minaccia delle armi, vengono condotti in attrezzati ospedali da campo dove, con l’aiuto di medici compiacenti, vengono uccisi e soggetti all’espianto degli organi. Questi ultimi verrebbero poi trasportati oltre confine, in Turchia, per mezzo di speciali ambulanze private.

In questo traffico è stato denunciato, da più fonti, il coinvolgimento di alcuni ospedali turchi che rivenderebbero gli organi sul mercato nero. E i corpi di queste vittime verrebbero poi fotografati e filmati per dare l’impressione che a commettere simili atrocità siano le forze regolari dell’esercito siriano.

Sempre secondo quanto riporta Press TV, molti inermi cittadini siriani verrebbero trasportati oltre confine ancora in vita, ma spesso in stato di incoscienza, sempre tramite apposite ambulanze private, e verrebbero sottoposti agli espianti direttamente negli ospedali coinvolti in questo business criminale. Già nel Maggio del 2013 questo traffico era stato denunciato dal quotidiano libanese Ad-Diyar, che aveva chiamato in causa direttamente le autorità turche, colpevoli di coprire, se non addirittura di incoraggiare, le attività degli ospedali di Antakya e Iskenderun, i due principali centri coinvolti nell’espianto e nella vendita degli organi sul mercato nero, sia interno che internazionale.

Sempre secondo il reportage di Ad-Diyar, gli organi più soggetti a questi espianti clandestini sarebbero fegato, reni e cuore, del resto i più richiesti sul mercato.

Conferme sono giunte anche da parte di medici turchi che hanno deciso di parlare con la stampa e di rompere quindi il muro di omertà che fino ad oggi ha avvolto questo allucinante ma redditizio traffico. In base alle dichiarazioni di tali medici, su un totale di 62.000 civili e militari siriani trasportati in Turchia, oltre 15.000 sarebbero stati assassinati e soggetti all’espianto degli organi. I loro corpi sarebbero poi stati ritrasportati in Siria, cosparsi di benzina e dati alle fiamme.

Il traffico di organi umani, dopo quello di droga e di armi, rappresenta su scala mondiale uno dei maggiori profitti della criminalità organizzata.

Continua qui: http://www.signoraggio.it/traffico-di-organi-umani-il-nuovo-business-dei-gruppi-ribelli-siriani/

 

BELPAESE DA SALVARE

05 novembre 2018

In Italia si muore di abusivismo e menefreghismo, non di maltempo

Per gli italiani fa più paura il terrorismo dell’inquinamento e del dissesto idrogeologico: sbagliano, perché è di questo che si muore in Italia. E se non la smettiamo, di fare i furbi, di costruire dove non si deve, di alzare le spalle a ogni vincolo ambientale, andrà sempre peggio

Sulla catastrofe ambientale che ha colpito l’Italia, un disastro che uccide intere famiglie, adulti e bambini, stermina boschi centenari, annega aziende, c’è anche una versione complottista: nei giorni precedenti al 29 ottobre, ci informa una nota che sta girando molto sul web, nei cieli italiani «ci sono state fortissime operazioni di aviodispersioni a bassa quota». Seguono immagini satellitari attribuite alla Nasa che dimostrerebbero «l’irraggiamento di onde elettromagnetiche» le quali avrebbero prodotto una tempesta distruttiva, guarda caso dopo le durissime critiche UE alla nuova finanziaria». Farebbe ridere se non sapessimo che l’antiscientismo delle catastrofi non è solo cosa da estremisti matti ma ha anche un suo fronte moderato, una sua versione light con numerosissimi seguaci.

Se gli ultras favoleggiano di cannoneggiamenti chimici, un largo pezzo d’Italia segue convinto la superstizione che le regole urbanistiche, edilizie, di manutenzione, siano una sovrastruttura della modernità, un’inutile briglia alla pratica del «si è sempre fatto così». Questo pezzo d’Italia continua a costruire sugli argini, in riva a torrenti e canali idraulici senza protezione, sotto picchi franosi. Concede condoni a chi lo fa, taglia i fondi alla prevenzione e alle opere sul territorio, ignora con ostinazione ogni norma che impone demolizioni o messe in sicurezza, con il segreto retropensiero che la parola “ambiente” sia un’invenzione del politicamente corretto, un orpello, una bugia.

Quelli delle scie chimiche delirano, ma sono fuori dal tempo e dal mondo pure tutti i soggetti che, da un paio di decenni, mettono le opere ambientali in coda all’elenco delle priorità, giudicando gli eventi catastrofici legati alla natura – i crolli dopo i terremoti, le esondazioni assassine, le frane delle colline mai rimboschite – come qualcosa di inevitabile, un pedaggio che è normale pagare al capriccio degli dei o del meteo. Il resto d’Europa non ha questa idea. Paesi più giovani e meno superstiziosi da tempo mettono la cura del territorio (non la conservazione allo stato brado: le infrastrutture e l’urbanizzazione ordinata) in cima alla lista. Il successo continentale dei Verdi, non solo in Germania, ci dice che dove c’è sviluppo e senso del futuro la tutela ambientale è un tema politicamente importante perché è diffusa la consapevolezza di un cambiamento climatico in corso e della necessità di attrezzarsi affinché le sue conseguenze non siano devastanti.

Da noi, nel più recente sondaggio sulle richieste del Paese alla politica, la necessità di «combattere l’inquinamento e il dissesto del territorio» è rimasta fuori dai primi dieci posti, molto al di sotto di «proteggere l’Italia dalla minaccia terrorista

Da noi, nel più recente sondaggio sulle richieste del Paese alla politica (Cise, febbraio 2018, poco prima delle elezioni), la necessità di «combattere l’inquinamento e il dissesto del territorio» è rimasta fuori dai primi dieci posti, molto al di sotto di «proteggere l’Italia dalla minaccia terrorista» anche se in Italia il terrorismo non ha fatto, di recente, nemmeno un morto mentre le vittime di alluvione

 

Continua qui: https://www.linkiesta.it/it/article/2018/11/05/in-italia-si-muore-di-abusivismo-e-menefreghismo-non-di-maltempo/39997/

 

 

 

 

Francia, i medici: pessima idea i vaccini imposti ai neonati

Scritto il 06/11/18 • nella Categoria: segnalazioni Condividi

In Francia oggi la consuetudine prevede di praticare ai neonati 11 vaccinazioni. Una scelta giustificata da motivazioni solide. Tre erano già obbligatorie, mentre le altre otto erano raccomandate. Nel 2018 sono state rese tutte obbligatorie. Avrebbero anche potuto diventare tutte “raccomandate”. Le autorità sanitarie francesi, con la ratifica del Parlamento, hanno scelto la strada dell’obbligo per accrescere o mantenere la copertura vaccinale, di fronte alle forti resistenze espresse nei confronti di alcune vaccinazioni. Ai timori sugli effetti indesiderati di alcune vaccinazioni e alle richieste di ricerche più attive sulle loro conseguenze a lungo termine, le autorità sanitarie francesi hanno scelto di rispondere con l’autoritarismo, giudicando i genitori che si oppongono alle vaccinazioni come degli “irresponsabili”: espongono i loro bambini al rischio di tetano, la collettività al rischio di morbillo, le donne incinte al rischio di rosolia. Per questi genitori, sono le autorità sanitarie che sono “irresponsabili”: si rifiutano di prendere in considerazione avvertimenti che emergono dalla farmacovigilanza, esponendo i bambini a gravi effetti indesiderati, in particolare neurologici.

La autorità sanitarie francesi nel 2017 hanno deciso di forzare la mano, assumendo un atteggiamento paternalistico, anche nei confronti di chi domanda maggiori conoscenze, in particolare sugli adiuvanti. Questa risposta deresponsabilizza i genitori e gli operatori sanitari, e alimenta la diffidenza. Rischia di portare a uno scontro con genitori convinti di difendere i bambini. Certezza contro certezza, senza alcun progresso sulla strada della valutazione. Questa risposta è un triste segno di incapacità. Incapacità di affrontare una contestazione, quale che ne sia la parte di irrazionalità e di scientificità. Incapacità di costruire una risposta adeguata, in una società in cui il sapere è condiviso e multiplo. Incapacità di sostenere gli operatori sanitari nel loro ruolo di mediatori, fornendo dati non influenzati dalle opinioni per quantificare i rischi e i benefici.

La nostra società non deve essere obbligata a scattare sull’attenti. Raccomandare le vaccinazioni che hanno un rapporto tra benefici e rischi favorevole offre il vantaggio di imporre alle autorità sanitarie alcuni obblighi: l’obbligo di fornire argomenti di sostegno chiari, senza negare i dubbi, l’obbligo di modificare le raccomandazioni a seconda dell’evolversi delle conoscenze, l’obbligo di mantenere comportamenti  esemplari nei rapporti con le case farmaceutiche che producono i vaccini e nelle scelte di sanità pubblica.

(“Obbligati?”, editoriale apparso sul numero 412 della prestigiosa rivista medica francese “La Revue Prescrire”, considerata a livello internazionale «un autentico caposaldo della letteratura medica fondata sulle prove e indipendente dagli interessi delle case farmaceutiche», come spiega “Voci dall’Estero”, che ha tradotto e pubblicato l’intervento).

In Francia oggi la consuetudine prevede di praticare ai neonati 11 vaccinazioni. Una scelta giustificata da motivazioni solide. Tre erano già obbligatorie, mentre le altre otto erano raccomandate. Nel 2018 sono state rese tutte obbligatorie. Avrebbero anche potuto diventare tutte “raccomandate”. Le autorità sanitarie francesi, con la ratifica del Parlamento, hanno scelto la strada dell’obbligo per accrescere o mantenere la copertura vaccinale, di fronte alle forti resistenze espresse nei confronti di alcune vaccinazioni. Ai timori sugli effetti indesiderati di alcune vaccinazioni e alle richieste di ricerche più attive sulle loro conseguenze a lungo termine, le autorità sanitarie francesi hanno scelto di rispondere con l’autoritarismo, giudicando i genitori che si oppongono alle vaccinazioni come degli “irresponsabili”: espongono i loro bambini al rischio di tetano, la collettività al rischio di morbillo, le donne incinte al rischio di rosolia. Per questi genitori, sono le autorità sanitarie che sono

 

Continua qui: http://www.libreidee.org/2018/11/francia-i-medici-pessima-idea-i-vaccini-imposti-ai-neonati/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Il Regno Unito non ha più soldati. E ora Londra apre agli stranieri

Il governo britannico rimuove il vincolo della residenza per i cittadini del Commonwealth. Saranno tutti arruolabili nelle forze armate di Sua Maestà

Luca Romano – Lun, 05/11/2018 – 12:50

In Gran Bretagna scarseggiano soldati. E il governo del Regno fa un annuncio rivoluzionario: potranno arruolarsi anche gli stranieri anche senza aver già vissuto in territorio britannico.

Ad anticipare la decisione della Difesa di Sua Maestà, il Telegraph e il Times. Gli autorevoli quotidiani Uk hanno infatti rivelato che l’esecutivo conservatore vuole cancellare il requisito della residenza di almeno cinque anni nel Regno per i cittadini del Commonwealth.

Si liberalizza il sistema, quindi. E la speranza, per Londra, è che questo via libera preceda una grande infornata di militari per esercito, Royal Air Force (Raf) e Royal Navy, con un arruolamento di 1350 nuovi soldati ogni anno

 

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/mondo/regno-unito-non-ha-pi-soldati-e-ora-londra-apre-agli-1597185.html

 

 

 

 

 

Alta tensione nei cieli: jet russo da guerra intercetta aereo della Marina Usa

Manovra “pericolosa e poco professionale” di un jet russo di fronte a un velivolo statunitense: è il secondo caso in pochi giorni

Claudio Cartaldo – Lun, 05/11/2018 – 19:08

Alta tensione nei cieli del Mar Nero. I “giochi di guerra“, così sono stati rinominati, tra gli Stati Uniti e Russia proseguono in maniera intensa.

Dopo i tanti casi del passato e l’ultimo evento di pochi giorni fa, quando un bombardiere russo ha sorvolato l’ammiraglia della sesta flotta americana che era impegnata nelle esercitazioni Nato in Norvegia, ora l’amministrazione americana denuncia una manovra “poco professionale” e a dir poco pericolosa di un jet di Mosca nei confronti di un velivolo Usa.

A finire nel mirino è un aereo da ricognizione della Marina americana. Siamo nello spazio aereo internazionale che sorvola il Mar Nero. Qui il velivolo Usa è stato intercettato da un jet da combattimento russo che in modo “poco sicuro e poco

 

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/mondo/alta-tensione-nei-cieli-jet-russo-guerra-intercetta-aereo-1597552.html

 

 

 

 

 

Apocalisse maltempo: qualcuno sta bombardando l’Italia?

Scritto il 03/11/18

Siamo stati deliberatamente “bombardati” da nubifragi devastanti, scatenati da perturbazioni artificiali? «Il prossimo che riparla di scie chimiche andrà sottoposto a un Tso», disse a mo’ di battuta Matteo Renzi, scoraggiando ulteriori interrogazioni parlamentari, sul fenomeno, da parte di esponenti del Pd. Oggi però, con il Nord-Est raso al suolo da eventi mai visti a memoria d’uomo, c’è chi torna sul tema in modo più che esplicito: «Bombardamento climatico sull’Italia, un avvertimento al governo?», si domanda il blog “Disquisendo”, secondo cui «nei giorni precedenti al disastro, ci sono state fortissime operazioni di aviodispersione a bassa quota». Tutti hanno visto il cielo sereno “rannuvolarsi”, dopo l’emissione di una rete fittissima di migliaia di scie bianche rilasciate dagli aerei di linea. Follia? Complottismo da strapazzo? L’unica vera certezza è la storica carenza di spiegazioni ufficiali definitive ed esaurienti. Si accumulano invece informazioni parziali, da fonti indipendenti, riguardo al presunto impiego clandestino della geoingegneria, inaugurata da Israele per far piovere sul deserto del Negev. La stessa Cia, oggi, ammette che sono in corso vaste sperimentazioni. Nel saggio “Owning the wheather” (possedere il clima), l’economista canadese Michael Chossudowsky svela che la “guerra climatica” è ormai una realtà.

Un silenzio tombale è calato sulle rivoluzionarie scoperte del fisico Nikola Tesla, all’epoca emarginato dalla comunità scientifica, mentre l’ingegnere bresciano Rolando Pelizza ha raccontato a due docenti universitari, Francesco Alessandrini e Roberta Rio, che il geniale Ettore Majorana (ufficialmente scomparso nel 1938 ma in reatà nascosto in Calabria fino al 2005) progettò una “macchina” capace di mutare il clima all’istante. «Dello sviluppo di questa “macchina”, costruita in 50 esemplari su istruzioni dello stesso Majorana – dice ancora Pelizza – fu incaricato direttamente il governo italiano tramite Giulio Andreotti, che poi passò il dossier alla Cia». Un altro italiano, l’imolese Pier Luigi Ighina – assai meno celebre di Majorana, ma notissimo agli appassionati – riprodusse anche per le telecamere di “Report”, su Rai Tre, il suo straordinario esperimento, condotto con mezzi artigianali: Ighina era in grado di far piovere, creando nuvole nel cielo sereno (o a scelta, di far spuntare il sole tra i nuvoloni) semplicemente azionado, da terra, le pale di una sorta di ventilatore gigante, cosparse di alluminio. Il trucco? Cambiare la consistenza elettromagnetica della bassa atmosfera, immettendo vortici di onde.

«La manipolazione climatica è realtà», sostiene il sito “Dionidream”, citando estati torride e mezze stagioni scosse da nubifragi e alluvioni di inaudita violenza, come quelli che hanno messo in ginocchio varie aree della Pensiola, a cominciare dal Veneto, dove le trombe d’aria hanno divelto decine di migliaia di alberi, devastando storiche foreste alpine. Fuori dall’Italia, il fenomeno della manipolazione climatica non è esattamente una novità: «Festa in cielo, vietata la pioggia», titolò il Tgcom24 di Mediaset il 23 marzo 2009, parlando di «aerei in cielo per disperdere le nubi» in occasione del settantesimo anniversario della “repubblica popolare” fondata da Mao. «Per impedire che la pioggia rovini i grandiosi festeggiamenti in programma, si ricorrerà a una tecnica senza precedenti», raccontò il telegiornale: «L’aviazione impiegherà 18 apparecchi che disperderanno nell’atmosfera prodotti chimici per impedire che dal cielo sopra Pechino cada la pioggia». Nello stesso anno, a novembre, sempre la Cina s’imbiancò fuori stagione, come raccontò “La Repubblica”: «Una nevicata precoce ha coperto con un’abbondante coltre bianca Pechino. Il tutto ha però ha avuto un aiutino dell’Ufficio Modificazione del Tempo della capitale cinese».

I tecnici, riferì tranquillamente l’agenzia “Xinhua”, «hanno riversato in cielo con degli aerei 186 dosi di ioduro d’argento, per approfittare delle nuvole e del brusco calo della temperatura». Questo, scrisse “Repubblica”, «ha generato la nevicata», il cui scopo era «alleviare la persistente siccità». Ammise Zhang Qiang, responsabile dell’ufficio meteorologico: «Non ci facciamo sfuggire occasione per provocare precipitazioni, da quando Pechino registra una persistente condizione di siccità». Due anni dopo, nel 2011, l’allora presidente iraniano Mahmud Ahmedinejad accusò l’Occidente di aver provocato una gravissima siccità per mettere in crisi l’economia agricola del paese. «Secondo rapporti sul clima, accuratamente verificati, le potenze occidentali forzano le nuvole fino a far piovere», dichiarò Ahmedinejad, come confermato dal “Giornale”. «I nostri nemici distruggono le nuvole prima che arrivino sul nostro paese». Ancora la Cina, già nel 2011, è tornata protagonista sul tema, annunciando un investimento da 120 milioni di euro per riuscire, entro il 2015, a far aumentare del 10% le precipitazioni nelle zone più aride.

«Un primo esperimento in tal senso era stato già condotto nel febbraio 2009, quando diverse regioni erano state irrorate da una pioggerellina leggera, generata da agenti chimici sparati nell’atmosfera con 2.392 razzi e 409 cannoni, in grado di creare nuvole cariche di pioggia», scrove il sito “Greenews”. «Le nuvole ‘adatte’ alle precipitazioni vengono ‘seminate’ con ioduro d’argento, un agente chimico che favorisce l’aggregazione delle molecole d’acqua per creare grandi gocce abbastanza pesanti da cadere al suolo». La tecnologia in realtà non è nuova, aggiunge “Greenews”: i primi esperimenti risalgono alla Guerra Fredda. «Durante la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti lanciarono l’Operazione Popeye per cercare di intensificare i monsoni sul Sentiero di Ho Chi Minh, la rete di strade che andavano dal Vietnam del Nord al Vietnam del Sud passando per Laos e Cambogia, usate dai Vietcong e dai loro sostenitori. Nel 1978, però, gli esperimenti per far piovere artificialmente negli Usa furono interrotti, in seguito a una grave inondazione causata dal bombardamento chimico delle nubi». Dal Sud-Est Asiatico al Medio Oriente: «Israele “stimola” le nuvole dal 1961 e riesce così a rendere fertili e rigogliose terre di per sé aride».

«Nel mondo ci sono diversi esperimenti in corso di questo tipo, ma siamo lontani dal poter dire di essere in grado di controllare la pioggia», disse nel 2012 a “Greenews” uno specialista come Sandro Fuzzi, climatologo del Cnr di Bologna, al quale allora sembrava remoto il rischio di gravi effetti collaterali, dato che gli interventi si svolgevano «su scala ridotta, al massimo di qualche decina di chilometri», mentre i fenomeni più distruttivi, come le alluvioni, «riguardano fronti di centinaia e anche migliaia di chilometri». L’ultima frontiera, aggiunge ancora “Greenews”, consiste nel bombardare le nuvole dal basso con dei laser: esperimento condotto nel 2010 in laboratorio e poi «replicato a Berlino da un gruppo di ricercatori dell’università di Ginevra e pubblicato sulla rivista “Nature Photonics”». Con un laser di grande potenza, una specie di “cannone energetico”, i ricercatori hanno colpito ed “eccitato” le molecole di gas presenti nell’aria. «Il risultato è stata la formazione di nuclei di condensazione attorno ai quali si sono create piccole gocce di acqua». Secondo il blog “Shivio news”, già nel 2012 erano oltre 20 i paesi impegnati nella sperimentazione di nuove tecniche per provocare precipitazioni.

In vetta classifica primeggiano i soliti cinesi: Pechino, letteralmente, «impiega nel “rainmaking” oltre 37.000 addetti, fra tecnici e ricercatori», mentre «una trentina di aerei, 4.000 rampe per razzi e 7.000 cannoni vengono usati per sparare in cielo nuclei di sostanze intorno alle quali stimolare processi di condensazione di gocce d’acqua o cristalli di ghiaccio». Negli Stati Uniti, gli aerei «gettano nelle nuvole ghiaccio secco e ioduro d’argento». In Sudafrica si usa invece il cloruro di potassio: «I sali vengono diffusi da aerei che volano sotto le nubi in formazione, e servono ad aumentare il numero e la misura delle gocce». Anche il Messico, aggiunge “Shivio”, sta sperimentando la tecnica sudafricana, che «sembra che sia in grado di aumentare di un terzo il volume delle precipitazioni». Qualcuno poi ricorderà la primissima performance, in assoluto, della geoingegneria più spettacolare: il 9 maggio del lontano 2007, in occasione della fastosa celebrazione dell’anniversario della vittoria dell’Urss nella Seconda Guerra Mondiale, il Tg1 riprese lo spettacolo del sole riapparso “miracolosamente” tra le nubi nerissime del cielo di Mosca, grazie a una portentosa miscela a base di azoto, iodio e argento diffusa dagli aerei.

Dall’uso civile a quello militare, il passo è breve: «Almeno quattro paesi – Stati Uniti, Russia, Cina e Israele – dispongono delle tecnologie e dell’organizzazione necessaria a modificare regolarmente il meteo e gli eventi geologici per varie operazioni militari ufficiali e segrete, legate a obiettivi secondari, tra cui il controllo demografico, energetico e la gestione delle risorse agricole». Lo disse già nel 2012 l’esperto aerospaziale Matt Andersson, allora in forza alla compagnia hi-tech Booz Allen Hamilton di Chicago. In un’intervista al “Guardian”, Hamilton ha ammesso: il nuovo tipo di guerra non convenzionale «comprende la capacità tecnologica di indurre, spingere o dirigere eventi ciclonici, terremoti e inondazioni, includendo anche l’impiego di agenti virali per mezzo di aerosol polimerizzati e particelle radioattive, trasportate attraverso il sistema climatico globale». Lo stesso Hamilton ha citato una think-tank della galassia neocon, il Bpc (Bipartisan Policy Center, con sede a Washington) e il suo rapporto nel quale chiede agli Usa e agli alleati di accelerare la sperimentazione su larga scala del cambiamento climatico.

Secondo il “Guardian”, il gruppo è finanziato da «grandi compagnie petrolifere, farmaceutiche e biotecnologiche», e rappresenta «gli interessi corporativi del mondo militare e scientifico statunitense». Il newsmagazine “Sputnik News”, citando il canadese Chossudovsky, osserva: la geoingegneria ha omai prodotto «sofisticate armi elettromagnetiche». E anche se la cosa non è ammessa ufficialmente, men che meno a livello scientifico, le capacità di manipolare il clima (anche per scopi militari) sono in stato avanzatissimo. La storia di questa disciplina risale addirittura al 1940, quando il matematico americano John Von Newman, al Pentagono, iniziò la sua ricerca per la modifica del clima. Obiettivo: alterare i modelli meteorologici. Una tecnologia sviluppata negli anni ‘90 secondo il programma di ricerca della cosiddetta “alta frequenza aurorale attiva” (Haarp, High Frequency Active Auroral Research Program), come appendice di una iniziativa strategica di difesa, le “Guerre stellari”. Il programma Haarp, installato in Alaska e poi bloccato, sarebbe stato parte di una strategia tuttora attiva: le brusche modifiche del clima possono «estendersi, avviando inondazioni, uragani, siccità e terremoti».

Ammissioni ufficiali? Impensabili. Meglio lasciare che certe voci circolino in modo incontrollato (bufale comprese), per poi liquidare il tutto sotto la voce “teoria del complotto”. «E’ naturale che su un tema come il cambiamento climatico la Cia collaborerebbe con gli scienziati per meglio comprendere il fenomeno e le sue implicazioni sulla sicurezza nazionale», ha detto un portavoce dell’intelligence Usa, dopo la diffusione della notizia, da parte del sito legato al periodico statunitense “Mother Jones”, secondo cui proprio la Cia starebbe aiutando con ingenti finanziamenti la Nas, National Academy of Sciences, impegnata in uno studio sull’applicazione della geoingegneria per manipolare il clima. Su “Meteoweb”, Filomena Fotia spiega che “Mother Jones” descrive lo studio come un’inchiesta riguardante «un numero limitato di tecniche di geoingegneria, inclusi esempi di tecniche di gestione delle radiazioni solari (Srm, Solar Radiation Management e rimozione dell’anidride carbonica (Cdr, Carbon Dioxide Removal). Geoingegneria “buona”, per proteggerci dall’attività solare divenuta pericolosa per la Terra?

«La manipolazione meteorologica – aggiunge Fotia – è stata riportata in auge da molti commentatori statunitensi in occasione dei devastanti tornado in Oklahoma, o di altri eventi estremi come l’uragano Sandy, che sarebbero stati “generati dal governo” usando la base dell’Haarp in Alaska». Ma, appunto: il tema si presta a speculazioni incontrollate, vista la mancanza di riscontri esaurienti da parte delle autorità, sempre estremamente laconiche, come quelle interpellate nel 2014 da Alessandro Scarpa, allora consigliere comunale di Venezia. “Grandinata anomala e scie chimiche, il maltempo si tinge di mistero”, titolò il 24 settembre il “Gazzettino”, storico quotidiano veneziano, dopo «una grandinata fuori dal normale», sotto un cielo «carico di nubi come mai si era visto». E lassù, «quelle scie bianche nel cielo terso il giorno dopo». Sono bastati questi due fenomeni, scriveva il “Gazzettino” quattro anni fa, a ridestare un quesito: e se questo maltempo eccezionale non fosse il risultato delle bizze atmosferiche, ma di qualcosa di “chimico”?

In redazione arrivò una lettera allarmatissima: grondaie intasate da “noci” di ghiaccio persistenti ed enormi: «Come mai questo ghiaccio non si è sciolto? Sembrerebbe di formazione chimica, da laboratorio, e non naturale». Per Alessandro Scarpa, vale la pena di esaminarli, certi fenomeni, «se non altro per capire di cosa si tratta» Ad esempio, «le strane scie chimiche che si vedono nei nostri cieli». Molte le segnalazioni pervenuite al Consiglio comunale, «da parte di cittadini veneziani, preoccupati, che chiedono spiegazioni». Scarpa si è rivolto inutilmente all’Enav, l’ente nazionale di assistenza al volo, che gestisce il controllo del traffico degli aerei civili. Nessun lume neppure dal ministero dell’ambiente di Roma: risposte evasive o bocche cucite. «È quindi opportuno – sottolinea Scarpa – preoccuparsi seriamente per noi e per i nostri figli». E aggiunge, rivolto ai giornalisti disattenti: «Questa mattina, quando il cielo era limpidissimo, si sono viste una quindicina di linee nel cielo veneziano». Quattro anni dopo, la situazione è gravemente peggiorata: non c’è più una giornata serena senza che il cielo non sia “sporcato” dalle scie, di ora in ora, mentre l’Italia sta diventando il bersaglio di violentissime tempeste di tipo tropicale, come quella che ora ha messo in ginocchio il Nord-Est.

Lo scorso anno, a gennaio, il colonnello Mario Giuliacci – affabile volto televisivo – sul suo sito ha tentato di sgombrare il campo da ogni illazione, presentando testualmente un comunicato ufficiale dell’aeronautica militare. La spiegazione dei militari è ineccepibile, riguardo alla vistosa presenza di molte delle scie: «Le nuove generazioni di motori che equipaggiano i moderni aeroplani a reazione, per avere un miglior rendimento termodinamico dato dalla differenza di temperatura tra la camera di combustione e l’ambiente esterno, impiegano miscele di acqua e carburante la cui combustione genera le enormi quantità di vapore acqueo che sono all’origine delle scie». Secondo i militari

 

Continua qui: http://www.libreidee.org/2018/11/apocalisse-maltempo-qualcuno-sta-bombardando-litalia/

 

 

 

CULTURA

A Jorge Luis Borges il Nobel per la letteratura postumo, in risarcimento.

Era ora. E ora, continuiamo così…

Pangea

Posted on novembre 05, 2018, 7:21 am

Nell’anno in cui non si è assegnato il Nobel per la letteratura, si sono sbizzarriti. Segno, immagino, che l’evento culturale ormai è più importante del fatto letterario, che per giustificare la letteratura ci vuole un premio che la glorifichi.

*

La neocostituita New Academy, per dire, crede di bonificare il Nobel ma ne adotta i criteri. Ad esempio, la ‘motivazione’. L’unica motivazione, per uno scrittore, non è forse l’opera? Ogni parola ulteriore non è superflua fino al grottesco? Ad ogni modo, presso la biblioteca di Stoccolma, il 12 ottobre scorso, è stata insignita del nuovo Nobel – si adotta il consueto logo The Laureate, manco fossimo in un film… e in effetti è così, è letteratura cinematografica – Maryse Condé, “una grande narratrice. La sua autorità appartiene alla letteratura mondiale. Nella sua opera, descrive le devastazioni del colonialismo e il caos postcoloniale in una lingua al tempo stesso precisa e travolgente”. Anche in questo caso, ho paura che abbia vinto il politicamente corretto in sugo svedese. Maryse Condé viene da Guadalupa, si fa grande nell’orrendo Occidente – studia alla Sorbona, insegna alla Columbia, ha casa a New York – e scrive romanzi di fervida efficacia – ricordo, molto bello, Le muraglie di terra, in Italia per Edizioni Lavoro. Brava è, senza dubbio; eppure, la ‘motivazione’ insiste su un dato ‘politico’ – il colonialismo – più che estetico: perché? Perché in Svezia, se non credono nella letteratura, continuano ad assegnare un premio letterario di risonanza mondiale?

*

Anche all’altro capo del mondo, in Argentina, hanno deciso di inventarsi un Nobel ‘alternativo’. L’evento è andato in scena, un paio di settimane fa, al Malba (Museo de Arte Latinoamericano de Buenos Aires), alla presenza, tra gli altri, di Irvine Welsh, Anne Carson, David Leavitt, Catherine Millet, durante il Festival Internacional de Literatura Filba. L’idea però è più interessante rispetto a quella partorita dalla matrona Svezia. Il Nobel, a Buenos Aires, hanno deciso di assegnarlo a Jorge Luis Borges. In risarcimento. “La letteratura attuale è inconcepibile senza Borges”, dicono gli organizzatori. Una salutare ovvietà: pochi libri del Novecento hanno avuto una influenza pari a L’Aleph e a Finzioni, se togliamo l’opera di Kafka, il ‘monologo interiore’ di Joyce, i labirinti verbali di Proust.

*

Come si sa, Borges è l’arcinemico del Nobel, la cartina di tornasole che squalifica l’attività culturale dei parrucconi di Svezia a dopolavoro per giovani marmotte appena alfabetizzate. ‘Nominato’ un tot di volte – nel 1956 la prima volta, poi ininterrottamente dal 1962 al 1966 – Borges viene ordinariamente escluso dalla lotta finale per il premio. “Dev’essere una sorta di ordine cosmico, una specie di simmetria, qualcosa come un rito: ogni anno mi nominano al premio, ogni anno mi dimenticano”, diceva Borges, “El humor de Borges era lo máximo!”, mi scrive la mia cara ‘Sole’ da Buenos Aires. La sottile perfidia del club svedese – perché continuare a sventolare davanti agli occhi

Continua qui: http://www.pangea.news/a-jorge-luis-borges-il-nobel-per-la-letteratura-postumo-in-risarcimento-era-ora-e-ora-continuiamo-cosi/

 

 

 

 

Mistica sacrificale e terrorismo rituale in politica: la Legione dell’Arcangelo Michele di Conrneliu Zelea Codreanu.

7 giugno 2018 – Lara Pavanetto

 

 

 

 

La nascita di un movimento politico non è mai stato nella Storia un fatto casuale, ma sempre una risposta a problemi spirituali, etici, pratici e contingenti che caratterizzano un’epoca. La storia politica europea, non è una storia asettica e limpida. Anzi, quasi sempre, la politica è stata, ed è, una manifestazione, più o meno evidente, della cultura elitaria religiosa, esoterico-magica occidentale.  La storia, poco conosciuta, della Legione dell’Arcangelo Michele di Corneliu Zelea Codreanu (1899-1938) ne è una dimostrazione. Siamo nella Romania post Prima Guerra mondiale, una nazione che nella sistemazione europea che segue il crollo degli Imperi centrali, ottiene notevolissimi vantaggi territoriali in seguito all’annessione di aree geografiche quali la Bessarabia, la Transilvania e la Bucovina, diventando cosi uno tra i più estesi e popolati paesi dell’Europa orientale. La grande maggioranza dei Romeni era costituita da contadini che vivevano e lavoravano, in condizioni assai dure, su terreni di proprietà di un ristretto ceto di grandi latifondisti. I contadini erano l’80% della popolazione complessiva, e mantenevano ancora vivi valori quali l’orgoglio nazionale, la fedeltà alla religiosità cristiana ortodossa e alla tradizione latina. Questo mondo contadino fu punto di riferimento di tutta una corrente letteraria d’ispirazione populista, che lo contrapponeva al mondo cittadino corrotto. Esisteva un baratro politico tra la stragrande maggioranza dei romeni, e il ‘paese legale‘ rappresentato dai partiti e da un ristretto gruppo di affaristi e speculatori raccolti attorno agli ambienti di Corte. Il ceto medio era estremamente ridotto, e questo spazio sociale era stato occupato nel tempo da stranieri soprattutto ebrei, ma anche russi, greci e armeni. Lo Stato era vissuto come una realtà astratta, lontana, presente soltanto attraverso un apparato burocratico lento e farraginoso. I contadini erano soliti organizzarsi in piccole confraternite nei villaggi, formate da persone vincolate da un reciproco giuramento di fedeltà. Spesso, in queste leghe, era presente il pope, in veste di consigliere, di guida spirituale e di custode della gerarchia dei valori che si tramandavano di generazione in generazione.  Alcuni intellettuali romeni denunciavano pubblicamente la presenza ebraica nel paese che, a loro giudizio, si traduceva in un controllo dell’intera vita politica ed economica nazionale. Tra questi intellettuali spiccava Alexandru Cuza, professore di economia politica nell’università di lasi, in Moldavia. Cuza elaborò un programma fondato sul concetto di unità nazionale ed etnica del popolo romeno, e su una rinnovata coscienza del patrimonio tradizionale. Nel 1919 fondò, insieme a Nicolae lorga (storico, letterato, museologo), il Partito Nazionale Democratico, al quale aderirà, per un certo periodo, anche Codreanu.  Corneliu Zelea Coderanu era nato nel 1899, figlio del professore di liceo Ion Zelea Codreanu e di Elizebeth Brunner, di origine austro-tedesca. Appena laureato, nel 1922, si recò in Germania per studiare economia politica nelle Università di Berlino e Jena. Nel marzo del 1923 tornò in Romania e fondò la Lega della Difesa Nazionale Cristiana (LANC), un movimento dai forti caratteri religiosi e mistici, sulla cui bandiera appariva il simbolo della svastica, un simbolo ancora, all’epoca, poco noto nell’accezione ‘antisemita’. Di certo Codreanu lo aveva conosciuto in Germania. Egli riteneva che il suo movimento dovesse distinguersi radicalmente da tutti gli altri partiti politici: il militante doveva essere un uomo di fede, non un semplice aderente per motivi ‘razionali’ o opportunistici. L’accusa di aver ordito una cospirazione per uccidere il capo del governo Ion Brătianu e alcuni ministri, poi fallita per un tradimento interno al gruppo stesso, porterà in carcere i capi della LANC, che saranno rinchiusi nel carcere di Vacaresti. Nella cappella del carcere, l’8 novembre 1923, giorno nel quale il calendario ortodosso festeggia i santi Michele e Gabriele, vittoriosi nell’Apocalisse, Codreanu ha una visione, con i suoi compagni, di fronte all’icona che raffigura l’Arcangelo Michele: «L’icona ci parve di una bellezza straordinaria.  […] ora mi sentivo legato a quella con tutta l’anima e avevo l’impressione che il Santo stesse lì, vivo davanti a me». In quello stesso giorno a Monaco, avviene il tentativo fallito di Putsch di Hitler, che farà di quella specifica data, con i suoi caduti nazisti, il giorno cruciale nella simbologia delle camicie brune. Il processo decretò l’assoluzione di Codreanu (che rivendicò le motivazioni ideali della cospirazione) e degli altri imputati. Pochi anni dopo, iI 24 giugno 1927, il giorno di San Giovanni Battista, Codreanu fonda la Legione dell’Arcangelo Michele. L’unità di base della Legione è il cuib, cioè il nido. L’Arcangelo Michele è inteso come il simbolo dell’eterno conflitto fra le forze del bene (della Tradizione) e quelle del male (della disgregazione e dei disvalori propri della cultura europea degli ultimi due secoli). La Legione nacque dalla volontà di un ristretto numero di persone che intendevano dar vita a una struttura compatta, elitaria, combattiva, che fosse in grado di rappresentare in potenza il futuro assetto dell’intera nazione romena. Codreanu richiedeva a ogni singolo militante di essere un uomo di fede, disposto alla lotta e alla sofferenza per il futuro della Romania. La lotta che la Legione indicava come lo strumento necessario per il riscatto della comunità nazionale, era in primo luogo una lotta interiore: ciascun legionario doveva trasformare il proprio essere prima di proporre qualcosa all’ambiente esterno. Non aveva senso per Codreanu la creazione di uno Stato nuovo che fosse poi messo nelle mani di uomini ‘vecchi’. La configurazione dello Stato proposta dalla Legione si basava su un’elite formata da uomini interiormente rinnovati e liberati da individualismo, edonismo, materialismo, viltà. Il cuib era un nucleo composto al massimo da tredici persone, e al suo interno erano affrontati tutti i problemi che la Legione incontrava.  Si tenevano conferenze su questioni di politica interna e internazionale; era esaminata la situazione dei ceti romeni più bisognosi di aiuto, studiando ad esempio nuovi sistemi di coltivazione e di irrigazione. Il legame tra i legionari era prima di tutto un legame spirituale. Essi ‘sentivano’ e vivevano allo stesso modo; la comunità era fondata su una visione del mondo dai forti accenti mistici e religiosi, e non consisteva in una semplice adesione a un programma ideologico. La Legione creò una vera mistica della morte. L’eterna lotta contro le forze del male poteva essere vinta soltanto da chi sapeva «…assicurarsi il concorso delle potenze spirituali» cioè di tutti i morti per la Stirpe, e naturalmente di Cristo. La fede in Dio era uno dei capisaldi della vita legionaria secondo il Libro del Capo del cuib: «Ci occupiamo di lotte tra noi e gli altri uomini e non di lotte tra i comandamenti dello Spirito Santo e i desideri della nostra natura terrestre; ci preoccupiamo e desideriamo le vittorie sugli uomini, non le vittorie sul diavolo e sui peccati. Tutti i grandi uomini del mondo di ieri e di oggi: Napoleone,

 

Continua qui: http://larapavanetto.blogspot.com/2018/06/mistica-sacrificale-e-terrorismorituale.html

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE

Le strategie eversive Paolo Ferraro.

INTERVISTA di Andrea Signini

venerdì 7 febbraio 2014

 

Le strategie eversive Paolo Ferraro.  INTERVISTA.

 

Tratteggiati percorsi e storia, metodologie e ruoli, progetti e tecniche.

Gli ultimi 35 anni della storia italiana: da Moro attraverso Falcone ai giorni nostri.

“Qualcuno” aveva commentato in facebook spiritosamente “oggi massimo livello di intelligence “…

Forse è allora arrivato il momento di capire che intorno alla vicenda di Paolo Ferraro si dipanano questioni centrali, e che occorre muoversi su vari piani:
1. Affinché tutto emerga “dal” livello di intelligence

  1. affinché sia denunciato all’opinione pubblica uno dei più clamorosi fatti di mobbing massonico nella storia della magistratura (tolte la congerie di attività criminali a danno personale di chi scrive)
  2. affinché si inverta la tendenza a congelare e nascondere tutto, gestendo il rientro motivato nella magistratura de “il” magistrato Paolo Ferraro,  con la forza dei fatti

.
4. affinché tutti prendano coscienza che occorre che per la prima volta nella storia che il popolo

 

Continua qui: https://paoloferrarocdd.blogspot.com/2014/02/le-strategie-eversive-paolo-ferraro.html

 

 

 

Livigni: ci governa la cupola che liquidò Kennedy e Mattei

Scritto il 05/11/18

Vorrei tornare su Enrico Mattei, di cui sono stato uno strettissimo collaboratore, per dire che in Italia è avvenuto qualcosa di orrendo, di sporco. Era stata fatta una inchiesta, quando l’aereo precipitò a Bascapè: un’inchiesta vergognosa, fatta da depistaggi e coperture della verità. Un’altra mezza inchiesta era stata subito chiusa. Nel 1994 ho pubblicato un libro con la Mondatori che si chiama “La grande sfida”, e sono riuscito avere documentazioni top secret dagli archivi della Jfk Library di Boston, dall’Eisenhower Library e, con mia sorpresa, ho scoperto che tra Mattei e Kennedy c’era una corrispondenza molto stretta. Dopo la crisi di Suez, quando Inghilterra e Francia erano state invitate dagli Stati Uniti a ritirarsi durante la Guerra di Suez, perché gli Usa temevano uno shock petrolifero, l’Italia avanzò la proposta di coprire un ruolo di nazione strategica, sul Mediterraneo, in sostituzione di Francia e Inghilterra. Kennedy era d’accordo, però bisognava dare stabilità politica al governo italiano, che cambiava ogni due mesi (c’era stata la crisi del governo Tambroni, che durò un mese e mezzo). Per dare stabilità politica bisognava scegliere un uomo e fare riforme. Kennedy esaminò tutti i possibili interlocutori italiani, e li scartò subito: via Fanfani, via Gronchi. E arrivò a Mattei: di lui, Kennedy era affascinato. E iniziarono delle trattative.

Una prima trattativa avvenne all’Hotel Excelsior di Roma, in grandissimo segreto. Mattei non si fece assistere da nessuno. Kennedy chiese alle grandi compagnie americane di mettere Mattei in condizioni di fare affari, di offrirgli contratti migliori di quelli che aveva con l’Unione Sovietica. Dopo lunghe trattative, venne fatto un contratto tra l’Eni e la Esso per la fornitura di 12 milioni di tonnellate l’anno di greggio a condizioni veramente migliori di quelle che Mattei aveva con l’Urss. Dopo l’accordo commerciale, segretissimo, si passò alla trattativa politica. Parteciparono il responsabile della politica estera di Kennedy e il futuro capo della Cia in Italia. Mattei doveva andare a dicembre 1962 a incontrare Kennedy. Non ne parlò con nessuno, neanche con me. Era abbastanza teso, in quei giorni: aveva ricevuto minacce. La cosa che mi colpì è che era stato in Sicilia, il 18 ottobre 1962. C’era stato un incontro a Gela, un Cda della Agip Mineraria. Lui transitò da Palermo, mi chiamò e mi disse: «Ti voglio vedere subito in aeroporto». Arrivò con l’aereo aziendale, mi diede indicazioni su fatti che stavamo svolgendo e io gli dissi: «Presidente, venga entro l’anno, perché abbiamo fatto una realizzazione, a Gela, che voleva lei: un grande deposito costiero per importare dalla raffineria di Gela i prodotti sul mercato». Lui disse: «Non posso venire, ho parecchi impegni, ci vediamo il prossimo anno».

Dopo sette giorni, ricevo una sua telefonata. Io mi trovo a Palermo, avevo un incarico di “scout man”, l’uomo dei servizi segreti nel petrolio che cerca di sapere cosa fanno le altre compagnie. Mi disse: «Sto partendo per Gela». «Presidente, ma… come mai?». «Poi glielo dico». Arrivai a Gela prima di lui, andai al Motel Agip e mi dissero: «Non atterra qui». L’Agip aveva un aeroporto privato, l’aeroporto di Ponte Olivo, con una pista molto sorvegliata. Ma la sera prima avevano messo una carica di tritolo e rotto la pista per non farlo atterrare, per farlo venire con l’elicottero. E lui dovette atterrare a Catania, arrivò intorno alle 13. Abbiamo parlato di problemi in corso che riguardavano l’Iraq. Nessun libro, dei 300 e rotti pubblicati nel mondo su Mattei, ha mai parlato dell’Iraq. Sapevo che c’era una questione in Iran: non si era riusciti a entrare nel consorzio dopo la caduta di Mossadeq, fatto cadere dagli angloamericani perché aveva nazionalizzato il petrolio (fatto cadere con l’uso dei sicari dell’economia). Mossadeq fu denunziato come se fosse un pazzo, e invece era molto saggio: era presidente del Consiglio del primo governo democratico iraniano, un governo eletto dal popolo.

Gli americani tornarono con gli inglesi e riaprirono le compagnie angloamericane, fecero un consorzio e noi siamo stati rifiutati. E Mattei disse: «Andiamoci a prendere il petrolio in Iraq». Che cosa era successo? Io ho conosciuto a Taormina Dino Grandi, ex ministro degli esteri del governo Mussolini, che mi ha informato che nel 1934 l’Agip, fondata nel 1926, era riuscita a ottenere in Iraq il più grande giacimento nell’area di Kirkuk, nell’area curda. Era riuscita per l’abilità di Grandi che venne a patti con gli inglesi, che avevano l’85% del territorio iracheno. Una concessione enorme, con una sessantina di concessioni. L’Iraq è un’invenzione di Churchill, che aveva capito che – tirando una linea, un rettangolo, e unificando sciiti, curdi, sunniti e turcomanni – avrebbe creato un paese in eterno confitto, facilmente governabile e dominabile da un punto di vista coloniale. Dino Grandi diede appoggio all’Inghilterra, perché scadeva il protettorato inglese nel 1934, presso la Società delle Nazioni, la futura Onu. In contropartita, l’Inghilterra accettò che l’Agip rilevasse una piccola società petrolifera, e poi accettò che questa si ingrandisse fino a diventare una concessione importante, che si chiama Mossul Oil Field.

E però avvenne che nel 1935 le truppe italiane invadono l’Etiopia, gli inglesi ricattano la Agip, dicono: «Se vuoi che noi interveniamo alla Società delle Nazioni per non fare sanzioni e un embargo petrolifero, ci devi cedere la Mossul Oil Field». Grandi trattò, e alla fine trovarono una soluzione: sarebbe andato a inglesi e americani il 51%, però l’Agip avrebbe mantenuto il 39% e una presenza strategica nella “golden share” della società, cioè avrebbe partecipato alle politiche e alle strategie. Quando Grandi tornò a Roma, Mussolini ebbe paura e disse: «No, cediamo la società, perché gli inglesi poi mi possono giocare un brutto scherzo, e io non posso fermare in Etiopia le truppe con un embargo». Mattei sapeva tutto questo, e dopo che fummo rifiutati dal consorzio iraniano disse: «Andiamoci a prendere il petrolio in Iraq». Si formò un gruppo molto ristretto. Io lavorai con l’équipe che andò in Iraq quando Khassem, nel 1958, abbatté la monarchia irachena di Re Faysal. Khassem venne contattato nel mese di agosto, in una caserma, mentre fuori si sparava. Gli fu portata una credenziale di Mattei, in cui diceva: «Vogliamo fare con voi un contratto paritetico, un partenariato, non un contratto in cui vi vede paese esattore di tasse o di royalty. Facciamolo insieme, facciamo una società paritetica che si occuperà anche di altre cose connesse al petrolio». Lui accettò e disse: «Voglio però prima cacciare via l’Iraq Petroleum Company».

E così si iniziò a dare assistenza legale a Khassem esaminando, concessione per concessione, l’Iraq Petroleum Company, per vedere dove questa società aveva mancato. Su 60 e rotti concessioni, la società ne aveva sfruttato solo tre, con un atteggiamento di scorrettezza enorme: si era mantenuta come riserva le altre risorse, privando il popolo iracheno di quelle royalty, ancorché irrisorie. Nel 1962 Khassem revocò le concessioni, queste 57 concessioni, all’Iraq Petroleum Company. Era una bomba! Una delle più grandi compagnie del mondo veniva buttata fuori, perché Khassem avrebbe fatto entrare l’Eni. Seguii da vicino la faccenda, ma non eravamo sicuri di essere sfuggiti ai servizi segreti americani e inglesi, perché in Italia c’era parecchia gente che voleva la fine di Mattei – parecchia. Lui aveva rotto con Fanfani: mandò all’opposizione i fanfaniani siciliani, che non erano gente troppo facile – erano Gioia, Lima. Avevano indirizzato i finanziamenti alla Dc, a Fanfani, a Moro. Era rottura totale, e Fanfani era presidente del Consiglio. Poi c’è la questione Cefis: Mattei lo aveva cacciato fuori, il vicepresidente, che era un uomo dei servizi inglesi.

Mattei era isolato, e durante la trattativa ho scoperto, con i documenti avuti, che c’erano stati interventi pesantissimi dell’ambasciata americana e inglese a Roma su Fanfani, per fermare Mattei, e Fanfani ha risposto: «Io Mattei non lo posso fermare, non ho il potere». È una cosa gravissima: «Fermare a ogni costo». Khassem fece una società nazionale per creare poi una società paritetica con noi, fece sapere che voleva dare un annunzio al giornalismo internazionale di questo progetto della costituzione della compagnia nazionale: non c’era più influenza esterna. Noi abbiamo detto: «Prendi tempo!». Era il 16 settembre del 1962. E Khassem, per la smania di dimostrare al popolo che stava lavorando per il bene dell’Iraq, rilasciò un’intervista che ci fece gelare. Disse: «Io ho revocato le concessioni all’Iraq Petroleum company e sto realizzando una società paritetica con l’Eni». Ci siamo sentiti persi: era grave, gravissimo. Abbiamo detto a Mattei di stare attento, di non viaggiare più in aereo. E quindi arrivò in Sicilia il giorno 26 ottobre. Eravamo terrorizzati. Io ho detto: «Presidente, non riparta questa sera per Milano. Venga con me, andiamo in campagna, mia moglie ha campagne vicino Palermo. Si riposi, non chiami neanche sua moglie. Un amico andrà a Roma e avviserà sua moglie, ma lo farà in modo privato: per un mese, “faccia finta di…”». Lui disse: «No, devo andare. Devo incontrarmi a Milano con l’onorevole Tremelloni questa sera e poi devo partire, devo fare il contratto con l’Algeria».

Era un altro contratto molto osteggiato dagli angloamericani, ma soprattutto da Fanfani perché non voleva che Mattei portasse avanti una politica di rottura nei confronti delle Sette Sorelle (fu Mattei a definirle così, in verità all’inizio voleva dire “sorellastre” ma poi i giornalisti l’hanno modificato). E’ voluto partire lo stesso, Mattei. E quella sera l’aereo è caduto. In Italia abbiamo avuto una porcheria degna di nessun paese al mondo. Quando pubblicai “La grande sfida”, il procuratore Vincenzo Calia di Pavia, zona dove l’aereo è caduto, riaprì l’inchiesta perché la novità era il rapporto Mattei-Kennedy. Indagò con molta serietà, Calia. Ho avuto l’onore di collaborare da vicino con l’avanzamento inchiesta, e si accertò l’avvenuto sabotaggio. Si sono riesumati i corpi di Mattei e Bertuzzi, il pilota, e si sono trovate tracce di esplosivo: Compound 200, un esplosivo molto potente. Si è accertato che l’esplosivo era stato messo sotto i comandi del carrello, e si può fare attraverso il ruotino: si infila la carica con una calamita. La notte tra il 25 e il 26, l’aereo era stato portato dentro l’hangar militare della Nato (quello che vi dico è nell’inchiesta), ed è stato sabotato dai servizi: l’ho scritto. L’aereo, quando il pilota azionò la cloche per scendere, è andato in aria, è esploso.

Ebbene, quest’inchiesta, che stava arrivando ai mandanti, già individuati (il magistrato stava acquisendo ulteriori elementi per le prove) è stata archiviata nel 2003. Dicono che Mattei non si sa perché è morto, alcuni dicono in un incidente: è una vergogna che una verità sia stata occultata. Se ammazzano un uomo non succede niente: un paese indegno. (Io ci ho perduto la moglie, nel luglio 2007: una macchina ci ha speronato e mia moglie è morta. Ebbene, chi ci ha speronato – che era ubriaco e drogato – sta passeggiando tranquillo, si diverte, va alle feste. Denunziato per omicidio colposo, ma non succederà niente!).  Ritorniamo a Mattei. Archiviata l’inchiesta, io ho fatto un libro in 25 giorni, lavorando notte e giorno, che si chiama “Caso Mattei, un giallo Italiano”. Perché giallo italiano? Perché alla fine è stata gestito da italiani, da

 

Continua qui: http://www.libreidee.org/2018/11/livigni-ci-governa-la-cupola-che-uccise-kennedy-e-mattei/

 

 

Come dal fucile Carcano di Oswald, si arriva a Andreotti, Gelli e  Berlusconi per finire nel 2017 a Pistoia.  

20 agosto 2018 – Lara Pavanetto

 

 

 

 

Il fucile messo nelle mani di Lee Oswald il 22 novembre del 1963, è un Carcano, arma fabbricata in Italia.  Carcano era il cognome del tecnico che presso le fonderie belliche di Terni prese un progetto di successo austriaco, e fatta qualche modifica per mascherare l’avvenuto copia-incolla, propose una sorta di sottomarca di un modello particolarmente venduto. Come qualunque fucile o pistola, anche il Carcano di Dallas ha un numero di serie, il suo è C2766. Attraverso tale sigla, si è potuta ricostruire la sua storia, fino a risalire ad un nome, quello di Samuel Cummings. Costui era a metà del secolo scorso, un membro dell’Adam consolidated industries, Inc., società con doppia sede, a New York e a Roma, dedita al commercio d’armi. Samuel Cummings aveva un uomo di fiducia in Italia: Enrico Frittoli. Sodale di Licio Gelli, Frittoli era titolare di una società di import-export a Montecarlo. Un rapporto del Sisde (il servizio segreto civile) del 1982 informava che ai vertici della Loggia di Montecarlo, insieme a Gelli, vi era Enrico Frittoli. E il sospetto era che proprio attraverso Frittoli, Gelli potesse agilmente commerciare in armi. Lo stesso Frittoli è attualmente (almeno fino al 20/08/2018)[1]  il responsabile per il Principato di Monaco del Coordinamento Europa del Popolo delle Libertà, il polo politico di Silvio Berlusconi. Il 6 marzo del 2006, su segnalazione della Segreteria di Stato vaticana, è stato insignito da papa Benedetto XVI, del titolo di Commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno.

 

Il Carcano riguardò direttamente anche il SIFAR, il Servizio segreto militare italiano, e Giulio Andreotti.

 

  1. Edgard Hoover, il capo dell’FBI, spedì a Roma il 10 giugno del 1964 un cablogramma nel quale faceva esplicito riferimento a un rapporto del nostro Servizio militare contenente informazioni dettagliate sulla celebre carabina. Un dispaccio inviato dal capo-stazione CIA a Roma datato 31 dicembre 1963, aveva avvertito l’FBI che quel rapporto era stato confezionato su richiesta di Andreotti.  Il Carcano, infatti, faceva parte di una partita di residuati bellici della Seconda guerra mondiale, dell’esercito fascista, finita in uno stock d’armi ricondizionate e che grazie ad un appalto indetto dal nostro Ministero della Difesa, nel 1960, finisce proprio alla Adam’s  Consolidated Industries Inc., di Samuel Cummings. Nell’anno 1960 il titolare del dicastero della Difesa era Giulio Andreotti.

Ma non è finita qui perché lo scorso anno, 2017, ritorna alla ribalta proprio il nostro Carcano, a Pistoia.

Il fucile con cui Lee Oswald sparò al presidente degli Stati Uniti è ufficialmente custodito negli Usa, ma un fucile analogo fu trovato un anno fa in un capannone della ex fabbrica di munizioni Smi (Società metallurgica italiana) di Campo Tizzoro. L’arma, disattivata e arrugginita, era avvolta in una busta Smi con un cartellino con scritto “C.Warren”, il nome della prima

 

Continua qui: http://larapavanetto.blogspot.com/2018/08/come-dal-fucile-carcano-di-oswald.html

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

LA CONFESSIONE DEL PROFUGO: “SIAMO TUTTI EX DETENUTI

VIDEO NOVEMBRE 1, 2018 VOX

Maurizio Blondet 2 novembre 2018

I detenuti tunisini pagano 1.000 euro per imbarcarsi verso l’Italia. Lo raccontava un giovane clandestino che a Ventimiglia aspettava un passeur per andare in Francia.

Perché sono già a Ventimiglia.

All’inviato di Matrix mostrava i video del suo viaggio, poi quelli della nave inglese che

 

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/la-confessione-del-profugo-siamo-tutti-ex-detenuti-video-novembre-1-2018-vox/

 

 

 

“Segnala la presenza di agenti

La nuova app di Soros per i migranti

Torna a far parlare di sé il multimiliardario ungherese George Soros con le sue discutibili iniziative umanitarie.
Svestiti i panni di “squalo della finanza”, come ebbe a definirlo Bettino Craxi, Soros è ora concentrato in quelle attività che i media mainstream si ostinano a definire “filantropiche”.

L’ambigua filantropia di Soros

Tuttavia, come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio ed è dunque difficile credere nell’improvvisa beatificazione di una persona che in tempi non sospetti arrivò a polverizzare i risparmi dei contribuenti inglesi senza pentirsene. E infatti spesso, come è già stato ampiamente documentato su questo portale, le innumerevoli iniziative di George Soros nell’ambito cosiddetto umanitario hanno avuto in realtà dei secondi fini di natura prettamente politica.

La rete del magnate ungherese è comunque riuscita ad allargarsi a vista d’occhio nel tempo e l’Open Society, la sua mastodontica organizzazione, riesce ad avere un peso determinante nella società civile americana, grazie a un patrimonio stimato di oltre 1 miliardo e mezzo di dollari. Soldi che vengono chirurgicamente destinati al finanziamento di diverse attività di sensibilizzazione, soprattutto negli Stati Uniti. Dalla Open Society erano infatti arrivati i soldi per finanziare la logistica di tutte le manifestazioni anti Trump, pochi giorni dopo il suo insediamento alla Casa Bianca. Sempre dalla Open Society sono arrivati i soldi per sostenere l’ong Avaaz nella sua accanita campagna, tuttora in corso, per boicottare i Mondiali in Russia e denunciare i presunti crimini di guerra di Bashar al-Assad in Siria.

L’applicazione per aiutare gli immigrati irregolari

Ancora una volta dalla medesima organizzazione capeggiata da Soros arrivano i soldi per finanziare un’altra discutibile iniziativa. Riporta wallstreetitalia, confermato dal quotidiano americano lmtonline, come l’organizzazione americana United We Dream abbia da poco ideato un’applicazione per smartphone dalla dubbia utilità. Si tratta infatti di un sistema di comunicazione immediata che mette in contatto diverse persone per segnalare la presenza di polizia o situazioni che possano coinvolgerla.

L’applicazione però non è per tutti, ma è destinata ad un pubblico specifico

 

Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/segnala-la-presenza-agenti-la-nuova-app-soros-migranti/

 

 

 

Famiglia migranti: casa popolare e 23mila euro di aiuti

5 novembre  2018 Vox

 

A Trento, dove fino a poche settimane fa governava il PD

La notizia che segue, dimostra perché è fondamentale inserire la clausola Ceccardi – quella riproposta a Lodi – in tutte le richieste di agevolazioni e case popolari:

La raccolta di informazioni testimoniali da parte delle forze dell’ordine, la verifica dei passaporti dei componenti il nucleo famigliare e gli altri accertamenti effettuati, portavano a deferire il capofamiglia all’Autorità Giudiziaria per i reati previsti e puniti dall’articolo 316 ter c.p. – Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o da altri enti pubblici e 483 c.p. -– False attestazioni rese a Pubblico Ufficiale per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in quanto lo stesso risultava aver percepito una somma complessiva di 22.872 euro a titolo di assegno regionale al nucleo familiare, prestazioni economiche a favore degli invalidi civili, ciechi e sordomuti

Continua qui: https://voxnews.info/2018/11/05/famiglia-migranti-casa-popolare-e-23mila-euro-di-aiuti/

 

 

ECONOMIA

Finto Made in Italy: la Ducati (VW) fa costruire i telai in Vietnam. Chiude la Verlicchi (BO). Rivediamo una storia

scenarieconomici.it – 5 novembre 2018

Riprendiamo la storia della Verlicchi è della Ducati, di proprietà VW, e di come la Ducati abbandonò il produttore italiano nel 2015.

Per un pugno, anzi un pugnetto, di dollari, la Ducati fa chiudere un’antica realtà della motociclistica bolognese. La Verlicchi, gloriosa azienda bolognese produttrice di telai chiude. Dopo aver perso l’appalto per la fornitura dei telai della Scrambler, realizzato in Vietnam con maschere italiane, l’azienda bolognese ha perso l’appalto pr la realizzazione della Multistrada. L’offerta della Verlicchi per un telaio non verniciato era di 70 dollari a pezzo, mentre quello dell’azienda vietnamita è stato di ben 7 (sette) dollari più basso . In totale, per circa 10 mila pezzi, la Ducati risparmierà circa 70 mila dollari annui, circa il valore di tre moto. Naturalmente tutto questo al lordo  dei viaggi dei dirigenti in Vietnam per verificare le qualità del produttore e le sue tecniche costruttive, che sicuramente all’azienda di Borgo Panigale saranno costati nulla (???), mentre per andare a discutere il contratto ed a fare le relative verifiche alla Verlicchi sarebbe bastato prendere un motorino, neanche una moto. Invece, con una scelta veramente poco lungimirante, si distrugge un fattore critico di successo storico per esternalizzarlo e distruggerlo

Continua qui: https://scenarieconomici.it/finto-made-in-italy-la-ducati-vw-fa-costruire-i-telai-in-vietnam-chiude-la-verlicchi-bo/

 

 

L’Italia vera e quella (indecente) di Moody’s e Cottarelli

Scritto il 23/10/18

Ci sarebbe da ridere, non fosse per i brutti ceffi in circolazione e le loro cattive intenzioni verso il sistema-Italia, ancora solido nonostante l’impegno che gli eurocrati hanno profuso per azzopparlo.

Prima comica: azzannano il timido governo gialloverde, che si è limitato al 2,4% di deficit (contro il 3% ammesso da Maastricht), neanche fosse un esecutivo rivoluzionario. Seconda comica: gli stregoni di Moody’s declassano l’Italia, regina del risparmio europeo, in combutta coi loro azionisti bancari, che speculeranno sul ribasso del rating. Terza comica: a strapparsi i capelli sono l’infimo Martina, candidato a guidare il Pd verso l’estinzione, e Antonio Tajani, «decadente e grottesco presidente del Parlamento Europeo, figura modestissima e nuovo frontman di Berlusconi per le prossime europee, anche lui impegnato a spiegarci che andiamo verso la rovina». A mettersi le mani nei capelli semmai, è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: costretto a vedere la televisione di Stato che strapaga l’oligarca Cottarelli perché ripeta, nel salotto di Fazio, che la visione economica del mondo è una sola: la sua. Il primo a denunciare «la presa per i fondelli a spese degli italiani» è stato Gianluigi Paragone: non è curioso che a spillare quattrini alla Rai sia proprio Cottarelli, cioè il massimo censore della spesa pubblica? «Quello sarebbe il primo spreco da tagliare», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube.

Stiamo vivendo agitazioni surreali, esordisce l’autore del bestseller “Massoni”, in collegamento con Fabio Frabetti di “Border Nights”. La storia delle “manine” che secondo Di Maio avrebbero manipolato il decreto fiscale? «Fa un po’ ridere i polli», così come il proditorio declassamento di Moody’s. «Siamo alla farsa finale: il sistema è talmente in crisi, e anche tremebondo, che mette in atto meccanismi spudorati, e quindi anche facilmente smascherabili». Le agenzie di rating? Non sono imparziali: «Sono aziende che perseguono profitto in pieno conflitto d’interessi, perché i loro azionisti hanno interessi di tipo speculativo e possono trarre vantaggio proprio dai declassamenti delle agenzie di cui detengono i pacchetti azionari. Possono cioè trarre profitto da quello che le agenzie di rating promettono o minacciano, e dal panico che il giudizio di queste agenzie può indurre». Questo, aggiunge Magaldi, è un sistema malato, al quale Moody’s dà un ulteriore colpo. «Da un lato la Bce non fa il suo mestiere di banca centrale e non garantisce il debito in titoli di Stato dell’Italia, come dovrebbe, per mantenere basso il famigerato spread. Dall’altro, le sedicenti istituzioni europee mandano i “pizzini” e disapprovano la manovra del governo, mostrando il loro cipiglio».

Poi ci sono i pupazzi del teatrino italiano – i Martina, i Tajani – che suonano l’allarme. E quali sarebbero queste grandi e radicali manovre del governo Conte, che tanto preoccupano costoro? L’aver ipotizzato qualche spesa per lenire le condizioni di indigenza, senza neppure istituire un vero reddito di cittadinanza? Qualche spesa per migliorare la situazione fiscale? «Tutte cose che noi del Movimento Roosevelt salutiamo come un inizio, l’aurora di un possibile nuovo scenario, ma siamo sicuramente al di sotto delle proclamazioni solenni degli uni e degli altri», chiarisce Magaldi. «Dal punto di vista del governo c’è poco da strombazzare un New Deal, che non è ancora iniziato. Per contro, chi contesta il fatto che queste misure portino al 2,4% del rappoto deficit-Pil, ripete che, per questo motivo, il governo italiano andrebbe ricondotto alla ragione a forza di bastonate – attraverso le agenzie di rating, le dichiarazioni dei tecnocrati europei e le giaculatorie di questi personaggi decadenti del centrodestra e del centrosinistra. Mi sembra un teatro dell’assurdo, perché purtroppo non abbiamo ancora un governo che dichiari chiaramente di voler mettere in discussione, in quanto infondati scientificamente, i parametri di Maastricht, nei quali peraltro l’Italia rientra perfettamente».

Perché non si ragiona mai sulla vera natura del debito pubblico, come ha fatto recentemente Guido Grossi anche su “ByoBlu”? Ci sono economisti, intellettuali e politici che offrono soluzioni concrete, già oggi, per gestire il debito pubblico così com’è. Ma poi, bisognerebbe inquadrare il debito per quello che è, ovvero «un elemento di economia spiegato male e utilizzato in modo improprio». Ma il governo gialloverde non ha messo seriamente in discussione i parametri di Maastricht, sul piano economico. E su quello politico, continua a giurare che non è vero, che vorrebbe “uscire dall’Europa”. «Ma il problema non è questo: bisognerebbe dire, invece, che in Europa non ci siamo mai entrati», sottolinea Magaldi. «Il governo dovrebbe dire: vogliamo una Costituzione Europea, politica». Di Maio, Salvini, Savona e gli altri insistono nel dire di voler restare nell’Eurozona, non mettendo in discussione neppure la valuta euro? «Bene, ma come vogliamo starci? Vogliamo restare in quest’Europa così com’è? In questa strana struttura sovranazionale senza Costituzione, senza meccanismi democratici e senza una vera partecipazione popolare alle decisioni più importanti?».

Se finalmente il governo parlasse chiaro, pretendendo un’Europa democratica, allora sì che si potrebbe capire, «l’alzata di scudi da parte dei veri nemici del progetto dell’Europa unita, cioè quelli che oggi occupano indebitamente le maggiori poltrone delle istituzioni sedicenti europee». Se Lega e 5 Stelle dicessero che vogliono una Costituzione Europea, il loro «sarebbe un attacco al cuore del sistema, per renderlo più democratico». Vorrebbe dire «ridiscutere il concetto stesso di deficit, di debito pubblico, e “sforare” con percentuali ben più importanti, ma con spese in investimenti». Gli oppositori lo dicono in malafede, ma hanno ragione: nella manovra gialloverde non ci sono grandi spese in investimenti. «Ma lo si può capire: è solo l’inizio, al governo bisogna dare credito e fiducia, perché l’esecutivo Conte, quantomeno, sta cercando di fare qualcosina, laddove negli ultimi 25 anni non si è fatto nulla – o meglio, si è agito solo contro l’interesse del popolo italiano». Mancano investimenti adeguati, certo, come si è visto dopo il disastro di Genova. Ma il governo gialloverde è a metà strada fra il Paolo Savona che in Senato si appella al New Deal e il ministro Tria (scelta di ripiego, imposta dal Quirinale) che «non sa deve dar retta a Visco, a Draghi, a Mattarella, oppurre alla maggioranza che sostiene il governo di cui lui è parte».

Per Magaldi «siamo, di nuovo, alla commedia dell’assurdo: si parla del nulla, il discorso politico è surreale». Quello economico, invece, è aggravato dal clamoroso declassamento di Moody’s, totalmente infondato: «L’Italia ha un grandissimo risparmio privato e ha dei “fondamentali” di economia eccellenti. L’Italia è un paese ricco, sotto molti aspetti: in Nord Europa ci sono paesi con i conti pubblici in apparenza migliori dei nostri, ma con un indebitamento privato molto più grave, quindi sono in una situazione più fragile». Perciò non si capisce (o meglio, si capisce anche troppo bene) perché Moody’s vada a declassare l’Italia. L’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, suggerisce di creare un’agenzia di rating di respiro europeo, che – partendo dall’Italia – guardi le cose con occhi diversi, e valuti quindi la solidità di entità pubbliche e private con altri parametri. Mossa indispensabile, conferma Magaldi, «per evitare di essere ricattati da masnadieri in costante conflitto d’interessi». E dall’altro, aggiunge, bisogna creare un’agenzia che si preoccupi di valutare il sistema economico-sociale in base all’effettiva qualità della vita, oltre il semplice Pil.

Lo disse Bob Kennedy già nel 1968, «pagando con la vita il suo tentativo di rappresentare la speranza di un’evoluzione diversa dell’Occidente e del mondo». Il Pil non può essere l’unico metro di misura delle nostre vite. Anche dal punto di vista meramente economico, aggiunge Magaldi, il solo Pil non funziona: «Questi numeri non raccontano davvero la prosperità e la ricchezza dell’Italia, pur con tutti i suoi limiti e tutta la decadenza che in questi anni è stata rovesciata sul nostro sistema. Si è tentato di deindustrializzarlo e impoverirlo, ma non ci si è riusciti: perché l’Italia è un grande paese, con capacità industriali e commerciali, grande attitudine al risparmio privato». L’Italia non può essere impunemente declassata, come giustamente rilevato dalla stessa magistratura di Trani, intervenuta in passato contro alcune agenzie di rating, in occasione del famigerato “golpe bianco” attuato con l’avvento del governo Monti: «Forse, oggi – ipotizza Magaldi – proprio la magistratura dovrebbe rimettersi in moto, analizzando le molte opacità di questo giudizio di Moody’s».

Quanto al presunto sabotaggio del documento fiscale indicato da Di Maio, secondo Magaldi si può parlare anche di “manine” «ascrivibili a filiere massoniche neo-aristocratiche, e perciò contro-iniziatiche, come quelle che hanno demonizzato Rocco Casalino», scelto dai 5 Stelle come portavoce del premier. Volevano incastrarlo con il celebre fuori-onda nel quale prometteva sfracelli contro i sabotatori nascosti nei ministeri? «Intanto è riuscito nell’intento di denunciare i tecnici del ministero dell’economia che “remano contro”, e il fenomeno non riguarda certo solo quel dicastero». Se in Italia ci fossero ancora veri giornalisti, dice Magaldi, una bella inchiesta svelerebbe che nei ministeri e negli apparati burocratici circolano da decenni sempre le stesse persone: si ritiene abbiano competenze imprescindibili, galleggiano da un governo all’altro (centrodestra o centrosinistra non importa) e si sono riciclati anche con questo governo gialloverde. «Credo sia giunto il momento di un bel cambio: non è vero che questi siano professionisti insostituibili, credo occorra puntare su una rigenerazione della scuola della pubblica amministrazione, anche nell’individuazione di nuovi parametri».

L’orizzonte è vasto: «Dobbiamo cambiare i termini di insegnamento dell’economia e della finanza, che in questi decenni hanno creato dei mostri», sostiene Magaldi. Spesso, «quelli che hanno studiato economia l’hanno fatto come asini, istruiti da altri asini, grazie a qualche “padrone degli asini” che, a monte, scientemente, ha voluto questa “asinità” diffusa». Seriamente: «L’economia dovrebbe essere un sapere critico, dialogico, scientifico e perciò aperto al confronto critico, e invece è stata insegnata come una sorta di catechismo, con dei principi di fede da seguire». Non mancano le ribellioni anche famose, contro il “lavaggio del cervello” subito in università anche prestigiose: lo conferma un caso come quello dell’economista Ilaria Bifarini, “bocconiana redenta”, mostrando (dal di dentro) tutte le storture della narrazione

Continua qui: http://www.libreidee.org/2018/10/litalia-vera-e-quella-indecente-di-moodys-e-cottarelli/

 

 

Pace fiscale: come funziona il maxi-condono delle cartelle

www.money.it

Pace fiscale: come funziona? Ecco tutte le regole previste dal DL n. 119/2018 e le novità in arrivo.

Pace fiscale: cos’è e come funziona il condono delle cartelle previsto dal DL n. 119/2018?

La pace fiscale è stata inserita nel decreto fiscale 2019 e accanto alle novità ufficiali fortemente volute dalla Lega, è in sede di conversione che sono attese ulteriori modifiche. Tra queste la possibile estensione agli avvisi bonari e il saldo e stralcio delle cartelle in base all’ISEE.

Dopo gli annunci e gli scontri tra Lega e M5S è finalmente chiaro come funziona la pace fiscale e cosa prevede la procedura articolata in più fasi ed opzioni.

Accanto alla rottamazione ter delle cartelle e alla nuova definizione agevolata delle liti tributarie la principale novità è rappresentata dallo stralcio totale delle cartelle fino a 1.000 euro e dalla dichiarazione integrativa speciale al 20%.

Su cos’è davvero la pace fiscale si sono spese molte parole, tutte volte ad evitare di definirla come un’operazione di condono. Per spiegare cosa prevede in termini neutri, e al netto delle valutazioni e opinioni personali, si potrebbe dire che è una delle novità con le quali il decreto fiscale 2019 punta a ridurre il peso del fisco sulle spalle dei contribuenti.

Per spiegare come funziona la pace fiscale, poi, bisogna far riferimento almeno a quattro diverse procedure di chiusura delle cartelle: la rottamazione ter, la definizione delle liti pendenti, la dichiarazione integrativa speciale al 20% e lo stralcio totale dei debiti fino a 1.000 euro.

La complessa procedura di rottamazione e condono delle cartelle, che mira ad agevolare i contribuenti in difficoltà economiche e falliti, sarà fondamentale per consentire al nuovo Governo di finanziare l’altra grande novità fiscale: la flat tax.

Vediamo di seguito come funziona la pace fiscale sulla base delle novità previste dal testo definitivo del DL fiscale 2019 approvato in via ufficiale durante il CdM del 15 ottobre 2018.

Pace fiscale 2019: come funziona il “condono” della Lega e quanto si pagherà

Per avere a disposizione tutti i dettagli su come funziona la pace fiscale sarà necessario attendere la pubblicazione del testo definitivo del decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2019, provvedimento nel quale prendono corpo le diverse novità annunciate dal Governo “ibrido” formato da Lega e M5S.

Per molti commentatori ed esperti la pace fiscale altro non è che un “condono estremo”, che consentirà ai contribuenti di regolarizzare debiti su imposte o contributi non pagati con un meccanismo a saldo e stralcio.

All’interno del Contratto di Governo, tuttavia, è chiaramente previsto che l’obiettivo della pace fiscale non è condonare gli evasori ma aiutare chi, per problemi economici, non è stato in grado di pagare le tasse e non lo è tutt’ora.

Tuttavia, a fronte delle ultime novità contenute nel decreto sulla pace fiscale, non si può che definire la misura come l’ennesimo condono esattoriale pensato per fare cassa.

Si fa riferimento, in questo caso, alla possibilità per i contribuenti che hanno regolarmente presentato la dichiarazione dei redditi, di inviare un’integrativa per far emergere fino ad 1/3 dei redditi dichiarati nell’anno precedente entro il limite di 100.000 euro. Sulle somme emerse si potrà pagare un’imposta fissa del 20%.

Come funziona la pace fiscale? Quello che prevede ad oggi il DL fiscale 2019 è di gran lunga lontano rispetto al progetto originario della Lega che, in sostanza, prevedeva il pagamento di una somma dal 6%, al 10% o al 25% del debito, calcolata tenendo presente la condizione economica del contribuente.

La pace fiscale approvata con il decreto collegato alla Legge di Bilancio

Continua qui: https://www.money.it/pace-fiscale-condono-cartelle-equitalia-come-funziona

 

 

L’attacco di Ennio Doris: “Ecco cosa vuole farci la Germania”

Il presidente di Banca Mediolanum vuole tranquillizzare i risparmiatori italiani. La tempesta sui mercati è simile a quella del 2011, quando cadde il governo di Silvio Berlusconi

Renato Zuccheri – 05/11/2018

Il presidente di Banca Mediolanum, Ennio Doris, ripete quanto detto nei giorni della tempesta sui mercati che colpì il governo Berlusconi: mantenere i nervi saldi ed evitare il panico.

Intervistato da La Verità, Doris ha ribadito che l’Italia è un Paese sicuro e che il sistema non è in pericolo come descritto da molti. “Guardi, l’ altro giorno al bar mi ha fermato un signore, peraltro favorevole a questo governo – spiega il presidente di Mediolanum -: aveva timore di acquistare i titoli di Stato italiani. Naturalmente gli ho detto: “Vai tranquillo”. Anche la mia banca sta continuando a comprare titoli di Stato, che restano prodotti sicuri. È significativo che un elettore di questa maggioranza abbia già perso fiducia”.

Sul tema spread, Doris ci va cauto. Ha timore, come lo ha Ignazio Visco, il presidente di Banca d’Italia. Ma cerca di fare da pompiere: “Per carità, lo spread ha effetti nefasti: le banche vedono il patrimonio erodersi e non sono più in grado di fare credito. Ma spesso gli economisti si concentrano solo sui numeri. A me interessano i sentimenti dei risparmiatori, che generano effetti molto più immediati della salita dello spread. Chi ha paura di solito stacca il cervello: taglia subito i consumi e gli investimenti”.

L’obiettivo di Ennio Doris è quello di diffondere tranquillità: l’Italia è sotto attacco, ma il sistema è solido. E i risparmiatori non devono avere la percezione del contrario, perché è dalla loro paura che si crea il pericolo per il Paese. E, come ha spiegato il presidente di Mediolanum, è il pensiero anche di Silvio Berlusconi, che ha incontrato di recente.

Doris critica anche la manovra: “Se spendi 10 miliardi per il reddito di cittadinanza vuoi sicuramente stimolare i consumi. Ma io penso anche a quelli che un lavoro ce l’hanno già, la grande massa fortunatamente. Questi mettono da parte qualcosa, intimoriti dal futuro, contraggono i propri consumi, ed essendo molti di più vanno di fatto a più che neutralizzare lo stimolo dei consumi voluto proprio dal

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/economia/lattacco-ennio-doris-ecco-cosa-vuole-farci-germania-1597064.html

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Scandalo in MPS: Draghi e Bankitalia sapevano della crisi da anni

Flavia Provenzani

3 Novembre 2017

La Banca d’Italia e l’allora direttore Mario Draghi da anni sapevano del buco di MPS, come riportato dalle fonti di Bloomberg.

Banca d’Italia sapeva da tempo delle perdite di Banca Monte dei Paschi di Siena, un buco quasi 400 milioni di euro, almeno due anni prima che venissero informati i pubblici ministeri e avviata l’inchiesta, come rivelato da Bloomberg.

Un documento datato 2010 e firmato Banca d’Italia, al tempo sotto la guida dell’attuale presidente della BCE Mario Draghi, rivela che gli ispettori addetti alla vigilanza sapevano bene che l’operazione strutturata in Btp creata con Deutsche Bank era frutto di un’intesa strategica di MPS con la banca tedesca.

Monte Paschi era in rosso di 370 milioni di euro a causa di Santorini (contenitore di derivarti sul titolo di Intesa Sanpaolo) nel dicembre del 2008. Il nuovo derivato registrò un guadagno dall’ammontare simili, e consentì di distribuire le perdite sul lungo termine.

Il report segreto, che porta come data “17 settembre 2010”, testimonia che Bankitalia era consapevole che scegliendo di non esporre il trade al fair value Monte Paschi evitava così di portare a bilancio un rosso catastrofico. Se la banca avesse utilizzato una valutazione del mark-to-market nel quarto trimestre del 2008, la crisi creditizia sarebbe uscita alla luce, con le relative gravi conseguenze che ne sarebbero derivate.

Bankitalia e Draghi conoscevano le “manipolazioni di mercato” di MPS

Deutsche Bank e gli ex dirigenti della banca tedesca di allora sono sotto processo a Milano insieme al Monte Paschi, con l’accusa di manipolazione del mercato e falso in bilancio. In un’audizione del 3 ottobre, l’avvocato degli ex dipendenti Giuseppe Iannaccone ha presentato il documento del 2010 della banca centrale italiana come parte della sua difesa.

Iannaccone ha chiamato in udienza anche gli ispettori della banca centrale italiana e chiesto come sia stato possibile che le transazioni siano potute sembrare come se le perdite fossero scomparse.

Iannaccone ha chiesto ad un funzionario della banca centrale se la Banca d’Italia sapesse che la perdita era stata compensata.

«È corretto», ha risposto Mauro Parascandolo, funzionario di Bankitalia. Alla domanda se la Banca d’Italia avesse iniziato ad indagare o stesse valutando di presentare una denuncia contro MPS dopo le sue ispezioni, Parascandolo ha risposto: «No».

Un portavoce di Banca d’Italia ha scritto a Bloomberg via e-mail che l’ipotesi di cosa fosse al corrente la banca centrale nel 2010 è chiaramente «una posizione presa dagli imputati nel caso». Lo stesso non ha potuto commentare ulteriormente perché il processo è ancora in corso. Iannaccone e i portavoce di MPS e Deutsche Bank rifiutano di commentare.

I nodi vengono al pettine

Il trade del 2008, che né MPS né i regolatori resero pubblico, è venuto alla luce quando Bloomberg News ha riportato le prove di quanto accaduto nel gennaio 2013. L’operazione ha solamente posticipato il raggiungimento dei nodi al pettine, e le perdite del Monte Paschi non hanno fatto altro che accumularsi. Due salvataggi da parte dello Stato, nel 2009 e nel 2013,

Continua qui:

https://www.money.it/Scandalo-MPS-Draghi-e-Bankitalia-sapevano?fbclid=IwAR1aprhejZu2yPmfAQv8HXuGsU4iFP6iHcTJr7zDBlhiWfIxxHfcLFA0Gx4

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Adieu, Macron! La mesta caduta di un presidente

Marco Valle – 5 novembre 2018

Sorpresa! Solo il 26 per cento dei francesi ha ancora fiducia in Emmanuel Macron. Ancora un piccolo sforzo e il beniamino dei “dem” nostrani, supererà i record negativi toccati dall’insopportabile François Hollande, il più inviso presidente della Quinta repubblica. Un disastro pieno, senza appello.

Ma cosa sta succedendo a Parigi? Tante cose e tutte spiacevoli. Da anni il Paese è in crisi profonda: il tracollo dello stato sociale — l’état providence — ha prodotto un massiccio indebitamento pubblico e una pressione fiscale pesantissima (ultimo balzello l’aumento del 15 % del prezzo della benzina e del 23% del diesel).

Per di più il fallimento del sistema d’integrazione dei “nuovi francesi” — con le continue rivolte nelle banlieues e la crescita di un terrorismo diffuso — ha generato un clima d’insicurezza, di paura. Alla crisi interna si somma poi l’erosione del peso internazionale della Francia in Europa e nel mondo. Un intreccio di sfide inquietanti a cui politici, burocrati e oligarchi non riescono a dare risposte convincenti, prospettive possibili, strade d’uscita.

Per molti, nel 2017, la presidenza Macron sembrava essere la soluzione o, almeno, un tampone per arginare il disincanto, il malessere, il declino. Illusioni. La vittoria del giovane marito di Brigitte Trogneaux — perfetto prodotto della tecnocrazia, lo “Stato profondo” transalpino — si è rivelata presto un boomerang. In 17 mesi l’ambiziosissimo Macron non ne ha imboccata una: l’economia rimane in panne, nelle città la violenza dilaga e la protesta di pensionati e lavoratori contro le riforme presidenziali continua a crescere. Intanto il movimento macronista En Marche!, il giocattolo del leader, si è rivelato un solo cartello elettorale zeppo di dilettanti o di furbetti mentre la squadra di governo annaspa e continua a perdere pezzi importanti.

Il primo tassello è caduto la scorsa estate quando il popolare generale Pierre de Villiers, capo di Stato maggiore delle Forze armate e cattolico convinto, stufo dell’arroganza del presidente (e della puzza di massoneria nell’Eliseo) ha sbattuto, tra gli applausi dei suoi ufficiali, fragorosamente la porta. Nei mesi successivi hanno abbandonato la barca governativa il ministro dell’Ambiente Nicolas Hulot, una star mediatica, e quello dello Sport seguiti ad ottobre dal ministro degli Interni, Gerard Collomb, un carico da novanta della politica transalpina. In uscita anche la ministra della Cultura Françoise Nyssen, investita da un brutto scandalo su abusi edilizi, e il segretario generale dell’Eliseo Alexis Kohler, sotto indagine per traffico d’influenze e cattura illegale d’interessi”. Il rimpasto di governativo di fine ottobre – con l’arrivo di una somma di figure incolori — non ha convinto nemmeno i fans più sfegatati del presidente.

Le critiche sempre più aspre però sembrano però scalfire il lunare Emmanuel. Ormai smarritosi in un delirio autoreferenziale, l’uomo è sempre più insofferente verso oppositori e critici e ogni dove vede nemici del “bene”: i pensionati “lamentosi”, gli studenti “ingrati”, i sindacati “stupidi” e poi i populisti e/o razzisti più o meno camuffati. In Macronie non vi è posto per i francesi poveri e bianchi e neppure per i poveri (regolari) d’ogni colore.

Da qui le scivolate imbarazzanti. Ecco qualche perla. A giugno, in occasione della Fete de la musique, la coppia presidenziale ha voluto posare con il gruppo techno Kiddy Smile. Gli artisti, autodefinitisi “figli d’immigrati, neri e pédés”, abbracciavano i divertiti coniugi nei loro vestiti da scena. Una pochade in stile drag queen che pochi hanno apprezzato, ma subito il piccato presidente ha annunciato misure per il controllo della rete e ordinato alla televisione di Stato di “cambiare le mentalità dei francesi, diventando lo specchio delle nostre differenze”. Porte chiuse perciò alle voci scomode, Onfray e Zemmour in primis.

Poco dopo è scoppiato il caso Benalla, il manesco “assistente” dell’Eliseo. Nonostante fosse stato pizzicato mentre menava — senza alcuna autorizzazione e incarico — un manifestante dell’opposizione, il bullo è stato subito coperto da Macron in persona. Perchè? Silenzio di Stato. Ma quando i pettegolezzi sulle frequentazioni presidenziali hanno tracimato il capo

Continua qui: http://blog.ilgiornale.it/valle/2018/11/05/adieu-macron-la-mesta-caduta-di-un-presidente/

 

 

 

POLITICA

MATTARELLA AVVERTE IL GOVERNO **DOBBIAMO SEGUIRE QUELLO CHE DICE L’EUROPA**

Webmaster – 28 ottobre 2018

 

Dopo le terribili guerre del secolo scorso l’integrazione europea e l’Unione Europea hanno avviato un percorso per mettere in comune il futuro dei popoli europei assicurando pace, amicizia e collaborazione”. Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sottolineando che l’Italia intende “riconfermare la volontà di proseguire su questa strada e di evitare ogni rischio di ricadere negli errori del passato”.

“La nuova Grecia e la nuova Italia sono nate dalla Resistenza al nazifascismo e hanno ripudiato la guerra”, ha dichiarato il Capo dello Stato a Cefalonia, dove ha ricordato l’eccidio della divisione Acqui dell’ottobre 1943. Il Presidente

Continua qui:

https://politicaedintorni.it/2018/10/28/mattarella-avverte-il-governo-dobbiamo-seguire-quello-che-dice-leuropa/?fbclid=IwAR2ja27UxINn60UsP3oaqXHDsQJFt5okCnI2-njSt4oXFC8GiTo-qwDSi2M

 

 

Rinaldi: «Altro che spread, in Europa temono il nostro successo»

«Con questa manovra il governo ha ribaltato i dogmi imposti dall’austerity. Se riuscirà, per l’Ue sarà uno smacco enorme»

«Sa cosa teme l’Unione Europea? Il successo della manovra del governo. Altro che spread». Antonio Maria Rinaldi, professore di Economia politica alla Link Campus di Roma, allievo del ministro Paolo Savona e considerato uno degli economisti di riferimento per il governo, ricostruisce così l’altalena economica che sta accompagnando la manovra.

Da qualche anno abbiamo imparato la parola e ora angoscia i sonni di cittadini e politici. Lo spread deve fare così paura?

Lo spread – ovvero il differenziale tra gli omologhi titoli decennali a tasso fisso tedeschi e italiani – era un elemento sconosciuto per i non addetti ai lavori, almeno fino alla cosiddetta crisi estiva del governo Berlusconi. Oggi capisco che i media gli diano un’importanza rilevante, ma la invito a riflettere su un dato: se vogliamo prendere lo spread come cartina al tornasole per determinare la bontà delle scelte economiche, dovremmo dire che Letta, Renzi, Gentiloni e lo stesso Conte sono considerati dai mercati molto più affidabili di Monti. Dopo la sua famosa manovra lacrime e sangue, che andava nella direzione voluta da Bruxelles, lo spread salì comunque a un massimo di 538 nell’estate del 2012.

Quindi lei dice che è un valore poco utile a valutare la situazione economica?

Dico che la sua interpretazione, spesso, viene fatta a uso e consumo dell’interlocutore. Nel concreto in Unione Europea, invece, lo spread oscilla in funzione di quanto la Banca centrale europea sostiene le economie nazionali con operazioni straordinarie, come è stata quella del quantitative easing. Se vuole una chiave di lettura del perchè lo spread sia salito, ricordo che con il 2018 il quantitative easing terminerà e, da ottobre, l’acquisto di titoli di stato italiani è passato da 80 miliardi a 15.

Nessun baratro vicino, quindi?

Le rispondo da vecchio operatore dei mercati borsistici: se i mercati pensassero che l’Italia sia sull’orlo del baratro o voglia lasciare l’euro, lo spread non starebbe a 292 ma almeno a 10 volte tanto.

Eppure, il ministro Savona ha fissato a 400 punti di spread la soglia psicologica che dovrebbe indurre a modificare il Def.

Bisognerebbe aver ascoltato tutto il discorso di Savona. Lui ha detto che, se lo spread esplodesse, il governo prenderebbe provvedimenti, ma lui è sicuro che non succederà. Oggi, con lo spread sotto quota 300, ha dimostrato di aver ragione. Mi meraviglia, invece, come non sia stato messo in altrettanta evidenza ciò che ha detto durante un incontro con la stampa estera, in cui ha espresso la disponibilità del governo a fare una verifica ogni 3 mesi sull’andamento della manovra, per fare eventuali aggiustamenti. Mi sembra che questa sia la massima garanzia da dare a chi, in Unione Europea, teme che l’Italia stia facendo una manovra sconsiderata. Non solo, l’esecutivo ha anche aperto alla revisione dei 2,4 punti di deficit, per il 2020 e 2021. Si tratta di un passo enorme verso le esigenze dell’Ue, che ora dovrebbe fare lo stesso con le esigenze italiane.

A proposito dell’Unione Europea, Salvini ha stigmatizzato le dichiarazioni dei commissari, sostenendo che siano loro a far oscillare il mercato. Possibile?

Salvini ha detto una grandissima verità. I commissari europei sono dei burocrati non eletti e in quanto tali dovrebbero moderare i termini, visto e considerato che parlano dall’alto di una carica di un certo prestigio. Non si sono mai sentite esternazioni del genere prima d’ora. A voler pensare male, sarebbe ipotizzabile che gli stessi commissari, che già hanno le valige pronte perchè a maggio andranno via, ora abbiamo bisogno di trovare successive collocazioni.

Sempre Salvini ipotizza che qualcuno voglia penalizzare la nostra economia per poi comprare le nostre aziende sottocosto.

Purtroppo, già da molti anni l’Italia è diventata un outlet a cielo aperto, perchè da noi non sono mai stati attivati i meccanismi di protezione per le aziende di interesse strategico nazionale, come invece hanno fatto Francia e Germania. La questione, però, secondo me andrebbe ribaltata.

In che senso?

Con questa manovra, l’attuale governo ha voluto sovvertire i dogmi fino ad ora imposti dalla governance europea, con l’obiettivo di puntare su crescita, occupazione e contrasto alla povertà. Se ci riuscirà, sarà uno smacco enorme per chi fino ad oggi ha professato politiche diverse e c’è chi non vuole accettarlo.

Lei crede che a spaventare l’Ue sia la possibilità di un successo italiano?

Fino ad oggi le politiche volute da Bruxelles non hanno dato risultati. Se questo governo ci riuscisse, per di più ribaltando i loro paradigmi economici, sarebbe una sconfitta per l’Europa e avrebbe un’enorme conseguenza: anche altri paesi potrebbero sentirsi più che legittimati a seguire le orme dell’Italia. Ecco cosa spaventa l’Unione Europea, oggi.

Ma allora come spiega il fatto che il ministro Tria abbia almeno parzialmente – e pur perdendo – sposato la linea europea, cercando di scendere sotto il 2,4% di deficit?

Tria ha accettato di fare il ministro dell’Economia dopo aver letto e condiviso il contratto di governo, in cui erano scritte le misure che ora si stanno concretizzando. Sapeva che era necessario trovare le coperture e sapeva anche che c’erano da disinnescare 12,4 miliardi per le clausole di salvaguardia sull’iva, pari allo 0,7 della manovra. Per questo si è dovuti arrivare al 2,4%, che io considero il minimo sindacale.

Un parametro dal quale né Salvini né Di Maio sono disposti ad arretrare.

E fanno benissimo. L’Italia ha provato a sue spese cosa succede se si seguono le ricette europee: il nostro paese è fanalino di coda in tutti i parametri. Ci siamo affidati a un dottore che per anni ci ha curato male e ora il governo

Continua qui:

http://ildubbio.news/ildubbio/2018/10/11/rinaldi-altro-che-spread-in-europa-temono-il-nostro-successo/?fbclid=IwAR2qvvZMDVcASfUKzQJeY5ufZC-nJ3ZbOpf5oy0eKgCgw7IEpvZJYH0bZgM

 

 

Oddio, siamo tutti fascisti (oppure il Fascistometro è rotto)

1 novembre 2018

Il test per determinare il quoziente di fascismo legato al libro di Michela Murgia offre risultati imbarazzanti. E fa capire molti argomenti e ragionamenti considerati fascisti fanno parte in modo radicato dei valori e delle idee di sinistra

Il Professor G.C., uno che studia storia dell’Urss da tutta la vita e non nasconde la nostalgia per l’Est prima della caduta del Muro, ammette di essere ai limiti: punteggio 15,2, la soglia che divide i «democratici incazzati» dai fascisti. Il compagno A.D.L il limite l’ha superato e sta a 28,6, cioè pronto per il fez e l’orbace. B.C.

Ha in bacheca foto di Che Guevara e però sta a quota 17, «neofita o proto-fascista», e viene ammonito: «Sei consapevole di quanto il metodo fascista sia efficace ma lo consideri un’opzione tra le altre». Il test allegato all’ultimo libro di Michela Murgia (“Istruzioni per diventare fascisti”, Einaudi, pp. 112, euro 12) suscita più apprensione a sinistra che a destra perché, cliccando sulle 65 domande riproposte dall’Espresso online, anche i più tenaci democratici scoprono di coltivare segrete pulsioni autoritarie e nostalgie innominabili.

Il questionario è effettivamente illuminante. Leggendolo, è chiaro che una volta stabilito l’assioma populismo = fascismo, toccherà promuovere a Quadrumviri un buon numero di democratici doc. «Lo stupro è più inaccettabile se lo commette uno straniero»? La prima a dirlo fu Debora Serracchiani, all’epoca governatrice Pd del Friuli. «Le indennità parlamentari sono un insopportabile privilegio»? Opinione largamente condivisa da Leu a Fratelli d’Italia. «Rottamiamoli»? Sicuramente Made in Matteo Renzi. «Le quote rosa sono offensive per le donne»? Lo pensano soprattutto i deputati del Pd, furono loro nel 2014 ad affossare il capitolo dell’Italicum che le prevedeva.

«Le quote rosa sono offensive per le donne»? Lo pensano soprattutto i deputati del Pd, furono loro nel 2014 ad affossare il capitolo dell’Italicum che le prevedeva.

Insomma, a guardare il Fascistometro, «Vogliamo i Colonnelli» lo gridano un po’ tutti, destra, sinistra, centro. Persino sul tema degli stranieri, cartina al tornasole dei tempi, l’eventuale consenso all’espressione «aiutiamoli a casa loro» mette insieme affondatori di barconi e terzomondisti convinti, simpatizzanti del Ku Klux Klan e vecchi supporter della guerriglia del Frelimo, per non parlare di Marco Minniti e di Matteo Salvini, entrambi convinti della validità dell’opzione. Tutti fascisti, nessuno fascista o cosa?

Il paradosso della situazione è che la sinistra, per demolire la narrazione della maschia gioventù dovrebbe scavalcarla proprio sul piano della fascisteria. Terre incolte in concessione per vent’anni alle famiglie? Il fascismo le terre diede in proprietà ai braccianti, dopo aver espropriato il latifondo ai principi, abbiate il coraggio di fare altrettanto. Premi alla natalità? Tirate fuori un’Opera Maternità e Infanzia, una tassa sul celibato, un prestito matrimoniale a tasso zero, un premio di natalità per tutte (500 lire, un mese di stipendio di un impiegato qualificato).

Grandi opere? Non basta un ponte, una pedemontana, un tunnel per farsi belli, fateci vedere una bonifica pontina. Ma ovviamente questo incasinerebbe ulteriormente le cose perché i signori G.C., A.D.L. E B.C., con i loro trascorsi sicuramente democratici e progressisti, si ritroverebbero a polemizzare col fascismo alle vongole in nome del fascismo storico. Roba da psichiatra.

l’eventuale consenso all’espressione «aiutiamoli a casa loro» mette insieme affondatori di barconi e terzomondisti convinti, simpatizzanti del Ku Klux Klan e vecchi supporter della guerriglia del Frelimo, per non parlare di Marco Minniti

Qualche giorno fa in un editoriale molto discusso Paolo Mieli, giusto in

 

Continua qui: https://www.linkiesta.it/it/article/2018/11/01/oddio-siamo-tutti-fascisti-oppure-il-fascistometro-e-rotto/39964/

 

 

 

Provate ad andare nei paesi islamici senza documenti e vedrete cosa succede

di Salvatore Trimarchi – 1 settembre 2017

Dal Marocco, all’Algeria, all’Egitto, Pakistan, Nigeria ecc. non si entra senza un regolare passaporto che deve avere necessariamente almeno due pagine libere per le eventuali annotazioni del paese d’entrata, oltre al passaporto con le due pagine libere richiedono cosa vieni a fare nel nostro paese? Come provvederai al tuo sostentamento, in alcuni casi vogliono sapere quale banca hai e quanti soldi hai in deposito.

Per avere un visto d’entrata si deve fare regolare richiesta nelle loro ambasciate o consolati dislocati sul nostro territorio nazionale, tutto al contrario per i turisti/migranti che arrivano da noi senza documenti e arrivano da questi paesi, questa è la grande follia del governo attuale, questi turisti/migranti arrivano anche in barca a vela vedi algerini in Sardegna nel mese di luglio e

Continua qui:

http://www.ilpopulista.it/news/30-Agosto-2017/17944/provate-ad-andare-nei-paesi-islamici-senza-documenti-e-vedrete-cosa-succede.html?fbclid=IwAR0kFLG9REsbmmIjuCu2mcKxO90rvki-f79_1na7JxLQQziViOiDAsvp2sM#.W9dkxhwUiTE.facebook

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Che cosa sono le SCIE CHIMICHE?

di Antonio & Rosario Marcianò

 

Prima di affrontare il tema oggetto di questo articolo, ossia le scie chimiche, bisogna, per maggior chiarezza, premettere una parte sulle scie di condensazione (o contrails)

Facciamo chiarezza: che cos’è una scia? È “una zona di fluido (liquido o gassoso) situata immediatamente dietro un solido in movimento relativo rispetto al fluido stesso, caratterizzata dal fatto che in essa il moto è prevalentemente formato da vortici. Tipici esempi di scie sono i solchi spumeggianti che un natante veloce lascia nell’acqua dietro di sé (acqua ferma e solido in moto)…, le scie di condensa che segnalano il passaggio di un jet (aria ferma e solido in movimento). Queste ultime sono provocate dalla condensazione del vapore acqueo prodotto dalla combustione del carburante causata dalle condizioni di umidità, pressione e temperatura che si riscontrano ad alte quote di volo (umidità uguale e superiore al 70 per cento, temperatura inferiore a 40 gradi sotto zero, altitudine superiore ad almeno 8000 metri).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La composizione ed il comportamento delle scie dipendono principalmente dalla forma del solido, dalla viscosità e dalla densità del fluido, dalla velocità relativa e dall’angolo secondo il quale essi si incontrano.

Nel caso degli aeromobili, per esempio, la scia è animata da moti vorticosi che diventano più marcati in corrispondenza delle variazioni della sagoma dell’aeromobile (per esempio, nell’intersezione tra ala e fusoliera)”.

In che cosa le scie di condensazione si distinguono da normali nuvole?

La nube è un insieme di gocce d’acqua e cristalli di ghiaccio, dovuto alla condensazione di vapore saturo. Le nubi sono create da moti convettivi di origine termica oppure meccanica (sollevamento di aria calda), dal rimescolamento di masse d’aria e dall’incontro di queste con catene montuose, dalla variazione dei valori barometrici e dagli effetti della radiazione solare e terrestre. I moti di ascesa propiziano la formazione di nubi, poiché portano l’aria umida verso zone fredde; i moti di discesa, che le portano verso le zone più calde, ne causano il dissolvimento, in quanto fanno cessare lo stato di saturazione del vapore acqueo e favoriscono l’evaporazione delle gocce. Giacché i moti convettivi sono costanti, soprattutto durante una perturbazione atmosferica, avviene un continuo processo di formazione e di disfacimento dei corpi nuvolosi. Non è possibile quindi accomunare la formazione di una nube, la cui genesi si spiega tenendo conto di una molteplicità di fattori fisici in primis la saturazione, alle scie di condensa, sebbene, come si è visto, in particolari condizioni, le nuvole si dissolvano per poi riformarsi.

La formazione delle scie di condensa è un fenomeno rarissimo.

“Secondo definizione FAA, una contrail si forma sopra gli 8000 metri circa, a temperature minori di -40°C e con umidità relative superiori o uguali al 70%”. Questi parametri possono subire delle lievi variazioni, ma ci si può discostare di poco da tali indici alle nostre latitudini. Pertanto, è praticamente impossibile che si formino scie di condensazione a bassa quota, con bassi valori di umidità e con temperatura lontana dai 40 gradi centigradi sottozero.

Appurato che cos’è una scia di condensa e la rarità di tale fenomeno, passiamo ad analizzare le scie chimiche.

In questi ultimi anni, si è intensificata un’attività che la stragrande maggioranza della popolazione mondiale continua purtroppo ad ignorare. Il fenomeno cominciò a diffondersi tra il 1996 ed il 1997, ma esistono prove e dati che dimostrano come le scie chimiche fossero saltuariamente usate e sperimentate sin dagli anni 50 del XX secolo. Ci si riferisce ai voli di aerei che attraversano i cieli sopra molte regioni del pianeta. L’operazione cominciò negli Stati Uniti nella metà degli anni ’90, per poi estendersi al Canada, ai paesi aderenti alla N.A.T.O. alla Russia ed a molte altre nazioni. Esistono fotografie e documentazioni che attestano la presenza di attività chimiche, sebbene saltuarie e forse sperimentali anche nei decenni precedenti. Questi velivoli lasciano, lungo le rotte seguite, delle strane scie che, generalmente, a differenza di quelle di condensazione, non si dissolvono entro breve tempo, ma persistono nell’atmosfera, sino a trasformarsi in nuvole simili agli strati. Bisogna precisare che molti velivoli generano scie chimiche evanescenti che si dissipano quindi nell’arco di pochi secondi o minuti, ma non sono comunque normali contrails. È un fenomeno evidentissimo, abituale di cui tutti possono rendersi conto, semplicemente alzando lo sguardo al cielo. Su quelle che i ricercatori indipendenti hanno definito “scie chimiche”, esistono parecchi studi di cui riportiamo i risultati salienti.

Vari studiosi, tra cui l’ingegner Clifford E. Carnicom, il meteorologo Scott Stevens, il fisico Neil Finley, il medico statunitense Michael Castle, la tossicologa Hildegarde Staninger, il giornalista indipendente canadese William Thomas, il ricercatore ed attivista Jerry E. Smith, il ricercatore statunitense Tom Montalk, il biologo e senatore statunitense Michael Castle, il biologo Giorgio Pattera, il direttore della rivista Nexus, Tom Bosco, e moltissimi altri hanno investigato gli effetti di queste famigerate scie.

Si possono dunque elencare i principali scopi delle scie chimiche, in forma molto essenziale ed indicando tra parentesi se si tratta, stando all’attuale stato degli studi, di un obiettivo accertato o solo congetturato. Bisogna, infine, ricordare che molti targets sono conseguiti attraverso la sinergia tra H.A.A.R.P., emissione di campi elettromagnetici e scie chimiche. H.A.A.R.P. è un gigantesco sistema di antenne ubicato in Alaska, creato ufficialmente per lo studio della ionosfera, ma le cui reali funzioni vanno dalla manipolazione climatica all’interferenza nelle telecomunicazioni.

Gli obiettivi principali dell’operazione sono i seguenti.

• Modificazione meteorologica e climatica (scopo assodato, anzi riconosciuto ufficialmente. Si vedano i numerosi brevetti tradotti in tecnologie e le pur ambigue ammissioni ufficiali).

• Accecamento dei radar nemici (dimostrato. Si vedano i brevetti ed i ritrovati tecnologici).

• Creazione nell’atmosfera di un’antenna elettromagnetica oltre l’orizzonte, col fine di ottimizzare la ricetrasmissione dei segnali in ambito strategico-militare (dimostrato).

• Danneggiamento delle colture agricole basate su piante non modificate geneticamente (rilevato in modo empirico).

• Distruzione della coltre di ozono (forse è un effetto collaterale dell’operazione, ma non è escluso che sia un fine scientemente perseguito).

• Mappatura elettronica del territorio (provato. Si veda il Progetto R.F.M.P.).

• Inquinamento degli ecosistemi per determinare un incremento esponenziale del costo delle risorse idriche ed agricole residue (dimostrato empiricamente).

• Sfoltimento di alcuni settori della popolazione ritenuti improduttivi o di peso per il sistema, come i pensionati, i malati cronici (registrato empiricamente).

• Sperimentazione di agenti patogeni sulla popolazione inconsapevole nell’ambito di programmi di guerra chimica e batteriologica (acclarato. Si vedano anche i documenti governativi declassificati).

• Diffusione diretta ed indiretta di agenti patogeni e quindi di malattie, alcune delle quali del tutto ignote sino a pochi lustri fa, con gli scopi precipui di favorire le multinazionali farmaceutiche e di indebolire la popolazione (registrato empiricamente. Si considerino i dati epidemiologici).

• Modificazione del D.N.A. umano in modo da impedire un’evoluzione genetica (ipotizzato da numerosi ricercatori, tra cui Tom Montalk).

• Controllo del pensiero e del comportamento, attraverso soprattutto l’irradiazione di onde elettromagnetiche a bassa ed a bassissima frequenza o la diffusione di composti del litio (pressoché dimostrato).

• Diffusione di nanomacchine negli organismi umani col fine di controllare, rintracciare, monitorare, manipolare mentalmente, per mezzo dell’emissione di impulsi elettromagnetici, interi gruppi umani. Forse queste nanomacchine potranno essere attivate quando le persone, in un futuro non lontano, saranno dotate di microprocessori sottocutanei (ipotesi che può sembrare inverosimile, ma, in realtà avvalorata da una serie di brevetti e dalla produzione e diffusione di apparecchiature elettroniche volte al controllo degli individui).

• Creazione di un ambiente atto alla proiezione di immagini olografiche in vista di una falsa invasione aliena (ventilato da qualche studioso e collegato al Progetto Bluebeam).

Le analisi chimiche condotte hanno accertato la presenza delle seguenti sostanze: bario (proprietà igroscopiche, ossia assorbe l’umidità dell’atmosfera); alluminio (proprietà riflettenti: le particelle di alluminio, riverberando la luce solare, sono funzionali all’operazione denominata “copertura”, che consiste in una diminuzione dell’irraggiamento solare col fine di compromettere la fotosintesi clorofilliana, con gravi danni per gli ecosistemi e l’agricoltura). Sono state rintracciati anche altri elementi e composti:, torio e cesio radioattivi, rame, titanio, silicio, litio, cobalto (scie azzurre?), piombo (scie nere?), etilene dibromide o dibromuro (un insetticida

 

Continua qui: http://www.tanker-enemy.com/articoli-ricerche.htm

 

 

STORIA

Quando la Valigia delle Indie passava per Brindisi

BassaVelocità / 29 marzo 2014

Oggi sembrano problemi lontanissimi nel tempo, ma ancora al tempo dei nostri nonni i grandi stati europei avevano tutti un problema: come comunicare velocemente con le colonie sparse ai quattro angoli del globo?

So che detta così sembra di fare riferimento ad epoche geologiche, ma in verità sono realtà appena dietro l’angolo. Mia madre, ad esempio, nacque che ancora c’era il Viceré delle Indie (e se provate a dire che è vecchia non la prenderà bene…)

Per comunicare con la più grande, strategicamente importante e complicata delle sue colonie, al Regno Unito serviva un collegamento rapido ed efficace. Prima i dispacci (chiamati familiarmente Indian Mail, cioè “Valigia delle Indie”, con riferimento ai bauli pieni di materiali diplomatici) attraversavano la Francia, arrivavano a Marsiglia e da lì navigavano oltre le colonne d’Ercole e facevano il periplo dell’Africa: 100 giorni di viaggio circa. In seguito all’idea di un ufficiale della Royal Navy si pensò che forse era più pratico passare dall’Egitto. Da Marsiglia la nave faceva scalo ad Alessandria d’Egitto e qui, a dorso di cammello, attraverso il deserto, la posta e tutti i documenti arrivavano a Suez e prendevano la via dell’India.
Con l’unità d’Italia, caldamente finanziata proprio dalla Gran Bretagna, la nostra penisola divenne una sorta di vero e proprio trampolino verso l’Oriente. L’Italia era abbastanza indietro quanto a collegamenti moderni, ma il governo rese disponibile una nuova tratta: nel 1862 fu aperto un primo collegamento marittimo tra Ancona ed Alessandria con scalo a Brindisi utilizzando quattro piroscafi della società italiana Adriatico-Orientale. Nello stesso tempo iniziarono i lavori per migliorare i collegamenti ferroviari e sistemare il porto di Brindisi al fine di renderlo idoneo a ricevere i grandi piroscafi della compagnia Peninsular and Oriental.

I lavori procedettero velocemente: l’apertura della Bari-Brindisi risale al 1865 ed il tronco ferroviario Brindisi-Lecce all’anno seguente assieme al “binario-appendice” che agevolava le operazioni che si svolgevano tra la stazione ferroviaria e l’attività portuale.

In una cartolina d’epoca ecco il Peninsular Express al porto di Brindisi

Con l’apertura del canale di Suez, nel 1869, e la fine dello Stato Pontificio, anch’esso caldeggiato dal Regno Unito, i lavori erano pressoché terminati: il 25 ottobre del 1870 che la “Valigia delle Indie” (Indian Mail) transitò

 

 

Continua qui: http://www.bassavelocita.it/quando-la-valigia-delle-indie-passava-per-brindisi/

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°